mercoledì 2 gennaio 2013

Testamento privato [Trame]

PREMESSA

Ho deciso di aprire il 2013 di questo blog sotto il segno della rubrica "Trame", in cui una volta al mese pubblico qualche mio scritto degli anni passati. Oggi tocca ad un racconto veramente breve, destinato ad un concorso letterario e redatto nella primavera del 2010. Oltre ad essere una delle poche storie scritte di mio pugno a vedere protagonista una donna, ha rappresentato il mio ultimo tentativo con i concorsi letterari a premi.
Buon anno e buona lettura.

TESTAMENTO PRIVATO

Dove mi hanno portata?
Credo di essere all'ospedale; ne avverto l'aria pesante, metallica, l'odore di perenne pulizia, di camici sterili. Non sento già più le voci dei miei genitori, degli infermieri e del dottore. Ricordo di essere caduta e di essermi risvegliata qui; tuttavia, nessuno si accorge che sono sveglia: neanch'io, del resto, mi sono mai soffermata troppo su questo aspetto. E pensare che ho sempre tenuto una condotta di vita regolare: mai fumato, mai fatto uso di droghe, mai un bicchiere di troppo. Ma ora sono qui, lontana da tutti quegli spettrali problemi del mio vecchio, caro mondo; sono qui perché forse non ho mai ringraziato abbastanza la vita per quanto mi dava, per i “doni” elargiti. Come tutti, ho sempre avuto bisogno di obbiettivi, di ottenere risultati, di tagliare i piccoli traguardi quotidiani; ma a quale scopo, se ora sono finita qui? Prima mi sentivo indifesa, ora so che non avevo alcun motivo di preoccuparmi. Nel vecchio mondo, tutto mi caricava di paure e di sensi di colpa. Dai miei turbamenti di adolescente alle grandi tragedie viste in televisione o lette sui quotidiani, ogni cosa minava il mio stato emotivo, lasciandomi perennemente sconfitta e abbattuta. Allora era una sorta di obbligo morale specchiare la propria anima in quella degli sventurati, dei morti, ma mai in quella dei vivi, e non ho mai capito il perché. Solo adesso mi accorgo che la mia decisione è stata radicale e che non si può vivere in due mondi: bisogna scegliere. Io non credo di aver scelto l'infarto che mi ha presumibilmente trascinata qui, ma è anche vero che fino a quel momento ho gestito la mia esistenza come meglio ho creduto. Ma sarà stato veramente il modo giusto? Il fatto che ogni certezza sia assente è- paradossalmente -l'unica certezza che ho sempre avuto. Semplicemente, la realtà, quella in cui ho vissuto fino a quando il mio sanissimo cuore ha collassato, è esplosa, facendo sì che ne uscissi fuori, pronta a dirigermi verso un nuovo mondo, dove la morte è sogno. E chissà cosa devo aspettarmi. Meglio non illudersi: il non aver creduto nell'aldilà in vita non mi autorizzerà a farlo da morta. Quanti patimenti e sofferenze mi avrebbero mai attesa da viva? Sarei mai riuscita a sanare quell'innaturale contrasto con me stessa che mi ha accompagnato sin dalla nascita?
Temo che i secondi passino. Devo concentrarmi. Devo scavare a fondo e scoprire qualcosa della mia vecchia vita da portare nel mondo dei miei sogni. Per esempio, ho quell'immagine di Lui, così ben inserito nell'armonia di un pomeriggio primaverile, che non riesco a togliermi dalla testa. Lì ho avvertito per l'unica volta la bellezza di vivere, e questa è un'icona che potrebbe benissimo dare un senso a tutto questo, meritando così di venire via con me. So bene che il mio corpo scomparirà, ma il sentimento che provavo per Lui no. D'altro canto, proprio quell'amore, concretamente vissuto, è stato il mio più grande conforto in una terra di esseri vaghi, miseri e disperati. Ed io ho perfino rischiato di dimenticare tutto ciò per coltivare l'orrenda soddisfazione di studiare i sintomi del male di vivere. Sto per spezzare il cerchio di un'esistenza dagli intenti meschini e insignificanti, per poi raccogliere i frammentari ricordi del rapporto avuto con Lui, e con essi comporrò un nuovo riparo, un nuovo habitat dedicato alla mia anima. Gli anni di perenni e confuse lotte interiori saranno spazzati via, ed io potrò specchiarmi chiaramente nel mio stesso sogno, sentendomi, per la prima volta, parte integrante di una mia rappresentazione. Se dunque è vero che l'amore sconfigge anche la morte, sto per scoprirlo: abbattuto quest'ultimo, estremo dubbio, potrò più facilmente avvicinarmi all'Infinito. Non sono interessata ad andare in Paradiso, né all'Inferno: voglio solamente avere la sicurezza che il mondo dei miei sogni- dove mi auguro di finire -sia basato sull'unica cosa per cui è valsa la pena vivere. E mancherò a qualcuno? Chi soffrirà della mia scomparsa e chi ne sarà felice? Chi rimarrà indifferente di fronte all'inimmaginabile e ingiusta morte di una comune adolescente? È inutile chiederselo. Tanto, nel mondo dei miei sogni, non ci sono domande, ma solo risposte.


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