sabato 26 dicembre 2015

Vacanze ai Caraibi- Il film di Natale [Recensione]

Capita spesso che il cinema italiano sembri un unico, lunghissimo film. Questione di casting, di fotografia, di sceneggiatura, di dettagli. Ad esempio accadeva, ai tempi di Christmas in Love (2004), che Massimo Boldi, neodivorziato in vacanza a Gstaad, dovesse incontrare un coetaneo Danny De Vito fidanzato con sua figlia. Appena un anno dopo, in Natale a Miami, Christian De Sica subiva mostruose avances dalla figlia del suo migliore amico Massimo Ghini. Ruoli e attori che si ripresentano incessantemente sempre uguali: Colombo e Proietti, Milano e Roma, destra e sinistra, x e y. E così, nel nuovo Vacanze ai Caraibi (se si può definire "Caraibi" Santo Domingo, discarica tropical-italiota in cui il film è ambientato), un neo-povero De Sica viene scortato dalla neo-povera moglie Angela Finocchiaro a conoscere il neo-genero Massimo Ghini, loro coetaneo. A margine ci sono due storielle: quella di Dario Bandiera, attore bravissimo quando si tratta di farsi compatire anche dal pubblico più becero e ignorante, e quella, meravigliosa, di Luca Argentero e Ilaria Spada, antipodici in tutto ma uniti nella passione erotica.
Premesso che la merda è merda, non potevo non vedere Vacanze ai Caraibi per lo stesso motivo per cui da dodici anni vado ogni Natale a vedere il Cinepanettone più spudorato e volgare presente in sala. Ci sono critici che scrivono che "stavolta Neri Parenti ha tradito tutte quelle piccole regole del cinepanettone", ma non date loro ascolto: la verità è che questi film non vuole più produrli manco la Filmauro, ma Neri Parenti quattro scemi da mettere davanti a una cinepresa da due lire li trova sempre. E allo stesso modo trova gli sponsor, la casa di produzione e perfino i tecnici che lo seguono sul set. C'era addirittura chi diceva che il Cinepanettone era finito, morto, kaputt. Ma si sbagliava eccome.
L'idiozia dei dialoghi è a livelli stellari. La sceneggiatura fa sparire e riapparire personaggi come si fosse in un gioco di prestigio. La messinscena è talmente sciatta che a confronto qualsiasi puntata de I ragazzi della 3° C sembra girata da Woody Allen.
Per concludere, è difficile parlare di Vacanze ai Caraibi, perchè ti mette alle strette e con ogni probabilità è il film brutto più bello uscito nelle sale in queste feste. Non ha fine quella stessa, solita galleria di personaggi che condividono, continuamente e pellicola dopo pellicola, lo stesso mestiere e a volte perfino lo stesso nome. Cornuti e mazziati, travestiti o pluridivorziati. L'attrazione morbosa e malata per i cellulari e i televisori di ogni epoca e generazione. La totale latenza di una qualche morale che esuli da luoghi comuni, pensieri comuni, persone comuni. E poi l'ossessione del maggiordomo, del filippino al centro di risate, insofferenze, scenette, batuttine, barzellette. Tutti dettagli che vagano, subdolamente o palesemente, da un filmaccio all'altro. E che continueranno a farlo fino alla fine dei tempi.
Da anni lo sappiamo e da anni ci scandalizziamo se incassa più del blockbuster americano di turno (quest'anno, Star Wars VII), ma il Cinepanettone è un ipertesto che si prende, praticamente ogni dodici mesi, ogni rischio di sceneggiature messe a scongelare e macchiette fisse.

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