domenica 22 marzo 2015

Van Morrison, "Duets" [Suggestioni uditive]

Van Morrison,
Duets
(RCA, 2015)

½
















Non bastavano Rod Stewart che canta il Natale e Bob Dylan che demolisce (in maniera non poi tanto brillante) Sinatra. No, ci voleva anche Van Morrison che si prende per il culo da solo. Come? Semplicemente facendo pubblicare un album di duetti bellini giusti realizzati con amici più o meno noti (da Mark Knopfler a Steve Winewood, da Bobby Womack a Mavis Staples) e furbescamente prodotti da Don Was e Bob Rock.
Vengono scelti e reincisi 16 brani che coprono la carriera di Morrison compresa fra il 1970 e il 2012. Ciò significa che qualche anima pia ha deciso di lasciare in pace quei tre album che rispondono ai nomi di Blowin'Your Mind (1967), Astral Weeks (1968) e Moondance (1970), ovvero un trittico di capolavori che nessun cantante (nemmeno Dylan) può vantare come proprio esordio discografico. Il risultato è così riassumibile: le canzoni belle sono peggiorate, le brutte sono ulteriormente imbruttite.
Prendiamo Real Real Gone, un pezzo degli anni Novanta cantato con Michael Bublè, una canzone di cui certamente si ricordavano in pochi: il nuovo arrangiamento dovrebbe funzionare al meglio, spronare il pubblico più becerone all'acquisto di un disco che vede la presenza del suo beniamino canoro canadese, ma in realtà finisce col marcare ancora di più la differenza fra due mondi, quello del rock romantico di Morrison e quello dello swing tamarro e moderno di Bublè. Quello che è (stato?) uno dei più grandi cantautori di sempre finisce qua a fare la figura di un trademark lontano dagli standard qualitativi suoi e degli ospiti, e a poco valgono quei momenti leggermente più felici dei Duets (Fire In The Belly con Steve Winewood e la conclusiva How Can A Poor Boy con l'inossidabile Taj Mahal).
Solitamente, nutro un certo rispetto nei confronti del lavoro di Don Was: del resto, è una delle figure più carismatiche emerse negli ultimi venticinque anni nel mondo della musica, suo è- almeno in parte -il merito di certe "rinascite" artistiche (fra gli altri, Bonnie Raitt, Ringo Starr, Jackson Browne, Kris Kristofferson, Elton John) e sua è la firma apposta sotto diverse perle di Black Crowes, Lucinda Williams, Ziggy Marley e Old Crow Medicine Show. Inversamente proporzionale è la totale sfiducia che provo ogni volta che in un disco vedo accreditato Bob Rock, che in Duets ha indubbiamente lasciato l'impronta di tutti i suoi lavori: un suono di maniera, arrangiamenti attraversati da un basso tenore emotivo e preoccupanti aperture verso l'easy-listening (badate bene, non inteso come quella meravigliosa ramificazione della musica ambient)

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