sabato 18 giugno 2016

Jerry Garcia, "Garcia Live Volume Six" [Suggestioni uditive]

Jerry Garcia,
Garcia Live Volume Six
(ATO Records, 3 Cd, 2016)














Jerry Garcia e Merl Saunders: due facce di una stessa medaglia. Due mondi musicali, due concezioni del rock, due filosofie diverse che si intrecciano più volte nell'arco di oltre venticinque anni. La chitarra di Garcia fiorisce nella San Francisco psichedelica, quella della Summer of Love, mentre l'organo di Saunders passa da una parrocchia di provincia californiana ai palchi dei teatrini off e viceversa. Dopo alcune collaborazioni in studio e il celebre Live at Keystone uscito per la Fantasy nel 1973, il breve esperimento della Saunders/Garcia Band è solo un modo veloce di sperimentare, ma il gruppo con cui sfogare l'energia sfrenata delle contaminazioni si rivelerà quello dei Legion Of Mary, attivi fra il 1974 e il 1975 e coordinati, appunto, sia dal tastierista di colore che dal chitarrista dei Grateful Dead. Non c'è alcun album in progetto, solo concerti. Ne terranno una sessantina in nove mesi, e alcuni fra questi passeranno alla storia, per poi venire recuperati negli anni Duemila in varie raccolte (la migliore resta il terzo volume della serie Garcia Live, uscito tre anni fa). Insieme, tornano a colpire a fine anni Ottanta, dopo che Garcia si è lasciato alle spalle l'attacco di diabete che lo ha quasi ucciso nell'estate del 1986. Saunders è tornato da un viaggio in Amazzonia e decide di incidere un disco di world music da pubblicare con la propria etichetta, la Summertone Records. Blues From The Rainforest (1990), che vede proprio Jerry Garcia alla chitarra, si rivelerà uno dei suoi più grandi successi.
Garcia muore cinque anni dopo, poco più che cinquantenne, stracarico di vissuto e di vizi, più grande perfino della propria leggenda. Saunders gli sopravvive di parecchio, ma rimane semiparalizzato nel 2002 e muore nel 2008. Negli anni, escono numerosi dischi più o meno ufficiali che indagano sulla collaborazione concertistica fra i due musicisti, ma il sesto volume della Garcia Live, nei negozi in questi giorni e contenente un intero concerto tenuto al Lion's Share di San Anselmo il 5 luglio 1973 fa davvero il punto della situazione. Gli immancabili John Kahn e Bill Vitt alla sezione ritmica aprono la serata lasciando che l'Hammond B3 di Saunders e la Gibson di Garcia entrino adagio per una indimenticabile After Midnight. Dopo più di otto minuti, in una specie di pausa di questa cover dal ritmo infuocato, la chitarra trova tregua, il volume dell'organo si abbassa e la voce di Garcia, timida ma confortante, inizia a cantare <<After Midnight/ We Gonna Let It All Hang Out...>>. La stessa voce che subito dopo, sostenuta dal clavichord di Saunders, si avventura in una tenebrosa Someday Baby di Lightnin'Hopkins. L'autonomia da session musician di Saunders non tarda a coinvolgere il barbuto chitarrista in quelle cascate di note a cui i Grateful Dead avevano ormai ampiamente abituato il pubblico americano dei primi anni Settanta: è proprio l'epico blues psichedelico She's Got Charisma a portare la firma dell'organista, che fa riecheggiare le pareti del Lion's Share degli umori di un Al Kooper fine anni Sessanta (quello del dopo-Dylan, del Fillmore e della collaborazione con Bloomfield e Stills). E' il retroterra ideale per i mostruosi assoli di chitarra di Jerry, che su questa strada conduce il pezzo molto lontano, fino a legarlo a That's Alright, Mama, ancora distante dal fango del Delta ma con le stesse pulsioni che animavano l'originale incisa da Arthur Crudup a Chicago nel 1946. E' noto che Garcia aveva amato e lungamente meditato l'opera dei maestri cantori del Mississippi, ma aveva comunque deciso di non prendere parte personalmente al blues revival messo su da formazioni e artisti a lui contemporanei. Molto di rado- e quasi mai coi Dead -Garcia ha suonato così tanto blues come nei due set di questo 5 luglio 1973.
Concludono il first set The System di Saunders, che suona come una magnifica marcia in una onirica giungla metropolitana, e la cover di The Night They Drove Old Dixie Down della Band. Questo pezzo sarebbe divenuto uno standard per i concerti dei Legion Of Mary, e non solo: in momenti storici e artistici diversi, sarebbe entrato nella scaletta sia della Jerry Garcia Band che degli stessi Grateful Dead. Un omaggio che andrebbe appaiato alla Broken Arrow voluta da Phil Lesh, suonata a partire dal 1991 negli ultimi tour dei Dead e infine confluita in Road Trips Vol. 2. Ulteriori testimonianze dell'ammirazione nutrita verso la Band, il cui stile aveva influenzato pesantemente le registrazioni di Workingman's Dead e American Beauty e di tutta un'intera fase della musica americana.
La seconda parte della serata vede inizialmente Garcia e Saunders fuoriuscire dai rispettivi codici genetici ed esporsi alla riproposizione di vecchie hit Motown (I Second That Emotion, dove si inizia a percepire una misteriosa tromba non accreditata e la cui paternità è rimasta un totale mistero anche per gli archivisti della ATO), di un jazz standard celeberrimo quale My Funny Valentine- che coi suoi quasi venti minuti è il pezzo più lungo dell'album -e di altri successi radiofonici degli anni Cinquanta (Finders Kreepers e Money Honey). C'è posto pure per Like a Road di un outsider come Don Nix, texano, all'epoca accolto sotto l'egida della Stax e poi lentamente dimenticato. Difficile stabilire quali affinità di intenti e prospettive possano legare la sei corde di Jerry Garcia ad una ballad del genere, ma scelte improvvise e immotivate sono sempre state uno degli ingredienti chiave di tutta la sua arte e Like a Road è uno dei vertici di questa serata, un lento soul bianco cantato con quella stessa intensità con cui si sarebbe riappropriato più volte del repertorio di Dylan negli anni a venire. Merl's Tune è un'altra jam costruita attorno a Saunders, un'idea semplice che si prolunga per sedici minuti, con la solita tromba (valida ma non eccezionale) che sovrasta a più riprese la chitarra e rende il tutto un po' effimero. Garcia si riappropria dei propri spazi nella Lion's Share Jam, straordinario ibrido fra il suo figlio prediletto (lo psychedelic rock) e la fusion. Per chiudere, viene scelto un 45 giri targato Tamla e firmato Marvin Gaye: How Sweet It Is (To Be Loved by You). E' un passaggio melodico quello che mettono in scena Garcia e Saunders a fine serata. Il chitarrista canta con una sicurezza che non ha dimostrato nei brani precedenti e i blues scivolano via fra ironia e divertimento. Un finale furbetto e in sordina.

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