sabato 11 ottobre 2014

Fratelli unici [Recensione]

Il fatto che fra i film italiani disponibili nelle vicinanze io decida di andare a vedere quello meno spudoratamente cafone, già indica che ormai siamo davvero arrivati alla frutta: lo spettatore non sceglie più il bello o il brutto, il sufficiente o l'insufficiente, la dignità o la vergogna. Tocca affidarsi alla regola del meno peggio, alla logica dell'accontentarsi. Inutile nascondersi: quando le alternative sono le ultime "fatiche" registico-interpretative di Paolo Ruffini, far ricadere la scelta su una patinata commedia con la coppia Bova&Argentero equivale al preferire La montagna sacra a Mazzabubù, quante corna stan laggiù!, specie perchè, almeno io, a Ruffini preferisco l'ebola. 
E anzi che per i primi venti minuti quei due furbacchioni di Bova e Argentero, pur con qualche caduta di stile, sembrano quasi convincerci che Fratelli unici di Alessio Maria Federici (non so neanche chi è, ma meno male) non è l'ennesima commediola rozza creata al solo scopo di fare pubblicità all'ultima Fiat. Scrivo questo perchè Raoul Bova ha più volte, in passato, dimostrato di saper recitare, Argentero ha fatto lo stesso, anche se in misura più sporadica, mentre la "esordiente" Miriam Leone è talmente bella che gli sceneggiatori potevano farla semplicemente respirare, senza aggiungere battute e battutine insulse. La Crescentini non migliora di certo con l'età: era e rimane la madre di tutte le cagne. 
Comunque sia, è un film che esaurisce quelle due, tre idee discrete nel giro di mezz'ora. Per il resto, va avanti zoppicando, fra maldestri esempi di product-placement targato Eni, Falconeri e Bellini e personaggi talmente tanto piatti che, a confronto, le figurine Panini sono bassorilievi romanici. 

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