domenica 25 ottobre 2015

Crimson Peak [Recensione]

C'è un bellissimo film a zonzo per la penisola.
Si chiama Crimson Peak ed è diretto da Guillermo del Toro, un autore ammirevole e versatile, sceneggiatore, romanziere, disegnatore, appasionato di cinema e di forme d'arte assortite. Forme d'arte che nel suo ultimo film vanno unendosi e compenentrandosi. 
Crimson Peak non è un film per teenagers in crisi d'identità, ma una pellicola oscura e angosciosa, con un sostrato psicologico e storico che non lascia affatto indifferenti. Alla base del soggetto ci sono di fatto influenze che vanno dalla fiaba anglosassone agli studi sulle innovazioni (e sperimentazioni) tecnologiche dei primi del Novecento, il cinema horror gotico di Roger Corman e Mario Bava (maestri che del Toro cita sin dagli esordi) e lo Shining di Kubrick (almeno tre inquadrature fanno l'occhiolino). Ma, per esempio, ci sono anche la più bella scena di ballo che sia stata filmata negli ultimi anni, un sottotesto di incesto da brivido, l'eterna (speriamo di no) sfida fra scienza e superstizione, lo scontro fra l'aristocrazia decadente del vecchio continente (gli Sharpe) e il rampante pragmatismo dei capitalisti americani (i Cushing), una importante riflessione sul ruolo della donna in una società sottoposta al cambiamento e una storia d'amore combattuta e venata da un romanticismo fiabesco che non risulta mai melenso, abusato o squallido. 
Se si volesse ridurre ai minimi termini un film, si potrebbe dire che Crismon Peak è in grado di ricreare, in parte, ciò che il cinema di Tim Burton ha irrimediabilmente perso da una decina di anni, ma non sarebbe corretto: del Toro è ancora, in primo luogo, un artigiano, e nel suo ambiente è una figura di rara erudizione (nelle recenti interviste europee, tutti a sciorinare titoli quali Cime tempestose della Bronte o Rebecca la prima moglie di Daphne du Maurier, ma lui se ne salta fuori con libri incredibili quali Il castello di Dragonwyck di Anya Seton e, soprattutto, Lo zio Silas di Joseph Sheridan Le Fanu). Il lavoro svolto, anche solo a livello scenografico, in Crimson Peak, non è soltanto maniacale: è perfetto. La sua non è una pellicola di omaggi iconico-letterari messi lì per la gioia di qualche vecchio critico, nè una schermaglia istrionica di prove d'attore (tutti magnifici, da Jessica Chastain a Tom Hiddleston, da Charlie Hunnam alla Wasikowska, fino agli impagabili Burn Gorman e Jim Beaver), ma una vera e propria rivoluzione del canovaccio gothic horror. L'esperienza del cinema, ovvero la visione di immagini impresse su pellicola, diviene così la storia di fantasmi più importante di Crimson Peak, mirabilmente scandita nei tre, canonici atti dello script.
Meraviglioso.

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