domenica 8 marzo 2015

Le donne della mia vita [Extra]

Per un tragicomico scherzo del destino, spesso ci si inizia ad interessare alla musica e alle donne nello stesso periodo, verso la fine delle scuole medie e l'inizio delle superiori. Ancora non lo si può sapere, ma sono due cose, nell'arco della vita, si prenderanno spesso a braccetto, e insieme potranno fare scintille e portarti su, fino in Paradiso, oppure scaraventarti ai bordi delle strade e farti vagare per giorni, mesi, anni nelle tenebre.
Inutile dire, però, che un maschietto tredicenne non vorrà sentirne di ascoltare voci di donne che cantano: meglio una chitarra sferragliante e la voce grintosa di qualche macho. In altre parole, meglio l'acne eterno. L'unica cura che potrebbe rivelarsi efficace contro la grettezza è qualche ascolto "passivo": anche io, del resto, capii che le donne sapevano essere delle grandi cantanti rock perchè, saltuariamente, in casa, avevo modo di sentire pezzi fantastici. La prima voce femminile di cui mi innamorai perdutamente fu quella di Bonnie Raitt, che cantava in coppia con Jackson Browne My Opening Farewell: questo duetto live degli anni Novanta soppiantò l'amore che avevo per l'originale, e tuttora continua a non esserci lotta. Sempre verso i quattordici, imparai ad apprezzare Crazy di Patsy Cline, Memory di Barbra Streisand e, soprattutto, la Kathy's Song di Eva Cassidy. Non sapevo che volto avesse e mi piaceva immaginarla con le fattezze fisiche di chi piaceva a me in quel momento. Mi sembrava di averla accanto, mentre la ascoltavo, e ignoravo del tutto che fosse morta nel 1996 per un tumore e che non avesse pubblicato nulla in vita. Una triste storia. 
So che non potrà apparire molto originale, ma il primo disco di rock femminile che comprai fu Pearl di Janis Joplin. Al Liceo parlavano tanto di questa tizia, e ne parlavano- fra di sè -creature del cielo coi glutei pronunciati e i seni morbidi. In una compilation trovai A Woman Left Lonely, feci qualche ricerca, scoprii l'album che la conteneva e lo trovai senza difficoltà. Era roba talmente bella da sentircisi male. Un insieme di musica, parole e voce che toglieva il fiato e che, tuttavia, conosceva dei detrattori potenti anche fra gli studenti della mia scuola.
Gente che già allora era senza speranza e che oggi cuoce nel proprio meschino maschilismo, passando da una soddisfazione inutile all'altra. 
Comunque sia, da Pearl in poi, fu un continuo conoscere e innamorarsi di donne fantastiche: dai quindici anni in poi sarei uscito con Patti Smith, Bonnie Tyler, Aretha Franklin, Sheryl Crow, Norah Jones e perfino con la Dido di No Angel, quella della prima ora. Di Patti Smith sarei arrivato a conoscere vita, segreti e miracoli, ne avrei letto i libri e assorbito la poetica, e infine la avrei vista dal vivo nell'estate del 2012, in un concerto senese un po' sciamanico ma comunque godibilissimo.
Furono storie d'amore folli e un po' screanzate quelle che mi coinvolsero con Debbie Harry dei Blondie (ma del resto come potevo resisterle?) e amara fu la delusione che mi dette Joan Jett, che dapprima mi promise amore eterno con le sue Runaways per poi abbandonarmi per quei coglionazzi dei Blackhearts. Solo qualche fugace incontro clandestino con Siouxsie Sioux e Live Through This delle Hole mi fecero rappacficare con un certo tipo di punk-band al femminile.
Non andarono molto a buon fine i miei appuntamenti con donne adulte e molto più mature di me: Marianne Faithfull mi lasciò freddo come un ghiacciolo, anche se di storie da raccontare sui bei tempi andati, la swingin'London, le droghe e i filmetti a luci rosse perduti ne aveva eccome. Nico, eliminata These Days, mi sembrò una tedescona col vocione e non volli più nemmeno sentirne parlare. Oltretutto, emanava una tristezza che tendeva a mettermi un po' a disagio. Allo stesso modo, non riuscii a costruire nulla che andasse oltre ad una solida stima verso le grandi cantautrici impegnate: so che per molti è un'eresia, ma a me di Joan Baez piace Diamonds And Rust, la sua voce e il modo in cui fa proprie le canzoni altrui (Cohen, Dylan), poi basta. Anche Carolyne Mas non riuscii a farmela piacere: "il Bruce Springsteen in gonna" la chiamavano, però io tutte queste grandi assonanze col Boss facevo fatica a metterle a fuoco. Preferivo scendere per i verdi pascoli e andare a trovare queste ragazze di campagna con la voce calda come un bourbon, le guancette rosa e il letto vuoto. Bimbe come Alison Moorer o Shawn Colvin, semplici, dirette, sexy a modo loro.
Un'altra grande storia d'amore ebbe inizio di fronte al cestone dei cd in offerta del supermercato. Nella primavera del 2010, per quattro euri e novanta, comprai Elite Motel di Emmylou Harris, un'altra delle donne della mia vita. Ovviamente conoscevo il suo magico apporto dato in opere capitali come Grievous Angel di Gram Parsons o Desire di Bob Dylan, ma la scoperta della sua carriera solista fu, per me, un fulmine a ciel sereno. E se il ben più maturo Wrecking Ball (l'album prodotto da Daniel Lanois con cui vinse il Grammy nel 1996) rappresentò la metà oscura di Elite Motel, lo splendido All The Roadrunning inciso con Mark Knopfler mi accompagnò in un bel periodo di rinascita umana e sentimentale.
In anni recenti, soltanto l'irruzione nella mia vita di Lucinda Williams ha avuto un impatto altrettanto (positivamente) devastante, ma non per questo ho smesso di frequentare altre brave o cattive ragazze: è bello uscire a sbronzarsi con Juliette Lewis, tornare a casa la sera e farsi dare la buonanotte da Sharon Van Etten o Hope Sandoval, che ogni due morti di papa si degna di pubblicare musica con i Mazzy Star. E a dimostrazione che davvero non è mai troppo tardi per imparare, posso dirmi felice di aver avuto, allo scoccare del primo quarto di secolo speso su questo pianeta, l'accesso  all'arte di Joni Mitchell, una vera regina della poesia in musica.
Devo ammettere che ce ne sono state davvero tante, e altrettante ce ne saranno domani. Non so di preciso da dove arrivino, nè cosa vogliano da me. Certo è che io ho un gran bisogno di tutte loro e che fa sempre piacere scoprire che al posto del cuore non ho un sasso.

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