lunedì 28 ottobre 2013

La vendetta è un piatto che va servito freddo: dieci anni di "Kill Bill" [Ombre elettriche]




Secondo voi, quanti film di "cappa e spada", kung-fu e chambara esistevano nelle videoteche prima del 2003? Vi rispondo subito: centinaia. Alcuni- specie nel vecchio continente-in VHS che iniziavano a scolorirsi distribuite da Avofilm, altri in primordiali DVD privi di contenuti extra e con qualità audio-video pessime. E quanti se ne potevano trovare meno di un anno dopo? Migliaia, dappertutto e in quantità industriale. Il motivo di tale incremento in una fascia del mercato home video solitamente ritenuta di serie B poteva dipendere soltanto da un film: Kill Bill vol. 1, uscito proprio nel lontano autunno 2003. La cosa che mi divertì di più all'epoca fu notare come al Mercatone Uno che sorge a dieci minuti da casa mia, nei pressi dell'Autopalio, film come Cinque dita di violenza o Il teppista fossero passati dal cesto delle offerte a cifre astronomiche. Fu allora che, reduce dalla celestiale visione del primo Kill Bill, mi resi conto per la prima volta che Tarantino non aveva seguito una moda, ma l'aveva creata.
Altra domanda: secondo voi, quanti negozi di scarpe tenevano le Asics/Onitsuka Tiger modello "Mexico 66" prima del 2003? Pochi, e in quei pochi neanche le chiamavano con l'antico nome di Onitsuka Tiger, nè tantomeno venivano richieste nella colorazione gialla e nera. E sapete perchè? Perchè prima di Kill Bill quel modello con quei colori era ritenuto assurdo, superato e troppo "da femmine".
La cosa incredibile è che le Onitsuka Tiger, i film cinesi di kung fu, i film giapponesi di "cappa e spada", le colonne sonore di Ennio Morricone e di Charles Bernstein esistevano già da prima. E io, pur avendo già recuperato i capolavori di gente come Tsui-Hark o John Woo, recepii questo film come un qualcosa di realmente nuovo e rivoluzionario. E la novità e il coraggio di scommettere su un progetto come Kill Bill non risiedevano, all'epoca, tanto nella storia della bellona che va in cerca di vendetta (non era una novità, come insegna Lady Snowblood di Toshiya, datato 1973), quanto nel modo in cui questa storia è raccontata, in questo alternarsi di stili, colori, tecniche e musiche. La fusione di generi (dal chambara giapponese al wuxia cinese, dallo spaghetto-western al revenge-movie, dall'anime al videoclip) è scandita da un montaggio sconnesso, con blocchi temporali montati quasi come in Pulp Fiction, e sembra quasi portare il film- ironicamente -all'assenza del genere.
Mi sarebbe sempre interessato vedere il montaggio che Tarantino presentò a Cannes e che doveva essere pubblicato in DVD nel 2009 col sottotitolo di The Whole Bloody Affair: a parte l'ultima scena del primo volume, l'introduzione in bianco e nero del secondo e l'omissione del proverbio Klingon con cui si apre la storia (rimpiazzato però da una dedica a Kinji Fukusaku, grande maestro del cinema giapponese scomparso proprio nel 2003), la versione di oltre quattro è quella che, dal punto di vista del regista, doveva andare in sala. Diffidate dei rincoglioniti che starnazzano <<Il volume 1 è meglio del volume 2!>>, oppure <<Nel volume 1 ci si diverte, nel volume 2 ci si annoia!>>. Come già ripetevo ad un corso di cinema tenuto all'autogestione scolastica nel 2006 dove proiettai entrambi i volumi (in videocassetta), il film è uno e uno solo: la suddivisione in due parti equivale a quella che fu riservata dai produttori anche a Novecento, e non si tratta di due film separati; piuttosto, mi è sempre piaciuto parlare di "primo tempo" e "secondo tempo". Il "primo tempo" è un lungo galoppo, ricco di sangue, azione e omaggi assortiti al cinema orientale; in compenso, nel "secondo tempo", il ritmo si abbassa vertiginosamente, i personaggi diventano ancora più approfonditi (in Kill Bill vol. 2 non c'è una comparsa che non svolga un ruolo utile ai fini della storia e che non rimanga impressa nel cervello dello spettatore) e la storia si conclude con un quadretto da dramma familiare americano, dove l'odio, la vendetta e la violenza vanno ad estinguersi del tutto. E il finale è romantico e insieme straziante, perchè si scopre che, alla fine dei conti, la vendetta vince su tutto, anche sull'amore, e che Bill ha avuto ragione per quattro ore di film: la Sposa è cattiva. Simili contenuti non si ritrovano in nessun altro film di vendetta, specie in quelli degli ultimi vent'anni (prendiamo il terrificante Io vi troverò), dove al reazionario muscoloso rapiscono la figliola e lui deve dimostrare che una vendetta intesa come mera apologia della giustizia privata è quanto di più giusto l'essere umano possa perseguire. Invece Kill Bill non assomiglia a nulla di tutto ciò, e fa capire già dopo un quarto d'ora dall'inizio (l'uccisione di Vivica A. Fox di fronte alla piccola Niki) che la vendetta avrà un prezzo altissimo da pagare: e questo messaggio finale viene ripetuto fino alla fine. La stessa B.B. potrebbe avere voglia, un giorno, di ammazzare la Sposa, rea di averle ucciso il padre con cui era cresciuta fino a quel momento.
Così, se Tarantino è andato avanti perfezionando ulteriormente il perfezionabile (fra i Bastardi e Django) e continuando a dimostrarsi del tutto incapace di girare un film brutto, Kill Bill rimane- anche a dieci anni dall'uscita del "primo tempo" -il suo film più ricco, personale e completo. Nonchè, uno dei miei film da portare sulla famosa "isola deserta": quindi, se non lo avete visto, salutatemi ugualmente, ma evitate di parlare di Cinema.


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