venerdì 19 aprile 2013

La sindrome di "Get Lucky" [Suggestioni uditive]


Sul blog non parlo spesso di musica, eppure ne ascolto tanta tutto il giorno, di continuo. Appartengo a quella categoria di persone che, oltre a seguire nei limiti del possibile la scena musicale, possiede materialmente musica in qualsiasi formato: da diversi vinili a un intero scaffale di audiocassette, da oltre 100 giga di mp3 salvati sul computer e maniacalmente trasposti in un iPod Classic ad una sterminata collezione di cd. Ma non mi lascio montare la testa dalla "quantità". Sono un ascoltatore e non un collezionista, anche se nel caso di certi autori posso aver ricercato edizioni limitate e altre rarità. Non amo collezionare niente: compro fumetti per leggerli, ne compro tanti, e magari mi ritrovo con una collezione prestigiosa che vale un mucchio di soldi e a volte neanche lo so. Per la musica vale lo stesso discorso: non ho mai comprato un disco per fare del collezionismo, bensì per ascoltarlo, attratto dall'idea dei suoi contenuti e non dall'aspettativa che un nuovo "mattoncino" si aggiungesse al mio domino. 
Dunque, il reale motivo per cui non amo scrivere di musica è che spesso non esce qualcosa che mi colpisca a tal punto da dedicargli anche un piccolo post qui sul blog. Sarei un bugiardo se dicessi che l'ultimo album degli ZZ Top non mi è piaciuto, così come ho amato i nuovi pezzi dei Motel Connection e il loro disco Vivace, ma dovrei anche parlare male di What About Now dei Bon Jovi o di Apriti Sesamo di Battiato, e non c'è spazio per tutti. Ma di fronte a Get Lucky dei Daft Punk non ho saputo resistere.
Immagine dal video promozionale di Get Lucky
Get Lucky esce oggi e anticipa di un mese Random Access Memories, l'album che la contiene e che segnerà il ritorno dei Daft Punk all'album in studio dopo quasi nove anni. Fra un mese, avrò finalmente l'occasione di parlare del disco nella sua globalità, ma già solo questo singolo di lancio merita alcune riflessioni. La più importante è una riflessione sul coraggio. Il duo francese è famoso per rilasciare singoli di lancio che spaccano: nel 1997, il post-funk al vetriolo Da Funk e la house di Around The World; nel 2001, un inno dance come One More Time; nel 2005, le distorsioni potenti di Robot Rock; nel 2013, invece, scelgono un lento pezzo funky, cantato da un grande rapper (Pharrell Williams) e suonato con Nile Rodgers (chitarrista dei Chic). Alla base, ci sono un sound e una ritmica vecchi di quarant'anni, ma, come successe già con l'immenso Discovery (2001), i Daft Punk si appropriano di un passato che conoscono bene, lo attualizzano e lo rendono materia sonora che guarda al futuro più di qualsiasi altra opera più o meno avanguardistica. Il coraggio risiede proprio in questo tipo di atteggiamento: <<I nostri fans vengono da nove anni di canzoncine alla David Guetta? Bene, il nostro primo singolo sarà un synht-funky cantato da un rapper famoso>>, sembrano avere detto. Il gioco è riuscito perfettamente, e la canzone è una vera perla, che si stampa in testa al primo ascolto. La ascolto senza sosta da ieri e ho provato ad applicarla a vari momenti della quotidianeità: il massimo lo dà per apparecchiare la tavola. E poi, per quanto lenta e apparentemente "strampalata" (è strampalata perchè è diversa e troppo avanti rispetto ai ritmi cui gli ultimi cinque, sei anni di musica commerciale ci hanno abituati), risulta infinitamente ballabile. Insomma, soffro della sindrome di Get Lucky.

Così, mentre persone tristi parlano di scontri fra indie e neo-melodie da classifiche o fra Sanremo e il Concertone del Primo Maggio, due autentici geni del nostro tempo pubblicano il singolo di lancio di un album che- per parafrasare un caro amico -"potrebbe essere il disco del Ventunesimo secolo".

Nessun commento:

Posta un commento