martedì 13 agosto 2013

L'amore ai tempi dell'Ikea [Extra]


Nonostante il caldo, il vuoto, la solitudine dettata dalle (altrui) ferie d'agosto, l'angoscia opprimente e un profondo senso di inadeguatezza, neanche in queste afose giornate rinuncio al mio livre de chevet. Si tratta di quel volume cui si è tanto legati da tenerlo sempre sul comodino (chevet), così da rileggerne qualche passo prima di addormentarsi. I tomi che finora hanno conquistato la “medaglia d'oro del comodino” sono perlopiù agiografie rock, qualche romanzo russo e francese, la Dinastia dei paperi di Don Rosa e l'autobiografia di Ingmar Bergman.

Ed è sempre in questo periodo che, all'orizzonte, inizia a concretizzarsi l'eventualità di affiancare, al livre de chevet, un livre des chevets, un “libro di comodini”. Questo passaggio si verifica intorno ai primi di agosto, quando l'Ikea annuncia, tramite il sito internet e qualche spot televisivo di buon livello, che il suo nuovo “romanzo” è pronto. Tuttavia, quest'anno, Ikea ha fatto notizia con largo anticipo: basta spulciare qualsiasi giornale in questi giorni e ci si accorgerà di come, nelle pagine di economia, non si parli altro che delle agognate assunzioni all'Ikea di Pisa. Servono a ben poco le ventottomila domande di assunzione recapitate al canale dei Navicelli, visto che i posti disponibili sono poco più di duecento. Il presidente della regione Enrico Rossi si dice felice, e non perchè- da uomo di sinistra quale dichiara di essere -è dalla parte degli aspiranti lavoratori, ma perchè questa maxi-assunzione toscana “fa notizia”. Dunque, da oggi, le regioni più virtuose d'Italia saranno quelle dove il colosso svedese dell'arredamento deciderà di assumere personale.

La cosa che però i giornali di (neo-)economia e i gazzettini popolari locali (ad esempio, La Nazione) non svelano è proprio l'essenza stessa di quello che sarà il livre des chevets di quest'anno: le tendenze, le scelte cromatiche e stilistiche, le idee filosofiche pure, le novità del catalogo Ikea 2014. Solitamente, in questi casi, io sposo la pazienza e l'attesa: attendo quel momento dell'anno in cui gli studenti paventano il ritorno a scuola e i cinefili iniziano a discutere sulle scelte del festival del Cinema di Venezia, dopodiché, il 25 agosto, sogno di inforcare la mia storica bicicletta blu (assente dal maggio 2006) e di coprire senza emissioni di CO2 i centotrenta chilometri (andata e ritorno) che separano casa mia dall'Ikea Store di Sesto Fiorentino per andare a ritirare la nuova copia del catalogo.
Ovviamenti questi buoni propositi non trovano mai una loro realizzazione pratica, e mi ritrovo così a sfogliare l'edizione online del catalogo USA e a fare un paio di constatazioni. La prima è che le tenebrose edizioni 2007, 2008, 2009 e 2010 sono ormai un lontano ricordo: la copertina è piena di bei colori accesi, distanti anni luce da quella predominanza del nero che voleva forse avvicinare gli emo o qualche orripilante adolescente dark all'arredamento svedese. Insomma, la scelta cromatica aziendale continua ad essere ferma sui bei colori reminescenti di quadri impressionisti, e questo non può che essere un bene in una società dove siamo quasi tutti (più o meno consapevolmente) depressi. 
A questo punto, mi perdo in un assurdo gioco di comparazione fra i vari paesi del mondo: noto, ad esempio, che uno stesso sgabello, vuoi per la moneta unica o per le diverse percentuali dell'IVA, costa meno in Germania che da noi. Poi, mi sbizzarrisco coi menù dei celeberrimi ristoranti interni, e scopro che quella pasta al pomodoro che noi credevamo una gentile concessione svedese al nostro gusto compare anche nei self-service di Tel Aviv e Hong-Kong, e che pure gli ingredienti degli appetitosi wraps al salmone sono gli stessi a Milano e Kyoto. Cambia l'alfabeto, dunque, ma la sostanza rimane la stessa.
Grande eccezione in questo universo di uguaglianza è la figura della donna, totalmente assente dai cataloghi dei paesi islamici. Tanto per fare un esempio sbellicante: osservo la pagina del pianificatore d'arredamento “normale”, dove un sosia di Marco Mengoni siede insieme ad un afroamericana su un divano; sorridono e pianificano la loro nuova cucina. Ora osservo la stessa pagina in versione “islam”, e noto che il Mengoni della situazione è seduto da solo e non sorride neanche. 
Meglio ancora è la pagina di una cucina finita, dove un uomo di mezza età serve a tavola (cosa già abbastanza fantascientifica per l'Italia) la moglie e le due figlie. La versione saudita è terribile: stessa cucina, stessi cibi, stesso uomo, ma nessun commensale. Infine, nella doppia pagina che presenta i designer dell'anno vengono lasciati solo gli uomini, negando così il lavoro e perfino l'esistenza di progettiste donne.

Pagine del catalogo Ikea di questo tipo destano scalpore da anni, e i nostri quotidiani hanno spesso usato simili notizie come inutili riempitivi.
Inutili perchè a ben poco serve parlarne, specie in un paese come il nostro, dove neanche siamo preparati a meritarsela la filosofia dell'Ikea.
Inutili perchè quelle giornaliste che scrivono dei lacrimevoli e commoventi articoli su La Repubblica hanno la casa tappezzata di mobili Ikea, vanno matte per la focaccina bio del ristorante interno, e come livre de chevet esibiscono qualche insulso romanzetto sulle donne islamiche vessate, scritto magari da una giovane e ricca figlia di ambasciatore saudita naturalizzata inglese.
Inutili perchè l'unica cosa che l'italiano medio conosce del Medio Oriente sono i resort di Sharm El Sheikh e i nomi di qualche compagnia aerea stampati su magliette di calcio italianissime.
Così, non sentitevi in colpa se- come il sottoscritto -in questo assolato e noioso mese di agosto rimanete attratti più del solito dalle cose banali e inutili. 
Non resta che cercare motivi di sdegno fra le vere pieghe dell'esistenza: basta aspettare il 25 agosto e trovarne di nuovi fra le pagine di un mobilificio svedese.

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