sabato 6 dicembre 2014

AC/DC, "Rock Or Bust" [Suggestioni uditive]

AC/DC,
Rock Or Bust (Sony, 2014)
★★★★

















Gli artisti non sono solo coloro che conoscono alla perfezione un linguaggio e lo sanno sfruttare al meglio, ma anche quelli che ne sanno inventare uno nuovo. In questo senso, gli AC/DC possono sedere fra i massimi artisti di tutti i tempi: hanno ricevuto in eredità quei due, tre giri di blues e rock&roll, li hanno applicati all'hard rock, badando bene ad alzare i volumi, e da quarant'anni suonano quello che è venuto fuori. Hanno raccolto alla perfezione gli insegnamenti di Jimi Hendrix, Leadbelly, Jimmy Page, Chuck Berry e dei Rolling Stones, hanno scoperto una formula chimica perfetta e non sottoposta a date di scadenza e al trascorrere del tempo. Si può possedere la collezione completa dei loro dischi (come me), o abbiamo archiviato giusto quelle quattro o cinque canzoni famosissime nell'hard disk del PC, ma non se ne riesce a venire a capo: gli AC/DC sono seducenti ma anche ripetitivi, ci entusiasmano e ci irritano, non possiamo fare a meno di loro ma troviamo perfino il coraggio di definirci "insoddisfatti" dei risultati di una band da duecento milioni di copie vendute. <<Non dovrebbero essere lì a fare quello che fanno!>>, dice la gente, <<Copiano! Sono degli incompetenti! Fanno successo ma non ne hanno il diritto!>>. Il mondo è pieno di questi discorsi, ma Angus Young e la sua band se ne infischiano. Suonare il Rock è una cosa che sanno fare in molti. Eppure gli AC/DC salgono su un palco o entrano in uno studio ben decisi a suonare il Rock, e questa loro determinazione rende la loro musica una cosa talmente importante che tutti si affollano per sentirla sempre e comunque. Era così nel 1975, quando alla voce c'era Bon Scott (1946-1980), ed è così oggi, con il sempreverde Brian Johnson e il nuovo arrivato Stevie Young, nipote dell'impagabile Malcolm (uscito dalla band per motivi di salute). 
Basta il riff della title-track Rock Or Bust per ribadire che un gruppo come gli AC/DC non è roba di questo mondo. Sono meteoriti cadute in un giardino curato, palline matte che rimbalzano da una camera all'altra di qualche villone (come ci racconta il singolo d'oro Play Ball). Rock The Blues Away, Got Some Rock&Roll Thunder, Rock The House, quanti "rock" in un solo disco, il più breve della loro carriera (undici canzoni per 34 minuti), concentrato sugli influssi zeppeliniani (Miss Adventure e Rock The House) ma pure hendrixiani (l'inizio di Dogs War è il riff di Highway Chille) della mitologica Gibson di Angus. Immancabile, il brano più libidinoso e sanguigno (anche se di una sanguinolenza un po' patinata) Sweet Candy, mentre una gradita sorpresa come la conclusiva Emission Control non lascerà a bocca asciutta i fans dei motori. 
La voce di Johnson ha perso qualche colpo, ma non è amichevole nè desiderosa di piacere. Phil Rudd, da poco scagionato da pesanti accuse per omicidio e detenzione di stupefacenti, si è lasciato alle spalle i problemi personali ed è tornato a suonare come solo un batterista degli AC/DC sa fare. Angus Young è Angus Young, così come Tex Willer è Tex Willer. Produce "sua maestà" Brendan O'Brien, che porta gli australiani nel suo amato studio canadese e tira fuori un disco meno heavy e più immediato dei due album degli anni 2000 (il mediocre Stiff Upper Lip e il fortunatissimo Black Ice), e forse anche per questo indiscutibilmente migliore. La volontà di far emergere maggiormente la parte ritmica per affiancarla alla chitarra non è un aspetto da assecondare, visti i risultati. E' un disco selvatico e sottile, questo Rock Or Bust, che non arriva da una rinascita lungamente preparata o dal furbo bisogno di quel ritorno alle origini che tanto sembra angosciare una buona fetta delle rock'n roll band del pianeta. Gli AC/DC sessantenni sono ancora come a vent'anni: un complesso ossessionato dall'immensità del rock&roll e dalla potenza dei riff che esso è in grado di scaturire. La musica che suonano è ancora la stessa musica che arriva da una lunga lista di nomi e influenze. Forse non tutti se ne rendono conto, ma loro lo sanno di che si tratta e hanno la stoffa per suonarla. E rimane attaccata addosso, fidatevi.

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