venerdì 8 febbraio 2013

[Recensione] The Impossible

Vi ricordate Hereafter, film di Eastwood uscito due anni fa? Il primo quarto d'ora di film riguardava una bella "francesina" coinvolta nella tragedia dello tsunami thailandese nel 2004. Ora, prendete quel quarto d'ora, togliete la solitaria "francesina", mettete nei panni degli sventurati una bella famiglia di cinque biondi e costruiteci sopra un film "ispirato a una storia vera". Otterrete The Impossible, dramma post-catastrofico familiare ispirato all'incredibile "botta di culo" occorsa ad una famiglia spagnola in quei terribili giorni. 
La mia prima domanda è: visto che il film è una produzione spagnola (il regista è un certo Bayona) ispirata ad una storia vissuta da spagnoli, perchè si è sentito il bisogno di affidare il ruolo dei protagonisti a star del calibro di Ewan McGregor e Naomi Watts (qui bravissima e candidata all'Oscar)? Non è che, per caso, ad un pubblico medio non sarebbe mai interessato un film con cinque comuni mortali iberici come protagonisti (la Spagna non avrà il miglor cinema al mondo, ma vanta ottimi attori)? <<Meglio non rischiare>>, avrà detto il producer: e allora vada per una famiglia britannica (ma residente in Giappone) con babbo&mamma splendidi (e, in effetti, lo sono) e tre bimbi biondi che tanto piacciono a pubblicitari e vescovi. Nonostante una ricostruzione impeccabile (l'onda, i danni, le ferite, gli ospedali), The Impossible puzza di falso: puzza di falso la scena in cui a Ewan McGregor viene prestato il telefono (non una, ma ben due volte), puzza di falso l'eccessivo altruismo da parte del figlio dodicenne Lucas, puzza di falso il motore del camion che non si accende e che permette al padre di ricongiungersi al resto della sua famiglia. E un film simile, al contrario di molti, non può permettersi il lusso della falsità, per il semplice motivo che affronta una storia vera e tocca una realtà che ha coinvolto decine di migliaia di individui.
Puzza invece di terribilmente sgradevole e di gratuitamente classista il colletto bianco che, inviato dalla Zurich (perchè poi la Zurich?), porta i Bennett (questo il nome della famiglia di biondi) all'aeroporto, dove loro e solo loro vengono fatti accomodare su un comodissimo jet-privato che li scorterà fino a Singapore, dove a Maria (la Watts) saranno garantite- cito testualmente -"le migliori cure del continente". L'aereo decolla, sorvola i poveri morti di fame che purtroppo non lavorano per grandi compagnie in giro per il mondo (e che dovranno continuare a cercare le proprie famiglie sommerse dal fango e dalla sporcizia per chissà quanto tempo) e salva non solo cinque vite umane, ma un intero sistema familiare, basato su denaro e potere. Approfondimento psicologico dei personaggi in due ore e passa di film? Zero. Emerge solo che il babbo ama la mamma e che insieme amano i tre figli che a loro volta amano il babbo e la mamma. Fra i ringraziamenti nei titoli di coda, la CEI è misteriosamente assente. 

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