Parafrasando Mao, il vero cinema horror "non è un pranzo di gala". Negli anni siamo stati abituati a vedere un genere cinematografico arricchito da contaminazioni ridicole e snaturato nelle sue formule elementari, tant'è che sempre più spesso gli horror divertono, fanno ridere e hanno addirittura un lieto fine. Sembra che tutti si siano dimenticati che l'horror è un cinema nato essenzialmente per fare paura, per dare fastidio, per farci provare ribrezzo. Il pubblico addomesticato non vorrebbe mai vedere dei ragazzi che viaggiano in treno rapiti e sottoposti ad atroci torture da parte di un club di milionari: infatti, Eli Roth e i suoi Hostel dimostrano che l'horror serio non è un genere dove c'è spazio per i bacini, per le love story complesse e per le mestruazioni, e infatti molte persone odiano Hostel, ritenendolo un film "schifoso". Lo schifo è un concetto non solo relativo, ma ampiamente superato. Il fatto è che ormai preferiamo la bella e tenebrosa vampira guerriera di Underworld a un Michael Mayers con la sua mascherina e il suo coltello da cucina.
Ma Rob Zombie non è così.
Rob Zombie è una persona seria. Rob Zombie ama l'horror e soprattutto conosce l'horror. Rob Zombie ha una poetica, un'idea di horror, un qualcosa in più che molti non hanno. E soprattutto, Rob Zombie sa fare film. Chi lo guardava con sospetto ai tempi de La casa dei 1000 corpi, si è dovuto ricredere di fronte a La casa del diavolo, suo capolavoro considerato quasi all'unanimità uno dei migliori horror degli ultimi dieci anni. Mentre coloro che lo avevano già visto "arrivato" e venduto alle grandi produzioni con i suoi ultimi due film (Halloween-The Beginning e Halloween II) dovranno tacere di fronte a Le streghe di Salem. Scrivo che certi detrattori dovranno ricredersi perchè Le streghe di Salem è forse il film di Rob Zombie costato meno, realizzato davvero con pochi soldi e nessuna star: eppure non è un "b-movie", ma un horror di serie A, un'opera adatta a soddisfare non solo un bravo "horror-maniac", ma anche un amante del buon cinema. Seppur meno visionario di Halloween II e più cupo de La casa del diavolo, il nuovo film di Zombie non scade mai nel banale, neanche quando gioca, volutamente, con i meccanismi più antichi della tensione cinematografica. E infine, per la prima volta, Zombie mostra cose che nessuno- al cinema come nella realtà -vorrebbe mai vedere: mi riferisco alla scena del neonato, oppure a quella del prete (una delle cause della scomunica vaticana di pochi giorni fa). Così, mentre come già successo nel cinema di Rob Zombie, assistiamo quasi ad un ribaltamento di ruoli (le streghe non sono poi più cattive e schifose degli esorcisti fanatici cristiani che danno loro la caccia), ci accorgiamo che per una volta stiamo vedendo un vero film horror, un film horror che dà fastidio, che ci mette davanti a cose che non vorremmo neppure toccare col pensiero. Una colonna sonora paurosamente bella fa da traino al tutto, così come le natiche di Sheri Moon Zombie basterebbero come colonne portanti di tutto il film. Insomma, Rob Zombie ha colpito ancora, andando più a fondo del solito e con toni del tutto inaspettati.
Da Oscar.
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