Anche i bambini sanno che i Motörhead sono una delle più grandi formazioni musicali di tutti i tempi, attivi dal 1975 e da sempre ligi al dovere, fra pubblicazioni di album e lunghi tour che li portano a giro per il mondo ogni anno. Gente come Lemmy Kilmister- genitore ideale mio e di molti altri appassionati -non ha il tempo di scrivere autobiografie, di domandarsi come fa ad essere ancora viva, di dedicarsi a tavole rotonde sul futuro della musica alternativa nell'Occidente. Non ne ha il tempo perchè gli basta avere i suoi due pacchetti di sigarette al giorno, la sua bottiglia di Jack sempre con sè e qualche lattina di Coca con cui mischiare il bourbon la mattina a colazione per suonare il basso e cantare col viso rivolto verso l'alto. Non ha tempo da perdere con gente che si scervella mesi per scegliere la copertina di un album "di ricerca" inciso nell'arco di tre, cinque anni e contenente lo spettro dei sentimenti provati da ogni singolo componente della band. Perchè ai Motörhead non gliene può fregare di meno delle poesie, della pace, dell'evoluzione sonora di un gruppo, della musica di merda, del crossover, di "incontrare l'elettronica", del Coachella e di tante cose superflue.
Loro lo ripetono da quasi quarant'anni: montano su un palco, si presentano e suonano il rock&roll. Forse non lo sanno più neanche loro perchè lo fanno- visto che di fama, di donne e di droghe ne hanno avute più di tutti -ma lo fanno bene come nessun altro.
Suonano musica che è sempre la stessa.
Pubblicano dischi che sono tutti uguali.
E sono tutti belli (o brutti, dipende) allo stesso modo.
E per quanto riconosca che nella fase pre-Inferno (cioè prima della collaborazione col produttore Cameron Webb avviatasi nel 2004 e tuttora in corso) la band aveva perso parecchio "smalto", questo ventunesimo (!!!) album in studio intitolato Aftershock e recante una delle più brutte copertine della storia del gruppo è perfetto. Non è un capolavoro, ma nessuno ha chiesto ai Motörhead di fare un capolavoro. Loro il capolavoro lo fanno giorno per giorno, rimanendo insieme, continuando a suonare duro come hanno sempre fatto e come continueranno a fare fin quando Dio (o chi per lui) non scenderà dall'alto dei cieli e dovrà sfidare Lemmy Kilmister personalmente.
E non saprei chi dei due potrà uscirne vincitore.
Ma che cazzo dico? E' ovvio: Lemmy!
Loro lo ripetono da quasi quarant'anni: montano su un palco, si presentano e suonano il rock&roll. Forse non lo sanno più neanche loro perchè lo fanno- visto che di fama, di donne e di droghe ne hanno avute più di tutti -ma lo fanno bene come nessun altro.
Suonano musica che è sempre la stessa.
Pubblicano dischi che sono tutti uguali.
E sono tutti belli (o brutti, dipende) allo stesso modo.
E per quanto riconosca che nella fase pre-Inferno (cioè prima della collaborazione col produttore Cameron Webb avviatasi nel 2004 e tuttora in corso) la band aveva perso parecchio "smalto", questo ventunesimo (!!!) album in studio intitolato Aftershock e recante una delle più brutte copertine della storia del gruppo è perfetto. Non è un capolavoro, ma nessuno ha chiesto ai Motörhead di fare un capolavoro. Loro il capolavoro lo fanno giorno per giorno, rimanendo insieme, continuando a suonare duro come hanno sempre fatto e come continueranno a fare fin quando Dio (o chi per lui) non scenderà dall'alto dei cieli e dovrà sfidare Lemmy Kilmister personalmente.
E non saprei chi dei due potrà uscirne vincitore.
Ma che cazzo dico? E' ovvio: Lemmy!
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