domenica 1 febbraio 2015

Italiano Medio [Recensione]

C'è una buona fetta di gente che pensa solo ad arrivare al sabato vestita in un certo modo. 
C'è chi alle 20:00 è a fare l'aperitivo, alle 23:00 va a ballare e alle 02:00 si cala una pasticca. 
C'è chi vuole solo vedere un determinato genere di film: mi riferisco a questo pubblico di post-adolescenti che sembra gradire esclusivamente "cazzotti&cazzate".
E poi c'è un certo tipo di rivalsa, quella di autori come Maccio Capatonda e la sua cricca. Una piccola squadra nata negli anni novanta, grazie ai finti spot di Mai dire e approdata poi a serie televisive di maggiore durata (Mario su MTV, venti minuti a puntata). Una squadra che, in questo primo approdo sul grande schermo, recupera il surrealismo tematico e lo sfondone linguistico (cose vecchie quanto la commedia popolare stessa), che ruba e non si vergogna ad ammetterlo, che omaggia il cinema vero del passato e del presente (si va da Kubrick ad Hunger Games) e attinge alla grande fonte della cultura pop. La demenza in Italiano Medio c'è, deve esserci e non ha epigoni. Oggi che il cinepanettone è finalmente irrancidito, che i comici della tv fanno brutti film (Biggio&Mandelli su tutti) e che- mentre tutti gli altri generi sono già morti -i produttori uccidono l'ultima forma redditizia del cinema italiano, Italiano medio sembra un fulmine a ciel sereno, riesce a fare centro laddove neanche Smetto quando voglio era arrivato. Maccio Capatonda ci regala la sua consueta galleria di grandi caratteristi (Herbert Ballerina e Rupert Sciamenna su tutti, ma anche la brava Tabita si comporta benone) e gira perfettamente. Parla di noi, certo, e non ha bisogno di essere quadrato o lineare: nel mondo dell'Italiano medio (allegorico, caustico e profondamente simile al nostro) non c'è spazio per bontà e cattiveria, per giusto e sbagliato. 
Lontano da tutto e tutti, odiato da molti, costato pochissimo e girato con un'intelligenza e una premura che gente come Virzì o Genovese possono solo sognare, Italiano medio è la grande commedia del nostro tempo, un carnevale che racconta questa epoca di falsa crisi, prendendosi gioco di una società fasulla e distruttrice come forse solo il Sorrentino de La grande bellezza ha saputo fare. Godiamocelo, Maccio Capatonda! Anche perchè, non appena ritornerà Checco Zalone, tutti saranno di nuovo intenti a sorridersi e volersi bene.

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