venerdì 13 novembre 2015

Billy Gibbons, "Perfectamundo" [Suggestioni uditive]

Billy Gibbons,
Perfectamundo
(Concord Music Group, 2015)
















A chi possiede, come me, un micro-altarino all'interno della propria discoteca che comprende lavori degli ZZ Top come First Album (1971), Rio Grande Mud (1972), Tres Hombres (1973), Tejas (1976), Deguello (1979) ma anche Rhythmeen (1996) e il recente La Futura (2012), la notizia di un album solista di "zio" Billy F. Gibbons potrebbe quasi costare una sincope. Del resto, il chitarrista più barbuto della storia del rock vanta una voce unica e, soprattutto, un suono che non ha rivali, pur con i dovuti distinguo: infatti, a me piacciono i primi e gli ultimi album degli ZZ Top, mentre trovo ridicole la piega sciovinista che presero fra El Loco (1981) a Recycler (1990) e la sciatteria che sta a monte di operette quali Antenna (1994) e XXX (1999). Insomma, per farla breve, a me piace il Billy Gibbons sanguigno e furente, quello che suona il suo Texas blues tirando su al massimo la manopola dell'ampli e che si concede volentieri una visita nei vecchi standard (d'altronde, il suo disco preferito è Live At The Regal di B.B. King).
Perfectamundo è il suo primo album solista in quasi cinquant'anni di attività e si rivela lontanissimo da quelle che erano le mie aspettative. Non che sia suonato male o prodotto da cani (anzi, da una parte riesce ad emulare quel suono solido e grintoso che ha conferito Rick Rubin nell'ultima prova in studio della band), ma proprio con Billy Gibbons, il blues e tutto il retroterra degli ZZ Top non c'entra una mazza. Poi il Nostro è liberissimo di inventarsi una band di accompagnamento (i BFG's), un sottogenere che unisca le percussioni latine di Perez Pardo alle roventi schitarrate sulla sua "Gibbons" Les Paul e di reinterpretare alcuni classici con toni che lasciano molto a desiderare (Baby Please Don't Go è imbarazzante). In Perfectamundo tutto sembra andare per conto proprio e tutto sembra stare insieme per costrizione. I momenti più riusciti sono quelli in cui la sezione ritmica prende il posto della chitarra, il che è tutto dire!
Prendiamolo per un esperimento sonoro, in qualche episodio riuscito, in altri logorroico e fastidioso. Anche perchè di dischi crossover dove contano i suoni e la tecnica strumentale e non le composizioni o le canzoni in sè ce ne sono di nettamente migliori.

Nessun commento:

Posta un commento