giovedì 10 gennaio 2013

[Recensione] La migliore offerta

Al di là dell'enorme peso mediatico che viene loro attribuito, gli Oscar non contano molto. Certo, fa sempre piacere vedere un film che abbiamo amato molto vincere una statuetta (finora, mi è successo pochissime volte), ma la realtà è che i registi i cui film vincono un Oscar non necessariamente possono risultare registi da Oscar. Giuseppe Tornatore è uno di questi: statuetta al Miglior Film Straniero conquistata nel 1990 (a 34 anni) con Nuovo Cinema Paradiso, e un paio di buone pellicole a seguire (Stanno tutti bene e Una pura formalità). Poi sono iniziati i problemi, quelli grossi. Uno dei problemi si chiama La leggenda del pianista sull'Oceano, tratto dal libro più breve (ma non per questo meno palloso) del mondo, Novecento di Baricco. Ecco, se ci sono trasposizioni cinematografiche di libri da evitare sono quelle ispirate ai romanzi di Baricco: una regola che ho inventato io e che, almeno secondo i miei gusti, questo film conferma in pieno. Il fondo fu toccato, nel 2000, da Malèna, un prodotto destinato al mercato dei segaioli coi guanti di velluto, intellettualmente disonesto, preconfezionato e spacciato per Arte pura. Le cose non migliorarono con La sconosciuta, uscito sei anni dopo e molto atteso come "ritorno al cinema di Tornatore": chi trova straordinari esempi di settima arte i lagnosi filmetti di Ozpetek, metterà La sconosciuta fra i suoi dieci film preferiti. Poi abbiamo avuto Baarìa, brutto, incomprensibile (non tanto per l'uso del dialetto, quanto per una trama priva sia di capo che di coda) e fotografato come una fiction di RAI 1. 
La cosa buffa è che La migliore offerta non mi è solo piaciuto: l'ho proprio ammirato. L'ho ammirato come Godfrey Rush (attore che da solo fa il film) ammira i ritratti di donne nella stanza segreta della sua villa. Il suo personaggio è quello dell'antiquario e battitore d'asta Virgil Goldman, misantropo, diffidente anche verso la propria ombra e poco incline a spezzare una routine fatta di costosissime cene solitarie, orari ferrei, appuntamenti importanti, aste prestigiose (durante le quali è aiutato dal complice Billy per portare a termine alcune truffe) e nessun legame sentimentale. Farà un'eccezione nei confronti di Clara (Sylvia Oeks),  misteriosa (abita da dodici anni in una stanza della sua enorme casa), agorafobica e ricchissima ereditiera che invita Goldman a valutare l'immenso patrimonio di famiglia. Il vecchio antiquario si innamora di questa fragile creatura che parrebbe assomigliargli molto, ed elabora (complice un giovane e vispo aggiustatutto di nome Robert, impersonato da John Sturgess) un corteggiamento lungo e complesso. Pian piano, lei aprirà a Goldman le stanze segrete della sua casa e della sua anima. Il problema è che- come dice lo stesso Billy (Donald Shuterland, sempre in gran forma) -"i sentimenti umani sono come le opere, si possono simulare". Ed è questo che il vecchio Goldman, perdutamente innamorato per la prima volta nella sua vita, non ha preso in considerazione...
Per prima cosa, va detto che al di là delle forti tinte di thriller (accentuate dalla seconda parte del film in poi), La migliore offerta non è assolutamente un blockbuster con Nicolas Cage sui misteri delle opere d'arte. E' vero che contiene molti temi: una storia d'amore quasi da fiaba, la malattia di una bella ragazza, le difficoltà di un uomo che si avvia verso il declino di accettarsi e piacersi (la tinta dei capelli). Ma al di là di tutto, l'opera di Tornatore non parla di truffe, nè di amore: parla della Bellezza. Dall'inizio alla fine, il film è una riflessione continua sull'estetica. La stanza segreta di Virgil è il luogo dove egli ha accumulato tutta la bellezza riprodotta e messa su tela da alcuni dei più grandi artisti di tutti i tempi, una bellezza accessibile  a lui solamente. Le donne dei quadri di Goldman, meravigliose e immortali, non possono tradirlo, dal momento che infrangerebbero la sua realtà e il suo unico modo di essere felice. Il colpo di scena c'è, ed è uno di quelli belli, inattesi, uno di quelli che ti colpiscono sulla poltrona del cinema come una coltellata. 
Non aggiungo altro, se non che non voglio sentire per un bel pezzo discorsi come: <<I film italiani fanno tutti schifo>>, <<Il nostro cinema è morto>>, <<Minchia, zio, stiamo messi merda, cioè, dopo questo film proprio ammazzati>>. Il nuovo di Tornatore vola al di sopra della pellicola italiana media (cioè del film voluto e prodotto da Procacci), e va bene così. Quarant'anni fa, storie di questo tipo, girate con questo stile, fotografate bene così e interpretate da un cast internazionale, le giravano registi del calibro di Visconti e Antonioni. Meditate su quest'ultimo punto. Meditate.

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