Ricordate Ferie d'agosto, intelligente e formidabile commedia vacanziera datata 1996? La destra (quella dei primi Motorola) e la sinistra (quella simpatica, genuinamente disillusa ma non ancora clamorosamente rovinata) si incontravano, litigavano e ripartivano. Bei tempi!
Diciassette anni dopo, Marco Ponti fa incontrare di nuovo destra e sinistra: la destra è Giulio (Preziosi), venditore di barche razzista, Casanova opportunista ed evasore fiscale; la sinistra è Nina (Lodovini), comunistona romana coi soldi, attenta al prossimo e convinta che ci sia un futuro migliore. I due stanno rispettivamente con una svampita velina (la Riccobono) e un celebre scrittore (Marchioni). Si conoscono dal momento in cui Nina mette in vendita la casa al mare del defunto padre e Giulio è intenzionato a comprarla, a tutti i costi. I due litigano, si piacciono, scopano selvaggiamente. Contemporaneamente, i loro rispettivi partner iniziano una relazione clandestina. La storia va avanti fino a quando Giulio e Nina si pongono la stessa domanda: <<Stiamo giocando o ci amiamo veramente?>>.
La trama, letta così, potrà apparire di una sconcertante banalità, e forse lo è anche. Tuttavia, il più grande merito di questo film è di avere un buon manico, e cioè una sceneggiatura brillante, scorrevole, priva dei difetti che affolano il nostro cinema (specie quello che tocca argomenti politici). Così, una storia non di certo originale e profonda finisce col risultare piacevole, in un paio di momenti anche spassosa. Le battute escono bene, senza forzature, e l'intreccio più antipatico del mondo (quello delle corna) riesce ad apparire più originale della consuetudine. Tanti personaggi sono efficaci: mi viene in mente il candidato sindaco di Roma, uno squallido incrocio fra Grillo e Renzi, rinchiuso in teorie nuove ma già datate (la rete, il giovanilismo e altre puttanate, giustamente prese di mira nel film) che rappresentano l'unico punto dove le visioni di Giulio e Nina vanno a braccetto; così come il personaggio di Marchioni, uno scrittore "voliano" che scrive solo per essere ospite di Fazio (altra stoccata notevole e inaspettata) e che, nel privato, è un debosciato puttaniere, triste, infelice e vestito malissimo. Inoltre, sono da lodare la bravura di certi interpreti (fra cui, inaspettato, Preziosi) e un'appropriata scelta della colonna sonora. I difetti del film italiano medio, in compenso, non gli mancano: fotografia di cattivo gusto, scenografia penosa, uso demenziale e totalmente fuori luogo della computer grafica (la scena al circolo dei canottieri e il finale sono esempi più che validi), uso del rallentatore quando il rallentatore è l'ultima cosa che uno spettatore un minimo preparato vorrebbe vedere, cadute di stile (il ridicolo cameo di Marco Travaglio) e una regia priva di anima. Infine, non dimentichiamoci che è tratto da un librino della Gamberale, raccomandatissima autrice figlia di papà che ormai scrive di tutto e su tutto: pensate che è stata lei a scrivere, sul Corriere della Sera di alcuni mesi fa, una riflessione sulla crisi in Grecia. Quando l'ho letto ho pensato: <<Poveracci. Già stanno male di loro, ma una riflessione della Gamberale è proprio una brutta forma di accanimento!>>. Per chi fosse interessato a seguire una delle peggiori penne del paese, la Gamberale mette tutti d'accordo, scrivendo sia sul giornale dei padroni (La Stampa) che sul giornale dei padroni "vicini" agli operai (Il Riformista): altrimenti, se cercate il dolore "settimanale", comprate Vanity Fair.
Però un'ultima cosa la devo dire: Passione sinistra è forse l'unico titolo italiano consigliabile in questi giorni (almeno per chi cerca una commedia). Una volta tanto non si vedono personaggi a culo di fuori su un cornicione e non si odono quelle solite battute su gay, extracomunitari e handicappati che infarciscono il cinema per famiglie (e poi la famiglia andrebbe tutelata!). E sono bei pregi.
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