venerdì 17 gennaio 2014

[Recensione] The Counselor- Il procuratore

Per Cormac McCarthy l'umanità è essenzialmente malvagia. Ce lo ha sempre dimostrato, senza remore, in quasi tutti i suoi libri. Si dà il caso poi che una buona fetta delle sue opere abbia avuto delle trasposizioni buone (Child Of God di James Franco), ottime (The Road di John Hillcoat) e addirittura eccezionali (Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen): e forse è proprio per questi eccellenti esiti che l'autore premio Pulitzer de La strada (2007) si è convinto, ad ottant'anni suonati, a scrivere The Counselor, la sua prima sceneggiatura cinematografica. 
A mettere in scena la tragica e fredda (per quanto riscaldata dal rovente sole del confine fra Texas e Messico) storia di cinque pezzi di merda (tre uomini e due donne) ci pensa Ridley Scott, che dopo i recenti fasti di Prometheus (costato 130 milioni di dollari) e una sfilza di film mediocri collezionata negli ultimi anni (pensate anche solo ad Hannibal, Robin Hood, Un'ottima annata o Il genio della truffa) torna dietro alla sua macchina da presa con un thriller anomalo, crudo, difficile, grottesco e arricchito, nello script, dalle bellissime parole di McCarthy. E l'adattare a dei grandi attori (Fassbender e Bardem sono una certezza ormai, ma anche la Diaz si trova molto a suo agio nel ruolo dell'assatanata dark-lady) una bella sceneggiatura riesce molto bene. The Counselor è un film disturbante ma, soprattutto, cinico: non riesce ad avere pietà per nessuno dei suoi personaggi perchè nessuno di loro la merita. Sono tutti delinquenti "a loro modo", viaggiano in automobili di lusso per le baraccopoli di Juarez, portano i loro ghepardi domestici a cacciare conigli nel deserto, e hanno soltanto paura dei propri sentimenti. L'unico personaggio che all'apparenza potrebbe sembrare positivo è quello della Cruz, ma in realtà anche lei è complice, anche lei si trova a suo agio nel gioco sporco dell'innamorato- ma non per questo meno malvivente -Procuratore. La verità che Scott e McCarthy fanno venire a galla è che queste persone siano addirittura peggiori di quello che fanno e di ciò che dicono.
Sono passati ventidue anni da Thelma and Louise: il deserto texano c'è sempre, anche Brad Pitt (lanciato proprio in quel film e pagato, all'epoca, seimila dollari) ha ancora il suo cappello bianco da cowboy, ma è l'europeo Ridley Scott a vedere un America di confine meno rurale e romantica rispetto a  quella dove fece morire le sue splendide eroine vent'anni fa. Non è un paese per vecchi, e il sogno americano finisce col coincidere con quello del Procuratore: Dio, patria, amore, famiglia e sangue. Tanto sangue.

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