venerdì 28 dicembre 2012

Sui passi di Sergio Corbucci [Ombre elettriche]

Per colmare l'attesa dell'uscita italiana di Django Unchained, ho rivisto ieri sera Django di Sergio Corbucci, lo spaghetti-western del 1966 che ha ispirato (nel titolo e pare in poco più) Tarantino. E visto che era un bel pezzo che non mettevo mano alla rubrica "Ombre elettriche", ho colto l'occasione per stilare una classifica dei migliori western di questo autore.
Proprio Tarantino, in un'intervista di qualche anno fa, ha fatto un confronto fra i grandi westerners di Hollywood e gli spaghettari nostrani, facendo coincidere (in termini di qualità e non di quantità) l'opera di Sergio Leone con quella dei massimi maestri americani John Ford e Howard Hawks. Aggiunge, tuttavia, che grandi registi di "secondo livello" come Raoul Walsh o Robert Aldrich stanno ad autori italiani come Sergio Sollima e lo stesso Corbucci. Il paragone calza abbastanza bene, e soprattutto Corbucci ha dimostrato essere uno dei più prolifici e bravi registi di western all'italiana di sempre. Forse il migliore, dopo Leone.

I MAGNIFICI TRE

NAVAJO JOE (1966)
Il quinto western diretto da Corbucci è forse il suo capolavoro. Mentre in America il cinema di genere era ancora fermo a "l'unico indiano buono è quello morto" (se si esclude L'amante indiana), il regista romano sforna un crudo ritratto di un nativo sanguinario che si fa giustizia da solo, in un mondo folle e sanguinario. Debutto di Burt Reynolds (che lo ha definito la peggiore esperienza della sua vita) come protagonista, supportato da una straordinaria colonna sonora di Morricone, ha anticipato non solo la corrente revisionista del cinema western americano, ma anche i vari revenge movies spuntati come funghi dagli anni Settanta in poi.
DJANGO (1966)
Franco Nero si muove nel fango, portandosi dietro una bara. Scorrono su questo lungo e macabro campo lunghissimo i titoli di testa, sanguinolenti e quasi horror. Lontano dal western dark di Lenzi e dalla ultraviolenza facile e autocompiaciuta di Castellari, Django oscilla fra la "trilogia del dollaro" leoniana (specie per quanto riguarda il protagonista), il film di denuncia sociale (Nord e Sud, il reduce che ha vinto la guerra pubblica ma persa quella privata, il razzismo degli incappucciati del KKK, i messicani che si avviano verso un'ingorda e arrangiata rivoluzione, le prostitute) e la violenza nuda e cruda. Le sequenze memorabili non mancano (il taglio dell'orecchio, la strage a colpi di mitragliatrice, la corsa dei messicani nella prateria) e il film è uno dei più famosi spaghetti-western di sempre. Storico.
IL GRANDE SILENZIO (1968)
Con questo raffinato spaghetto italofrancesce, Corbucci sembra voler abbandonare l'eroismo e la crudeltà di Django e aprirsi ad un film dal taglio più autoriale e drammatico. I protagonisti sono due: il pistolero muto Silenzio (un Trintignant in forma smagliante) e il cattivo bounty-killer Tigrero (Klaus Kinski). Insieme, devono farsi spazio in un nevoso far-west di fine secolo. Su uno sfondo costellato da personaggi indimenticabili (il nero diventato cacciatore di taglie, su tutti), Corbucci mette in scena  lo scontro fra vecchio e nuovo (le vecchie Colti di Tigrero si scontrano con la Mauser di Silenzio), mostrando ad un pubblico forse impreparato la fine affatto gloriosa o epica di un mondo. Finale da incubo. Girato sulle Dolomiti.
DA RECUPERARE

I CRUDELI (1967)
Ingiustamente dimenticato da chiunque, I crudeli vanta un cast eccellente, una colonna sonora bellissima e la migliore sceneggiatura mai scritta da Corbucci. Punto.
IL MERCENARIO (1968)
Spettacolare film nato sulla scia de Il buono, il brutto e il cattivo, scritto e diretto benissimo e montato divinamente. Indimenticabile commento sonoro di Morricone.
VAMOS A MATAR, COMPANEROS! (1970)
Franco Nero è il damerino svedese Yolaf, mercante d'armi che si arricchisce grazie alla rivoluzione messicana, di cui El Vasco (Tomas Milian) è un sanguinario eroe. Dopo Giù la testa è il migliore spaghetto rivoluzionario d'annata, bisfrattato da tutti quelli che continuano a preferirgli pellicole meno cruente e più idealiste.







DA DIMENTICARE

JOHNNY ORO (1966)
Giustamente bollato come uno dei peggiori western di Corbucci, soffre di una lentezza eccessiva e di uno scarso carisma recitativo da parte del protagonista Mark Damon. Tuttavia, ebbe un buon successo di pubblico quando uscì. 

GLI SPECIALISTI (1969)
Un inefficace Gastone Moschin è co-protagonista di questo western ultraviolento senza arte nè parte. Trama inesistente e regia sciatta sono solo due dei suoi immani difetti.

IL BIANCO, IL GIALLO E IL NERO (1974)
L'ultimo western diretto da Corbucci è un brutto Monnezza versione cowboy. A metà fra una parodia maldestra de Il buono, il brutto e il cattivo e una volgare commedia romanesca di serie Z, c'è chi ci legge un trattato di storia sociale italiana. Mah...








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