C'è bisogno di altro?
Per qualcuno può darsi, ma per me no. Non ho staccato gli occhi dallo schermo, neanche per un istante per vedere ogni fotogramma di Gravity, un film che incanta, ipnotizza, inquieta, meraviglia. Una pellicola che, per quanto mi riguarda, poteva anche non parlare di nulla: la trama è un inutile aggiuntivo, in questo caso. Conta l'immagine: non dimentichiamo che la qualità di un'opera cinematografica è relativa a come questa viene realizzata. Quindi, chi se ne frega dei dialoghi in Gravity? Chi si lamenta della recitazione della Bullock può consolarsi andando a scorrere la lista dei nomi delle attrici candidate al ruolo prima di lei (una quindicina di nomi molto noti ma meno coraggiosi). Chi si lamenta del fatto che tutto il film è interpretato da due soli attori, può continuare a guardare Armageddon, visto che- sfruttando un noto proverbio delle mie parti -"la biada unn'è pe'ciuchi!".
Scrivo questo perchè, in un mondo dove siamo bombardati da immagini che ci scivolano addosso senza lasciarci dentro niente, l'impatto "sensoriale" con un'opera come Gravity è a dir poco devastante: sembra di roteare insieme agli astronauti per minuti in quegli interminabili piani sequenza, siamo terrorizzati come loro dall'ignoto, da quell'abisso siderale dove il rischio di finire la propria esistenza è alto. E a ben poco servono i santini di americani, russi e cinesi in uno spazio dove di Dio e del Paradiso non sembra esserci traccia: per Cuaròn, l'uomo era concime per fiori sulla terra (I figli degli uomini, altro film incredibile), e lo è anche nello spazio.
Il regista messicano ci ha messo sette anni (colpa anche di produttori che non si fidavano a spendere ottanta milioni in un film che- fatta eccezione per gli ultimi quindici minuti -è l'antitesi del blockbuster), ma ha firmato il suo capolavoro, oltre ad averci regalato uno dei migliori space-movies di sempre (lo affiancherei più al superbo Moon di Jones che al Solaris di Tarkovskij, come hanno fatto alcuni). Poteva venire peggio? Poteva venire meglio? La risposta è sempre la stessa: ci provino i detrattori a fare di meglio con una sceneggiatura simile in mano e due soli attori. E se proprio riusciranno ad aggiungere qualcosa alla trama senza pensare a che effetto fanno le lacrime di un essere umano a gravità 0, allora non avranno capito che cos'è veramente il Cinema.
Il regista messicano ci ha messo sette anni (colpa anche di produttori che non si fidavano a spendere ottanta milioni in un film che- fatta eccezione per gli ultimi quindici minuti -è l'antitesi del blockbuster), ma ha firmato il suo capolavoro, oltre ad averci regalato uno dei migliori space-movies di sempre (lo affiancherei più al superbo Moon di Jones che al Solaris di Tarkovskij, come hanno fatto alcuni). Poteva venire peggio? Poteva venire meglio? La risposta è sempre la stessa: ci provino i detrattori a fare di meglio con una sceneggiatura simile in mano e due soli attori. E se proprio riusciranno ad aggiungere qualcosa alla trama senza pensare a che effetto fanno le lacrime di un essere umano a gravità 0, allora non avranno capito che cos'è veramente il Cinema.
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