Il TPS-L2 della Sony (il primo walkman ad essere stato messo in commercio) costava, nel 1979, la cifra di 190.000 lire: in euro, sarebbe quanto serve per comperare oggi un iPhone 5 da 64 giga. Mia madre comprò, per una cifra di poco inferiore, il suo primo walkman nel 1985, e tuttora quel mitologico Majestic nero si accende e fa girare il nastro.
A volte mi sembra incredibile, ma appartengo all'unica generazione che ha attraversato pienamente tre gradi di tecnologia musicale portatile. Alle elementari, non esisteva gita senza gli walkman sempre più stondati ed economici; in prima media, già le classi si dividevano in due fazioni: i conservatori dell'audiocassetta e i più ricchi progressisti, fortunati possessori dei lettori cd portatili. Da parte mia, ho acquistato il mio primo cd nel 2002: mentre Apple aveva già messo in commercio da un anno l'iPod, io ricevevo il mio bellissimo stereo Panasonic.
Ancor più fuori tempo risulta il passo successivo: per il quattordicesimo compleanno (novembre 2003) mi fu regalato un lettore cd portatile. Mi presentai a scuola il mattino seguente a testa alta, col mio lettore infilato nel giaccone e le cuffiette portate alle orecchie; un compagno mi avvicinò e volle vedere il mio lettore nuovo di pacca. <<Ah, ma non legge i cd mp3!>>, disse. Non solo non sapevo cosa fosse l'mp3, ma ignoravo del tutto che esistessero dei lettori di cd diversi dai normalissimi compact-disc. In realtà, per un periodo relativamente breve, alcune aziende produssero e vendettero dei lettori di cd-mp3, cioè di compact in grado di contenere fino a cento canzoni: ricordo un modello della Philips che presentava, su un lato, un display stretto e lungo sul quale passava, addirittura, il titolo del brano che si ascoltava. Ma la cosa che in pochi immaginavano era che la messa in vendita dei lettori di cd-mp3 fosse quanto di più disonesto potessero fare le multinazionali in Europa: infatti, mentre i figli di papà del mio Liceo sfoggiavano pesanti lettori cd-mp3 Sony o Philips da oltre duecento euro, negli Stati Uniti usciva l'iPod Classic Fourth, il primo a presentare un display a colori, una batteria al litio da 12 ore di autonomia e una compatibilità completa fra il nuovo sistema operativo Mac OS X 10.2 e Microsoft Windows 2000.
Per vedere un iPod dovetti aspettare l'autunno del 2004, quando una mia compagna di classe si presentò con uno strano gingillo bluastro chiamato iPod Mini, in grado di contenere fino a 4 giga di brani. Ricordo che fu uno degli oggetti più straordinari che avessi mai visto: trasmetteva un qualcosa che perfino adesso mi risulterebbe difficile definire, ma so per certo che, quando ho visto il primo iPhone qualche anno fa, non ho provato quell'attrazione. Secondo me, hanno ragione i saggisti convinti che la più grande rivoluzione tecnologica degli ultimi trent'anni sia rappresentata proprio dall'iPod, e più in generale dall'mp3.
In breve tempo, ci abituammo tutti a questo nuovo formato musicale: l'iPod sfondò definitivamente fra 2004 e 2005, e molte aziende produttrici di lettori a basso costo seguirono l'esempio di Apple. In breve tempo, i furti di colazioni, sigarette e orologi negli spogliatoi di scuola furono rimpiazzati dai ben più tragici furti di iPod. Tuttavia, il mio lettore cd continuava, imperterrito, a fare il suo servizio, con onore e discrezione; e così io passavo interi pomeriggi a scandagliare la mia sempre più grande collezione di dischi, alla ricerca di nuovi elementi da inserire nelle mie antiquate "cd-bag".
Ressi fino al settembre del 2007: non avevo ancora diciotto anni ed ero, con tutta probabilità, l'ultimo baluardo della resistenza del lettore cd nell'arco di cinquanta chilometri. La fortuna volle che la più grande delle mie sorelle avesse richiesto un iPod come regalo di compleanno e la scelta cadde sulla terza generazione della famiglia Nano (versione 4 giga), il primo con lo spettacolare schermo da 2'' che sfruttava la tecnologia QVGA. Ovviamente, l'iPod Nano fu un regalo per entrambi, e io mi liberai del mio lettore portatile.
Solo lo scorso Natale ho finalmente coronato un sogno vecchio di anni, e cioè il possedere uno strumento in grado di contenere la mia intera libreria musicale: mi hanno infatti regalato l'iPod Classic da 160 giga, forse l'unico oggetto che sono veramente felice di avere. Ogni tanto, mentre ruoto il dito sulla ghiera, ripenso al mio "passato tecnologico" (che poi coincide col passato di molti) e mi viene in mente che l'iPod ha veramente tutto dentro: fa recuperare i ritardi dovuti alla scelta di una certa audiocassetta o di un certo compact, ma al contempo accresce la mia ansia. Durante le gite alle scuole medie, portavo dietro una, massimo due audiocassette, e il walkman imponeva l'ascolto dell'intera traccia, a meno che non volessi mandare avanti e indietro il nastro producendo squittii che hanno distrutto gli orecchi a molti. L'iPod, invece, mi permette di "skippare", di saltare da un brano all'altro, da un'atmosfera, un ricordo, uno stato mentale al successivo: e faccio tutto questo solo sfiorando un comando. Così, spesso, finisce che non ascolto nulla se non le prime cinque battute di ogni pezzo, convinto che forse quello successivo è più coinvolgente, più bello, più adatto al paesaggio.
Pochi giorni fa, parlavo con un caro amico dei supporti (domestici e non) con cui ascoltare la musica, e lui auspicava un futuro sgombro da lettori di compact, cassette e vinili. Mi spiegava di come solo noi europei siamo ancora legati ad una certa idea di "disco", mentre in America e Giappone il download (legale o illegale) ha ormai preso il sopravvento, influenzando anche l'architettura casalinga, costellata di ambienti sempre più spogli e minimalisti, privati della presenza di librerie (l'iPad e i Kindle rimpiazzeranno le Billy) e di tante scaffalature (iPod e affini renderanno obsolete strutture come le Benno, ormai considerate "vintage a basso costo"). I cd saranno considerati plastica inutile e magari verranno istituiti nuovi cassonetti della raccolta differenziata destinati a nastri magnetici e vinili.
Da parte mia, considero un lusso e una grande comodità avere una piattaforma portatile dove posso depositare 160 giga di file multimediali, ma al contempo mi viene lo sconforto se penso ad appartamenti simili a quelli prospettati nella nostra conversazione. La mia non è solo una prospettiva di forte negatività estetica, ma proprio tecnologica: infatti, in molti non sanno o non dicono che la sparizione di certi supporti porterebbe ad un abbassamento qualitativo dello stesso ascolto. Tanto per fare un esempio: nessuna pubblicità o nota di libretto di istruzioni dal 2001 ad oggi ha mai evidenziato che l'mp3 comprime, appiattisce e uccide il suono. E così, mentre gli interior-designers americani o nipponici si preparano ad importare i loro modelli di case vuote anche nel vecchio continente passatista, nessun nerd si preoccupa di redigere un'accurata relazione sulla scarsa fedeltà all'audio degli iPod. Ciò nonostante, si spendono bei soldi per l'acquisto di sofisticate cuffie da passeggio che però mai esalteranno un brano 96 kbps. Ma i nativi digitali non sembrano crucciarsene, e per strada si ascolta la musica dagli altoparlanti degli smartphone, che nella loro ultratecnologia continuano a gracchiare come le vecchie radioline AM. Nessuno dice nulla, perchè tutto ciò che conta è risparmiare sempre di più su tutto, dall'acquisto di un mobiletto ad uno spazio domestico che molto probabilmente rimarrà vuoto; ma, cosa ancor più essenziale, il risparmio deve apparire controbilanciato da una sufficiente dose di tecnologia. In questo, ha molta ragione Jonathan Franzen, quando scrive che <<la tecnologia personale comincia ad assomigliare a un handicap>> (Come stare soli, Einaudi 2011): in questo caso, la tecnologia servirà a coprire gli handicap fisici, economici e culturali delle persone. Se entrando in una casa non si vede l'ombra di un libro, la prima cosa che ci viene in mente è che in questa casa non si legge, ma se entrando nella stessa casa troviamo un iPad poggiato su un tavolo potremmo già meditare che al suo interno, magari, trovano spazio le versioni pdf dei massimi capolavori della letteratura mondiale. Tutto ciò rincuorerà enormemente le schiere di "ignoranti 2.0", che non si vedranno più costrette a tappezzare la casa di volumi finti e cartonati e si sentiranno finalmente protette da un alone di esibizionismo fighetto tecnomodaiolo.
Sebbene la tecnolgia riveli inattesi aspetti romantici proprio quando non c'è più, non rimpiango lo zainetto appesantito dalle "cd-bag", nè i pomeriggi passati a registrare in cassette TDK di altissima qualità i miei dischi preferiti: mi piace il mio iPod per com'è, per l'uso che ne faccio e per tutto quello che rappresenta nella mia quotidianeità. Tuttavia, se mi dicessero di accantonare il mio impianto stereo per fare spazio ad un "iPod Docking Station" di ultima generazione e di vivere in un ambiente libero da dischi, scaffali e lettori assortiti non provo alcun piacere, ma solo un grande senso di fastidio.
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