sabato 11 giugno 2016

Maledetta primavera [Suggestioni uditive]

PRIMA CONSIDERAZIONE: 
Io e la classifica FIMI.

Mi è capitato di leggere una classifica FIMI aggiornata al 26 maggio e con enorme sconforto (si fa per dire!) ho realizzato che degli artisti occupanti le prime dieci posizioni ne conoscevo cinque, e solo uno (Zucchero) fra quelli della top five. Va bene sentirsi un po' outsider, ma questo davvero mi pare eccessivo. L'unica musica in cima alla classifica che conosco perchè ho deciso di andarmela a sentire (e dunque non perchè mi sono ritrovato di fronte il canale RTL 102.5 a tutto volume in qualche pizzeria o una radio accesa in macchina o dal parrucchiere) è quella delle Canzoni della cupa di Capossela. Non ho idea di chi sia tale Alessio Bernabei, occupante la decima posizione con un disco dall'originale titolo Noi siamo infinito, nè ho mai sentito parlare di Ariana Grande (new-entry e già al primo posto con l'anglofilo Dangerous Woman) o di Elodie (sarà un uomo, una donna o un gruppo?). Conosco un paio di Annalise, ma credo che nessuna di loro sia quarta nella classifica FIMI con l'album Se avessi un cuore. Meno male che ci pensa J-Ax col suo J-Ax & Friends a darmi fiducia e a ricordarmi che quasi tutti i dischi con la dicitura "& Friends" nel titolo sono orribili. Anche Renato Zero è una certezza: durante la promozione dedicata alla sua ultima fatica, Alt (scesa al nono posto dopo sette settimane di permanenza), si è dilungato sui consueti, banali ricordi di infanzia borghese in una Roma che non esiste più e sul fatto che, in un mondo allo sfascio e in una società lontana da quella dei suoi sogni (che sia una società imperiale?), <<la tv è importante perchè trasmette i valori>>. Comunque, a chi si lamenta del fatto che la musica nostrana trovi difficilmente spazio a livello di vendite fisiche dovremmo far notare che non c'è un artista straniero nelle prime dieci posizioni della classifica FIMI. Il fatto poi che quattro dei dieci titoli presenti siano in lingua inglese è un'altra storia. O magari no.
Dispiace vedersi inabissare l'ultimo, ottimo lavoro di Niccolò Fabi (Una somma di piccole cose) alla ventesima posizione, mentre Astronave Max New Mission del Massimo Pezzali Nazionale merita l'oblio come tutto ciò che quest'uomo ha prodotto. Esordisce bene Clapton: il suo I Still Do sarà un disco di maniera che non si prende alcun rischio, ma partire dodicesimo senza mai essere comparso in un salotto di Maria de Filippi gli fa onore. Anche Dylan si conquista uno spazio difficile e- vista la materia trattata in Fallen Angels e a prescindere che a me questa sua recente "fase" stia piacendo poco -raro: uno spiraglio impossibile fra il già citato Max Pezzali (che in comune con Dylan ha solo la scarsa capacità di manovrare motociclette) e Le cose che non ho di Marco Mengoni. (Dunque, cosa non ha Mengoni? Non ha di essere come quel Bob Dylan che lo ha fatto calare ancora nella classifica FIMI. Ma poi questo Dylan non era morto 35 anni fa? Ne parlo, un po', nella terza considerazione).


SECONDA CONSIDERAZIONE:
Perchè i Radiohead sì e i Grateful Dead no?
Ovvero sull'assenza di recensioni di Day Of The Dead negli appositi canali di riferimento.

Fatta salva una nicchia di giovani intenditori dalle idee molto aperte, il banco della indipendenza non è che regali gioie. Forse non ne ha mai regalate, forse è stata tutta una montatura, solida e resistente almeno fino all'esplosione della crisi, quando questi figli di papà con la puzza sotto il naso e la tessera di SEL nel taschino dovettero disdire l'abbonamento al New Musical Express e gettare la maschera. Ancora oggi, finchè si parla di indie, va tutto bene, ma guai ad argomentare in favore dell'ultimo album di Santana- lavoro nettamente sopra la media del messicano -o dello splendido 2 dei Mudcrutch. Ti guardano, anzi ti squadrano delusi. L'idea poi che la crème del loro genere prediletto si sia recentemente radunata attorno ai The National e abbia tributato il quintuplo omaggio ai Grateful Dead Day Of The Dead è riuscita indigesta a molti e l'assenza di una recensione sui canali del settore (in primis, sulla webzine Indie For Bunnies) ne è la riprova. Tutto questo, francamente, mi sorprende molto. E' normale che Tv Sorrisi e Canzoni- culla storica di una critica anti-intellettuale, pro-talent e pro-canzonetta -non dedichi manco mezza riga a quello che negli USA è stato salutato come un vero e proprio evento culturale; ed è altrettanto normale che io, fra gli interpreti delle cinquantanove canzoni dei Dead selezionate, ne conosca sì e no una dozzina. E il risultato non è tutto bello. E questi dischi invece di cinque potevano essere tre, forse due. Però si parla sempre di un gigantesco atto d'amore in nome dell'arte Musica, attuato per giunta da una sfilza di guru e paraguru dell'indie movement. Dove sono dunque tutti quei falsi miopi che intravedevo fra i banchi e sottobanchi universitari? Day Of The Dead è (sarebbe) principalmente per loro, seriosi come pochi, con una spocchia che nemmeno Karl Lagerfeld. Le comparazioni- materia per cui vanno matti -non sono obbligatorie. La scarsa conoscenza dei Grateful Dead in Italia e in Europa investe, per molteplici motivi, perfino gli appassionati di rock più "semplici" e ruspanti; figuriamoci dunque se è il caso di vergognarsi. O forse chiedere uno sforzo a questi segaioli sempre pronti a sanzionare, nei loro articoli, i generi più popolari è semplicemente troppo?


TERZA CONSIDERAZIONE:
NME giornale di merda!
Ovvero io e la classifica dei 50 migliori album dal vivo stilata dal più autorevole settimanale di musica britannico.

La prima volta che andai nella Terra di Albione, oltre a prendere d'assalto diversi negozi di dischi, spesi parecchie sterline per reperire tutte quelle riviste di musica che il mondo invidiava (e invidia ancora) agli inglesi, e con mio sommo stupore realizzai che spesso si trattava di autentiche ciofeche modaiole contenenti chili di pubblicità come le nostrane Rolling Stone (ma Rolling Stone è ormai un magazine ricolmo di marchette e sputtanamenti a livello internazionale) e XL, articoli semplicistici e recensioni sbrigative. Mi colpì Mojo, che costava un botto di soldi senza poi vantare neanche questo fior fiore di articolisti e servizi, mentre ricordo molto ben fatta Kerrang!; ma la delusione maggiore me la riservò il più autorevole settimanale di musica del Regno Unito, ossia il New Musical Express, un'istituzione seconda solo alla Regina Elisabetta. Per essere sintetici: se Alfonso Signorini dirigesse una rivista di musica, il risultato sarebbe il NME.
Oggi quell'odiosa rivista- a cui tanti, pagando cifre vergognose, si abbonano anche nel nostro paese -mi ritorna sullo stomaco con una abominevole lista dei 50 migliori album dal vivo. Questa, per dirne una vede sul gradino più alto l'Unplugged dei Nirvana. Un capolavoro, per carità, ma davvero possiamo parlarne come di un album da prima posizione? Di solito, l'agognato primo posto va ad opere in grado di riassumere al loro interno e al meglio tutte le caratteristiche della propria specie. E, in questo senso, l'Unplugged dei Nirvana (indubbiamente l'Unplugged più bello di sempre) non mi sembra assolutamente indicato.
Al secondo posto, Live Rust di Neil Young. Bellissimo, ma vogliamo metterlo- anche solo su un piano di importanza storica e culturale -con un Live/Dead o con At Fillmore East? E, soprattutto, può davvero Live Rust starsene davanti a Live At Leeds degli Who, che a sua volta si trova dietro i Radiohead. Vabbè che il NME ha un contratto segreto coi Radiohead secondo cui ,anche quando i Radiohead non lavorano, la rivista deve comunque dedicare articoli di analisi sulle loro opere.
E Jazy-Z in settima posizione? Ma se l'Unplugged di Jay-Z è davvero il settimo dei 50 dischi dal vivo più belli di sempre, io mi sa che ho speso male i soldi e la vita finora.
E Alive! dei Kiss, paradossalmente decimo? La serie Alive! dei Kiss (una serie che in quarant'anni ha partorito anche film, documentari, ecc.) è quanto di più scadente abbia prodotto il glam-rock. Lo sapevano i fans e lo sapevano i critici. Anche per questo tutti salutarono l'Unplugged degli anni Novanta come un mezzo, sorprendente capolavoro: perchè riusciva a restituire al repertorio della band quella dignità che le incisioni di caotiche e coreografiche esibizioni da stadio non erano riusciti a rispettare.
E poi nemmeno un disco delle più grandi live band della storia. Niente Grateful Dead, niente Allman, niente Little Feat. Niente album dal vivo "minori". Che ne so? Live at Palomino di Jerry Lee Lewis, Rock Of Ages della Band, Stop Making Sense dei Talking Head, ecc. Se non è questa l'ignoranza, allora cos'è?
Comunque, ecco i miei:
1- The Who, Live at Leeds (1970)
2- The Allman Brothers Band, At Fillmore East (1971)
3- Bob Seger & The Silver Bullet Band, Live Bullet (1976)
4- Lou Reed, Rock&Roll Animal (1974)
5- Grateful Dead, Live/Dead (1969)
6- Little Feat, Waiting For Columbus (1978)
7- Deep Purple, Made In Japan (1972)
8- Nirvana, Unplugged (1994)
9- Gov't Mule, Live... With A Little Help From Our Friends (1999)
10- Widespread Panic, Light Fuse, Get Away (1998)
11- Townes Van Zandt, Live at the Old Quartier, Houston, Texas (1977)
12- Phish, A Live One (1995)
13- Iron Maiden, Live After Death (1985)
14- Stevie Ray Vaughan, Live at Carnegie Hall (1997)
15- Bob Marley, Babylon By Bus (1978)
16- Eric Clapton, E.C. Was Here (1975)
17- MC5, Kick Out The Jams (1969)
18- The Rolling Stones, Brussels Affair (Live 1973) (2011)
19- Jimmy Page & The Black Crowes, Live at Greek (2000)
20- Bob Dylan, The Bootleg Series Vol.5- The Rolling Thunder Revue (2005)
21- Joni Mitchell, Shadows And Light (1980)
22- David Johansen,  Live It Up (1982)
23- Neil Young, Live Rust (1979)
24- Willie Nile, Live from the Streets of NY (2008)
25- Joe Ely, LIVE Chicago 1987 (2009)
26- Francesco Guccini e i Nomadi, Album concerto (1979)
27- The Marshall Tucker Band, Way Out West! Live In San Francisco 1973 (2010)
28- Pearl Jam, Live at the Gorge 05/06 (2006)
29- Dream Theater, Live at Budokan (2004)
30- Lynyrd Skynyrd, One From The Road (1976)
31- Wilco, Kicking Television: Live In Chicago (2005)
32- Guns N'Roses, Live Era 87-93 (1999)
33- Lucinda Williams, Live @ The Fillmore (2005)
34- Rod Stewart, Unplugged... and Seated (1993)
35- Jimi Hendrix, Live at Winterland (1987)
36- Joe Cocker, Mad Dogs & Enghlishmen (1970)
37- Led Zeppelin, The Song Remains The Same (1976)
38- Southside Johnny, Reach Up and The Touch The Sky (1981)
39- Leonard Cohen, Live In Dublin (2014)
40- Kiss, Unplugged (1996)
41- Van Morrison, It's Too Late To Stop Now (1974)
42- The Doors, Absolutely Live (1970)
43- Peter Green, Soho Session (1999)
44- The Runaways, Live in Japan (1977)
45- The Band, The Last Waltz (1978)
46- Eric Clapton & Steve Winewood, Live from Madison Square Garden (2009)
47- Muddy Waters, Muddy "Mississippi" Waters Live (1979)
48- Cheap Trick, At Budokan (1979)
49- Ten Years After, Undead (1968)
50- Chuck Berry, Hail! Hail! Rock'n'Roll (1987)


QUARTA CONSIDERAZIONE:
Manuel Agnelli.

Manuel Agnelli mi ha sempre fatto ridere. 
Essendo nato nel 1989, mi sono evitato tutta la fase Hai paura del buio? e quando ho iniziato ad ascoltare musica, da adolescente, la rivoluzione mancata degli Afterhours era già stata ampiamente dimenticata. Tentarono un colpo di coda attorno al 2008, fomentati e foraggiati dal gruppo editoriale L'Espresso, che spese i suoi migliori articolisti per salutare- su tre diverse testate -I milanesi ammazzano il sabato come un capolavoro che avrebbe sancito per sempre la scissione fra musica indipendente e musica non-indipendente. Conservo ancora quel numero e del panorama pronosticato da Agnelli nulla si è avverato.
Così, dopo Padania (2012), Manuel "Morticio" Agnelli avrà pensato bene di ritirarsi a vita privata per un po' e tornare ora, strombazzando la notizia della sua partecipazione come giudice a X-Factor.
Ho letto la sua intervista a La Stampa un paio di giorni fa (<<Cambio vita. Ora voglio essere felice>>) ed esplodo in una risata fragorosissima. Su un commento online all'articolo leggo di una teoria secondo la quale Agnelli, in collaborazione con il patron della Mescal, ha costruito la sua carriera comprando copertine sul Mucchio. Esco. Vado all'edicola e chi ti trovo sulla copertina del Mucchio di giugno? Manuel Agnelli. Esplodo di nuovo.
Anche in radio parlano della sua partecipazione a X-Factor. <<Sarà il nuovo Morgan e tenterà di puntare tutto sulla qualità?>>. Ma speriamo di no, penso. Vista la finuccia che Morgan, volente o meno, ha fatto sul piano televisivo, io non ambirei mai a raccoglierne l'eredità ideologica.
Dopo un paio di patetiche telefonate, passano vecchie canzoni degli Afterhours. Tre o quattro mi piacciono pure, però... E pensare che un paio di anni fa ci siam dovuti sorbire i festeggiamenti del ventennale di Hai paura del buio?, con l'album intero rifatto dai colleghi e messo in vendita a più di quindici euro. Nemmeno fosse Blonde On Blonde, cazzo!
Fioccano altre domande, del tipo <<Ma come ci starà l'Agnelli uomo in un talent-show?>>. Secondo me, benissimo. Il talento è quello di uno emerso da un reality (a proposito, io dico che all'Isola stanno già a sfregarsi le mani), uno che somiglia al cocchiere di Dracula e che per presunzione è secondo solo al nostro Presidente del Consiglio e va in pari con Vasco (Brondi). Dice che il cantautorato ha fatto danni irreparabili alla musica italiana. Se i danni si chiamano Fabrizio de Andre', Sergio Endrigo, Piero Ciampi, Francesco De Gregori (e il di lui fratello Luigi Grechi), Claudio Lolli, Enzo Jannacci, Mimmo Locasciulli, Francesco Guccini, Paolo Conte (e il di luo fratello Giorgio), Luigi Tenco, Vasco Rossi, Gianfranco Manfredi, Domenico Modugno, Lucio Dalla, Gino Paoli, Rino Gaetano, Franco Battiato, Ivano Fossati, Bruno Lauzi, Lucio Battisti, Eugenio Finardi o Giorgio Gaber, ben vengano i danni.
Perciò, solo un popolo con la cultura musicale da quinto mondo (il terzo di mondi ha una cultura musicale ividiabile) può perseverare nel chiedersi se Manuel Agnelli "grande artista depressoide e nemico del potere" si troverà bene nella giuria di X-Factor. In fondo, X-Factor lo hanno inventato proprio per quelli come lui.


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