domenica 23 novembre 2014

The New Basement Tapes, "Lost On The River" [Suggestioni uditive]

The New Basement Tapes, 
Lost On The River 
(Electromagnetic Recordings/Harvest, 2014)

★★★½
















Capita a volte, nella storia del rock, che i grandi cantautori decidano di mettere da parte molte delle loro belle liriche e si limitino- se non a distruggerle -a sotterrarle nel proprio giardino di casa. Un giardino dove gli ospiti e gli amici passano e ripassano nel corso degli anni senza minimamente sospettare che il padrone di casa possa preservare, là sotto i loro piedi, segreti tanto frivoli quanto invidiabili.
Potrebbe essere la storia dei venti testi che Bob Dylan ha regalato all'amico musicista e produttore T Bone Burnett, che a sua volta non ha perso l'occasione di buttare giù altrettanti spunti musicali e di convocare, presso i mitici Capitol Studios, una bizzarra compagnia di artisti capitanata da Elvis Costello e composta da Rhiannon Giddens, Jim James, Taylor Goldsmith, Marcus Mumford e Jay Bellerose. Scelgono il nome collettivo di The New Basement Tapes, dal momento in cui le liriche risalgono  al 1967, anno del Dylan che ha annunciato di fresco il suo ritiro dall'attività concertistica (sarebbe tornato a fare concerti otto anni dopo), delle leggendarie sedute al Big Pink, dei Basement Tapes (da poche settimane disponibili in un definitivo, lussuoso e carissimo box di sei cd contenente un libro di 120 pagine e una schiera di quasi centoquaranta brani), della ricerca delle radici di quella mitologia popolare che è la musica tradizionale americana.
L'esperimento può dirsi riuscito, a differenza di quanto potrebbero far supporre le nette differenze stilistiche e geografiche presenti fra i membri del progetto, ma- da dylaniano d.o.c.g. -posso garantire che del menestrello di Duluth qua rimane assai poco, specie sul lato musicale. Lo si poteva percepire già in Nothing To It, il singolo uscito a fine agosto che sembra un ripescaggio di archivio dei Beatles di Sgt. Pepper's e che, no, non mi è piaciuto. Così come non mi sono piaciute alcune (poche) canzoni di Lost On The River, controbilanciate però da un buon numero di pezzi discreti e tavolta bellissimi. Perchè c'è poco da fare: quando ti ritrovi a scivolare dentro a brani cantanti da Rhiannon Giddens (Spanish Mary e Duncan&Jimmy), Goldsmith (Liberty Street) e Costello (Lost On The River #12), sai di essere immerso in qualcosa di comunque superiore alla media. E parrebbe davvero essere un mistero il modo in cui testi datati quali quelli di  Lost On The River trovano nuovo vigore grazie all'impagabile produzione di T Bone Burnett, che riesce a far andare d'accordo tutti offrendo un risultato finale omogeneo. Queste venti canzoni disseppellite dai libroni di liriche dylaniane suonano fluide, disponibili, intelligenti e curiose. Non ci sono dazi da pagare al pensiero unico della pop-music.
D'altronde, un roots-rocker stronzo e dylaniato come me non poteva non apprezzare un simile esperimento.

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