I Cani
Glamour (42 Records, 2013)
★★
Quella che nel 2011 poteva essere in lizza come la più grande band italiana degli ultimi anni (oltre ad avvalorare, con mio sommo piacere, la teoria che l'indie è una grande cazzata) torna a far parlare di sè.
Fermi tutti.
Prima nota negativa: I Cani hanno fatto un nuovo album? Sì, non si sono fermati a Il sorprendente album d'esordio de I Cani (chi non l'ha sentito due anni fa si vergogni e corra a rimediare), un disco che aveva praticamente già tutto e che non bisognava nè dei quattro orrendi video prodotti dal leader Niccolò Contessa, nè di un tour promozionale (ho visto la data fiorentina nel febbraio 2012), nè di un seguito (anche perchè l'orribile EP I Cani non sono i Pinguini non sono I Cani poteva bastare e avanzare).
Seconda nota negativa: <<il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista>> cantava Caparezza, dieci anni fa, ne Il secondo secondo me. Aveva ragione, e quanti grandi fenomeni musicali sono caduti sotto questa regola! Il segreto sta nel mirare il più in basso possibile, ripetendo a se stessi <<Per il mio concept-album orchestrale c'è tempo... lo farò tra un paio d'anni, mentre conto le banconote da cinquecento a bordo della mia piscina a forma di chitarra!>>. E invece Contessa & co. con questo Glamour sbagliano tutto, puntano in alto e falliscono. Falliscono perchè credono di essere (in ordine sparso): Battiato, De Andre', i Baustelle, i Subsonica, i vincitori del festival fittizio il "Sanremo-che-non-c'è", Max Pezzali, Leopardi, Pasolini, Ellis.
Terza nota negativa: Glamour è un album costoso. Magari, non costoso come Chinese Democracy (13 milioni di dollari, per chi non lo sapesse) ma poco ci manca: prodotto da Fontanelli degli Offlaga Disco Pax- che avvalora la propria carriera dimostrandosi un pessimo produttore oltre che un mediocre musicista -per la 42 Records, "vanta" collaborazioni con Chris X (lo stesso di Roma Nord nell'esordio) e i Gazebo Penguins (che devono proprio a I Cani la loro notorietà, visto che prima di Asperger temo che se li filassero in pochi), oltre a presentare i consueti insostenibili minutaggi di suonini odiosi, sonorità lo-fi e banali, interminabili arrangiamenti realizzati con pesanti synth analogici invece che con Garage Band. Peccato però che I Cani funzionassero meglio ai tempi (due anni fa) di Garage Band. E peccato che, da scimmiottare Le Luci Della Centrale Elettrica, siano diventati esattamente uguali a Vasco Brondi ed eventuali epigoni.
Ascoltate pure Glamour.
Salvate Introduzione, Storia di un artista e Lexotan, ma poi andate oltre, abbracciando- che so -i Cinderella o i Death e pensando che I Cani non sono la peggiore indie band italiana in circolazione.
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