sabato 8 novembre 2014

The Marshall Tucker Band, "Live! Englishtown, NJ September 3, 1977" [Suggestioni uditive]

The Marshall Tucker Band,
Live! Englishtown, NJ September 3, 1977
(Ramblin'Records, 2014)
★★★★














Dopo gli Allman della Allman Brothers Band e i Van Zant dei Lynyrd Skynyrd, i fratelli Toy e Tony Caldwell del South Carolina hanno rappresentato, con la loro Marshall Tucker Band, il terzo complesso più prestigioso e importante della storia del southern rock. Buona parte del merito va alla straordinaria tecnica pickin' di Toy, che, accompagnato dalla sua Les Paul e dal suo inseparabile cappellone, ci ha regalato grandi pagine di musica; ma anche la voce morbida e country di Doug Gray e il flauto jazz di Jerry Eubanks hanno giocato un ruolo fondamentale nel plasmare e affermare un sound più soft di quello dei Lynyrd (con cui i fratelli Caldwell condividono, in maniera forse ancor più accentuata, gli ideali conservatori e la volontà di raccontare un sud fieramente ancorato al passato) e più orientato al country-western anche rispetto agli Allman della fase Dickey Betts (quelli di Brothers And Sisters, per intenderci). E così, ecco nascere una musica polverosa ma pure pulita, semplice nei testi ma profondamente innovativa e alternativa nella forma, in grado di richiamare alla mente attacchi degli indiani alle diligenze così come romantici, solitari bivacchi sotto le stelle. 
La capacità di sfornare dischi belli (se non bellissimi) della MTB non conosce ostacoli per almeno un quinquennio: dall'esordio omonimo, nel 1973, fino al già più discusso e "accomodato" Together Forever (1978), è difficile trovare un neo nell'attività in studio dei fratelli Caldwell, spesso intenti a scalare le posizioni più alte delle classifiche nazionali e ad organizzare- sempre supportati dalla leggendaria Capricorn Records -tour lunghi e imponenti. Ed è in questa epoca magica e irripetibile che va ad iscriversi il leggendario concerto tenuto al Raceway Park di Englishtwon il 3 settembre 1977, coi Marshall come headliners di una dodici ore che avrebbe visto succedersi sul palco, fra gli altri, i sudisti Sea Level, i New Riders Of The Purple Sage e i ben più noti Grateful Dead. Gli Allman sono momentaneamente sciolti, mentre la tragedia aerea del 20 ottobre in cui sarebbero periti tre quarti degli originali Lynyrd Skynyrd per ora è solo una minaccia invisibile che si staglia lontana all'orizzonte: per i Marshall è il momento di massimo splendore e popolarità. Il southern rock è forse al suo apice come genere, e questo paesino del New Jersey- che non arriva neanche a mille abitanti -si ritrova ad accogliere gli ultimi hippies della East Coast e orde di selvaggi cowboys venuti da sud per vedere trionfare la band dei fratelli Caldwell. Quale occasione migliore, per la MTB, di sfoderare i migliori pezzi tratti da quelli che la Storia avrebbe fatto risultare i loro capolavori assoluti? E se la lunga "jammatissima" Never Trust A Stranger non convince proprio a pieno, ci pensa la meravigliosa, potente Searchin'For A Rainbow ad aprire maestosamente questo bel live. Da questo momento in poi ci aspetta un'ora di canzoni fenomenali suonate con un estro e una capacità di improvvisazione insospettabili, specie se si pensa che le uniche testimonianze dal vivo della MTB sono iniziate a fioccare in tempi relativamente recenti (nel 2006 Doug Gray dette alle stampe il doppio Live On Long Island, contenente un concerto del 1980, fra gli ultimi registrati con Toy come frontman) e che la massiccia attività in studio dei nostri ha finito con l'adombrare quella concertistica. La fa da padrone il flauto di Eubanks in Heard It In A Love Song, mentre il pubblico esplode beatamente di fronte ai singoli di maggior successo dell'epoca, cioè la spedita Take The Highway e l'eterna Fire On The Mountain. Una delle sorprese maggiormente gradite è In My Own Way, un pezzo dei meno noti del catalogo MTB tratto dai solchi del doppio, graffiante Where We All Belong (1974), qui suonato con una mano (ma sarebbe più corretto dire con un pollice) divina da Toy Caldwell. Si va avanti di hit in hit, fino ad una chilometrica 24 Hours At Time, che coi suoi quattordici minuti risulta essere il brano più lungo del disco. La performance sembra finita, ma ecco che il flauto torna a risuonare qualche sparuta nota, modulando una bella introduzione a Can't You See, la Free Bird (o la Starway To Heaven) della MTB che non può che chiudere in maniera più degna un trionfo quale è Live! Englishtown
Senza ombra di dubbio ci troviamo di fronte alla migliore performance dal vivo della band del South Carolina, un mezzo capolavoro che aveva circolato in qualche bootleg di bassa lega (alcune tracce sono udibili anche su YouTube) e che ora trova finalmente una degna masterizzazione. Non potrà mancare nelle collezioni dei rocker sudisti più sfegatati, ovviamente, ma per chi non li conosce potrebbe essere- complice anche un prezzo abbordabile -il miglior mezzo con cui avvicinarsi ad una grandissima band, qua colta veramente all'apice della propria espressione artistica e professionale.

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