Film tosto.
Film lungo.
Film definitivo.
Scrivo "definitivo" perchè nessuno, dopo lo Zero Dark Thirty della Bigelow, potrà più girare un film sull'Iraq e più in generale sul terrorismo, per il semplice fatto che sarà inutile. C'è già tutto qui dentro: dall'11 settembre alla morte di Osama Bin Laden, il film racconta i retroscena, le indagini e le sofferenze di chi ha pazientemente seguito ogni pista che potesse portare alla morte del leader di al-Qaida.
Semplice. Cioè, si fa per dire. A parte le polemiche che ha scatenato negli Stati Uniti (basta sapere un minimo di inglese e girellare sul web per leggerne di tutti i colori), a parte la bravura di Jessica Chastain (la ricorderanno i fortunati che hanno amato The Tree Of Life di Malick) e del resto del cast (largamente sconosciuto a noi europei), a parte la perizia proffesionale della Bigelow (tanta camera a mano, come e se non di più che nel già splendido e pluripremiato The Hurt Locker), Zero Dark Thirty ha un pregio che pochissimi film "d'inchiesta" hanno: è crudo, è realistico oltre misura in ogni fotogramma, come è giusto che sia. L'unico interesse della Bigelow (che la distingue da tanti registucoli nostri connazionali finanziati da destra e da sinistra) non è mettere la storia al servizio delle proprie idee, ma mettere ciò che le riesce fare meglio (il cinema) al servizio della Storia, quella vera, "nuda e cruda". Il montaggio è frenetico e le immagini quasi "nervose" (soprattutto nello spettacolare blitz finale), ma la trama è incredibilmente lineare, limpida. Non è un thriller, non è un film di guerra, nè tantomeno un biopic su una brava agente della CIA: Zero Dark Thirty è Zero Dark Thirty. E come ogni film della Bigelow, o lo si ama o lo si disprezza.
Io, sinceramente, l'ho amato fino in fondo.
Nessun commento:
Posta un commento