venerdì 24 ottobre 2014

Guardiani della galassia [Recensione]

Il cinema di genere è un cinema di regole. Chi non lo ama soffre i codici cui un determinato genere può fare riferimento. Prendiamo i cinefumetti, o cinecomics che dir si voglia: quante volte avrete sentito qualche detrattore esclamare <<Li odio! E non sopporto certi cliché... e poi preferisco altri generi>>. Discorsi pigri pronunciati da gente pigra. Pigra e pronta a scadere nel paradossale: di fatti, fra il migliore cinefumetto e il migliore western o il migliore horror, non intercorrono differenze. A prescindere dall'epoca in cui possono essere stati realizzati, appartengono entrambi alla stessa, identica tipologia di film, e cioè quella nata da una negoziazione fra produttori, spettatori e discorsi sociali assortiti. E visto che le pellicole di genere esistono praticamente da quando esiste il cinema, sono sempre state e saranno sempre costrette all'instabilità, sospese fra luoghi comuni irrinunciabili e capacità di trasformazione, fra rassicuranti ripetizioni e innovazioni contenutistiche e formali: mirabile e completo esempio di tutto ciò (e di molto altro ancora) risulta essere Guardiani della galassia di James Gunn, decima pellicola del Marvel Cinematic Universe, in sala dal 22 ottobre.
Tagliare i ponti con le metodologie legate alla stragrande maggioranza dei cinefumetti può essere l'unica salvezza per pellicole di questo genere: se ne accorse, già due anni e mezzo fa, il signor Joss Whedon, "punta di diamante" dei cineasti legati alla Casa delle Idee e autore di The Avengers. Accostare all'epica la demenza e alle lacrime le risate, mostrare dei cattivi un po' più coglioni del solito (possible che sian tutti dei geni del male?), prendersi un po' meno sul serio (come ripeto perennemente, sempre di calzamaglie si tratta!), rammentarsi che questi film devono rivolgersi primariamente ad un pubblico di giovani, sono tutte scelte che hanno portato la Marvel ad ottenere la formula del cinecomic perfetto (senza offesa per il bravissimo Christopher Nolan): e oggi, grazie ai Guardiani della galassia, si può dire che quella formula abbia dato finalmente il suo frutto migliore. James Gunn, 44enne indipendente famoso principalmente per Tromeo And Juliet (ma, se avete modo, recuperate anche il più recente Super), è la persona a cui vanno quasi tutti i meriti: semplicemente, perchè questo film incanta. Incanta per come riesce a combinare gli elementi del classico film Marvel ad un'essenza innovativa, fresca, colorata e rivoluzionaria. Il quintetto protagonista si impone come il migliore gruppo super-eroistico di cui si possa conservare memoria: neanche i Vendicatori di Whedon, nel loro essere una squadra di primedonne interpretate da superstar del grande schermo, sono riusciti a raggiungere un livello di simpatia totale come i Guardiani. Bravissimi Chris Pratt e Zoe Saldana nei panni di Peter Quill e Gamora, anche se i veri inchini vanno al genio che ha regalato a Vin Diesel il ruolo della sua vita (cioè un albero che per tutto il film dice quattro parole) e ad un istrionico e inaspettato Bautista. Inoltre, Rocket Racoon potrebbe essere il primo procione digitale (doppiato da Bradley Cooper nell'originale) a meritare un Oscar come miglior attore non protagonista. Menzioni speciali anche per la colonna sonora (fra le tante, sono presenti hits di Bowie, Blue Suede, Jackson 5, Marvin Gaye, ma, soprattutto, la grandiosa Fooled Around And Feel In Love di Elvin Bishop), la fotografia di Ben Davis (aiutata da un 3D fluidissimo e di grande impatto) e l'inossidabile sceneggiatura di Gunn e Nicole Perlman.
Opera pop sfrenata e barocca, portatrice di un bagaglio di memorie cinematografiche che va da Star Trek fino a Footloose, Guardiani della galassia ha tutte le carte in regola per ingraziarsi almeno tre generazioni di spettatori: dai bimbi cresciuti a "pane&supereroi" fino ai genitori patiti di Guerre Stellari, passando pure per i nonni, memori di quella science fiction televisiva e cinematografica delle origini. Si ride, ci si esalta, si evade. Superfluo aggiungere che trovare un difetto a un film simile è un'impresa titanica. 

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