giovedì 22 agosto 2013

Il facocero [Trame]


PREMESSA

Cosa c'è di meglio di uno scritto invernale da pubblicare su Trame in pieno agosto? Nulla.
Ritrovato assieme ad altri tre, è il primo di un ciclo di racconti onirici. Gli altri conto di pubblicarli via via qui sul blog, ma intanto ecco Il facocero, scritto nel gennaio del 2005. Buona lettura.

IL FACOCERO

Era una notte più nebbiosa che buia e tempestosa, quando il telefono di Sandro Gambadipesce squillò. E fu subito emergenza.
La voce proveniente dall'altro capo della cornetta sopravvissuta ai tardi anni ottanta era roca e angosciata, ma anche estremamente convincente. Sandro doveva scendere dalla sua collina e raggiungere il quartiere del Capannino, dove avrebbe ricevuto ulteriori istruzioni.
Fu un gesto impulsivo da parte sua, ma, sentendosi in pericolo, decise di portare con sé sua moglie e e le loro due bambine. Avvolti nei piumini- soprattutto la bimba piccola -uscirono nel freddo e nella nebbia.
Avevano già camminato per un chilometro, quando, mentre percorrevano la discesa che univa il quartiere residenziale dove abitavano al Capannino, notarono che l'impianto di illuminazione era guasto e che l'intero isolato era avvolto in un'oscurità spettrale. La strada si faceva sempre meno ripida, ma Sandro si fermò quando udì un rumore simile al ringhio di un cane feroce.
<<Cosa c'è?>>, chiese la moglie impaurita, cullando amorevolmente la bambina più piccola e tenendo l'altra stretta per mano. Non fece in tempo a finire la frase, quando dalle tenebre spuntò fuori il facocero.
Era terribile e minaccioso, e dalle ricciolute zanne poste agli angoli della bocca scendevano gocce di bava a non finire. Fu allora che Sandro si dimenticò della telefonata che lo aveva portato fin lì, di quella voce metallica, di quella sensazione sgradevole, e, sospinte moglie e figlie indietro, si dette alla fuga. Il facocero era pesante e in salita faticava non poco, e questo dette un netto vantaggio iniziale ai Gambadipesce.
Rientrarono nel quartiere e imboccarono decine di viuzze parallele, ma nonostante la nebbia il facocero continuava a inseguirli. <<Schifoso ammasso di setole!>> sbraitava, senza riprendere fiato, Sandro. Uno dei primi palazzi di fronte a cui passarono fu quello di Lidia, un'amica di famiglia che in passato era stata candidata a far loro da testimone di nozze. Volle il caso che questa signora sui quaranta fosse solita soffrire di insonnia e che trascorresse anche le notti più fredde nel suo minuscolo terrazzino, a fumare e bere tisane.
Era proprio lì quando i Gambadipesce passarono là sotto, urlando, piangendo e chiedendo aiuto. Lidia notò l'orribile bestia che inseguiva i suoi amici, ma non si scompose e domandò loro, urlando: <<Vi serve qualcosa?>>.
La moglie di Sandro rallentò leggermente il passo e, sorridendo, rispose: <<No, Lidia, grazie! Tutto a posto!>>.
A Sandro tutto questo sembrava assurdo. Non poteva essere così: sua moglie non poteva aver rifiutato l'aiuto di una delle loro più care amiche e vicine. Ma cosa importava ormai? Casa loro distava poche decine di metri e le possibilità erano due: fare un ultimo sforzo e salvarsi oppure rallentare, arrendersi e finire sbranati.
Prevalse l'istinto di conservazione, e complice l'alto cancello che separava il giardino dal vialetto i Gambadipesce riuscirono a tornare in casa. Le bambine erano terrorizzate, e la moglie era entrata in uno stato di trance permanente. Toccò a Sandro mettere a letto le figlie, dopodichè tentò di instaurare un dialogo con la moglie su quanto accaduto: <<Ti rendi conto che potevi farci uccidere tutti? Perchè hai rifiutato l'aiuto di Lidia?>>.
La moglie sembrò quasi uscire dal torpore vegetale in cui sembrava essere sprofondata e tirando un profondo respiro soggiunse: <<Mi sembrava una cosa poco carina disturbarla a quell'ora>>.
Sandro non aveva neanche la forza di litigare: voleva solo riposarsi. Riuscì a fatica a togliersi il cappotto prima di sdraiarsi sul divano, mentre la moglie era già sotto le coperte, in pigiama.
Ed egli era convinto di stare già sognando quando udì una voce di donna chiamare il suo nome. Si destò incuriosito e guardo l'orologio: erano da poco passate le tre e la nebbia sembrava essersi diradata. Preparandosi al freddo, aprì la finestra e guardò fuori. La voce proveniva dal palazzo accanto: si trattava di Domitilla, una ragazza graziosa che faceva sculture meno graziose nel suo piccolo appartamento. Sandro le sorrise.
<<Antonio, quello del piano di sopra, sta male e chiede di te!>>, disse lei.
Sandro chiuse la finestra, raccolse il giubbotto da terra, dove l'aveva lasciato poco prima, e senza né dare spiegazioni né salutare la moglie uscì nuovamente. Rimase colpito quando, arrivato al cancello, notò che i lampioni della sua via non funzionavano più. Si domandò come fosse possibile che, in meno di due minuti, si fossero guastati. Alzò gli occhi al cielo: per fortuna, le poche luci accese nei tanti palazzi là attorno servivano a farlo orientare. Si incamminò senza fretta, ma, non appena svoltato l'angolo, il grugnito del facocero tornò ai suoi orecchi. La bestia era di nuovo lì, di fronte a lui. Lo fissava e grugniva; lo aveva aspettato e non lo avrebbe più fatto andare via.
Sandro fuggì, inseguito dal facocero, ed entrambi sparirono nella notte, inghiottiti dall'oscurità dei vialetti.


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