domenica 14 aprile 2013

[Recensione] Hitchcock

Se qualcuno aspettava un lungo biopic su Alfred Hitchcock (1899-1980), può evitare questo piccolo grande film biografico che, nel resto del mondo, tutti avevano visto già sei mesi fa. Ma se, d'altra parte, i  fan di Hitchcock e più in generale gli amanti del cinema vogliono gustarsi una bella storia vera e perfettamente romanzata, si accomodino. 
Hollywood, 1960. Alfred Hitchcock (A. Hopkins in stato di grazia) sta raccogliendo i favori di pubblico e critica dopo l'uscita del suo ultimo capolavoro, Intrigo internazionale. Sebbene in molti lo invitino a ritirarsi dall'attività di cineasta, lui vuole ancora lavorare e fare film. Contrario a tutto e tutti, decide di girare Psycho, un thriller dai toni forti in cui fa confluire tutte le sue frustrazioni e manie, arrivando a confidarsi, durante delle inquietanti allucinazioni, con Ed Gein, l'uomo che ispirò la figura di Norman Bates. Il film descrive tutto ciò che accadde al grande regista inglese nel periodo di lavorazione di Psycho: dal rischio che lui e la moglie Alma corsero nel ricorrere all'autoproduzione (800.000 dollari di budget, più di undici milioni di incassi) alla dura crisi che colpì il loro matrimonio, dalla rilassatezza (da tutti ritenuta non consueta) con cui Hitchcock trattò Janet Leigh sul set (che, come dice nel film, era <<abituata a Orson Welles>>) ai problemi con la censura (anche se in pochi potranno averci pensato, Psycho è il primo film americano dove viene mostrata una tazza del cesso), dal rapporto con attori e tecnici (svetta Ralph Macchio nel ruolo dello sceneggiatore Joseph Stefano) agli screzi in sala di montaggio con Bernard Herrmann, fino alle geniali trovate per promuovere un film ultraviolento che nessuno voleva e al trionfo commerciale.
Al di là dell'istrionico, divino Hopkins (forse era tutta la vita che aspettava un ruolo simile), la figura del film della quale non si può fare a meno di innamorarsi è quella interpretata dalla Mirren. Tutti parlano sempre della mania di Hitchcock nei confronti delle sue attrici protagoniste, ma si dimenticano che "Hitch" fu sposato con Alma Reville dal 1926 al 1980, quando morì. Alma era primariamente una sceneggiatrice (è stata accreditata nei film del marito dai tempi del muto fino al controverso Paura in palcoscenico del 1950), ma in realtà era una donna che conosceva il cinema meglio di tante persone: la scena in cui Hitch è a letto con la febbre e, per non perdere altri soldi, lei si reca sul set di Psycho e gira per due giorni come una vera professionista non è fantascienza. Alma Reville conosceva bene proprio il lato tecnico del cinema: oltre ad avere lavorato saltuariamente come attrice, era stata assistente alla regia di decine di film, nonchè montatrice del film muto Donna contro donna (1922). Ad ogni modo, tutti hanno sempre lasciato che la figura della moglie di Hitchcock venisse adombrata, ma, come sempre si sa, che "dietro ad un grande uomo c'è una grande donna". E così è anche in questo caso.
Hitchcock non verrà tanto ricordato come un capolavoro, ma ha un pregio che pochissimi film hanno: è un film voluto. Il regista inglese Sacha Gervasi ama profondamente il suo connazionale "maestro del brivido", ha voluto fare un film proprio sulla vita del grande regista nel periodo di Psycho, e pur inciampando in qualche sentimentalismo (il "bacino") e rimarcando troppo certi luoghi comuni (la passione per le bionde, ad esempio), rende perfettamente riuscita questa personale biografia di Hitchcock: si ride, si piange, ci si lascia coinvolgere dalle ordinarie vicende di un inglese panciuto e complessato che amava il cinema esattamente quanto noi. 

Nessun commento:

Posta un commento