domenica 31 dicembre 2017

L'anno che verrà [Extra]

Verso il 2018, e oltre.
Anche il natale 2017 è stato inghiottito dal passato, come del resto ogni altro secondo della nostra vita. Largo al 26 dicembre, che è terra di nessuno, un giorno per spiriti solitari. E' un momento di ventiquattro ore in cui il Natale finisce definitivamente. I negozi restano chiusi, i bar pure, i ristoranti idem. Gli unici contatti col genere umano restano le telefonate, i social, i messaggini. Inutile sottolineare che io sia assai poco ipnotizzato da tutti questi strumenti: da luglio poi sono tornato a possedere con una certa fierezza un cellulare, uno di quelli che telefonano, mandano SMS e non hanno bisogno nè di aggiornamenti performativi nè di un allaccio perenne ai tralicci dell'Enel per restare carichi e far dormire di conseguenza sonni tranquilli ai loro proprietari. Ho così ulteriormente dimezzato le mie possibilità di essere perennemente e inutilmente connesso. Essendo il giorno di Santo Stefano, posto su Facebook la prima strofa e il video di St. Stephen, crogiolandomi nell'efficacia di quel quasi capolavoro che è l'intero Aoxomoxoa. Roba pensata per riavvicinare l'uomo- ormai povero dentro -al suo vero io, mettendo in crisi certe sghembe convinzioni in cui la società ci ha imprigionati: sarà per questo che i likes faticano a concretizzarsi?
I commenti che si sentono e si leggono in questo periodo sono più o meno tutti uguali, sia che si tratti della blanda ipocrisia cattolica degli auguri sacri che del distaccato e altrettanto ipocrita cinismo anti-festività. In entrambi i casi a farla da padrona è l'insicurezza, la stessa per cui, col passare degli anni, continuiamo a far indurire la nostra scorza fino a giungere a un simbolico paradosso: per vivere meglio il presente dobbiamo rinunciare alla felicità completa e priva di condizioni del passato. Questo ho imparato da tutti i natali, santistefani, santelucie e capodanni cui ho partecipato: da percepire la festività come un'attesa (nel mio caso laica, sebbene un caro amico, credente di ferro, mi rassicura che dio non si è ancora stancato degli uomini) sono passato a celebrare una festa per l'anima della strada che è in me, una ricorrenza dove mi ritrovo a organizzare e passare in rassegna amicizie e conoscenze di tutta una vita. Per alcuni giorni sono investito da una serie intensa, quasi violenta di flashback e film mentali, sogni che sono sicurissimo di avere fatto poche notti fa ma che, in realtà, sono vecchi di anni e anni.
Se mi avventurassi nella scia
fra i viadotti del tuo sogno
dove immobili cerchioni di acciaio schioccano
e il fossato nelle strade secondarie mi ferma,
potresti trovarmi?
Baceresti i miei occhi?
Per stenderci giù
in silenzio, lentamente.
Per rinascere
dal lato opposto dell'oceano.
Per quanto in queste settimane astrali viaggi- giusto appunto- "in modalità Van Morrison", non posso mancare l'appuntamento con la musica dal vivo. Al Tortuga scendono da Castellina in Chianti alcuni membri degli ex-Modulo 101, storica punk band valdelsana, in una veste praticamente inedita e con una formazione affettuosamente denominata Lillo & i suoi Ramoni. Un'ora di fuoco e fiamme del repertorio Ramones, nessuna grossa sorpresa e la voce del cantante pericolosamente troppo filtrata da mixer ed effettistica. Quello che ci vuole prima di far salire gli Spoffish, che conosco personalmente e che sono venuti a pagare il tributo ai Clash e alla poesia di Joe Strummer. Insomma, il materiale portato (in maniera impeccabile) sul palco è quello che io considero uno dei massimi punti di arrivo di tutto il punk. L'approccio della band, vuoi per l'età, vuoi per le differente esperienze musicali precedenti, si rivela molto più in linea con ciò che Strummer fece negli ultimi anni di vita coi Mescaleros che non con Mick Jones e soci. Potrebbe suonare come una critica, ma non lo è: anzi, se si vuol essere obiettivi, è la miglior virtù di un gruppo come gli Spoffish.
Resta il fatto che l'inverno è bello, sì, ma da Santa Lucia a Natale, poi diventa noioso. Già Capodanno non lo capisco molto: che ci sarà da festeggiare in un altro anno che se ne va? E poi, diciamocelo, far finire l'anno il 31 di dicembre e farlo iniziare il 1 gennaio è una cazzata di proporzioni abnormi: sono due giorni assolutamente identici. Mediamente detesto il 31 dicembre, in quanto unica sera dell'anno in cui, se vuoi cenare, devi ordinare venti portate, oltre a essere quella in cui muoversi all'aperto è un revival della guerra in Vietnam. Inutile aggiungere che a me dell'ultimo dell'anno 2017 importa assai poco, ma, se qualcuno disponesse di una macchina del tempo e di un paio di biglietti, me lo faccia presente. La voglia di un salto indietro di una quarantina d'anni ce la potrei avere, così come avrei chiara la destinazione: il Winterland di San Francisco il 31 dicembre 1978. Sul palco si susseguono Quicksilver Messenger Service, Blues Brothers e Grateful Dead, che in questa occasione tengono uno dei concerti più lunghi della loro carriera. John Belushi e Jerry Garcia. Vite spericolate a modo loro. 
Concludo l'anno postando L'anno che verrà di Lucio Dalla. Conclusione della madonna di un disco della madonna (l'omonimo Lucio Dalla). "Chi se ne intende" storce la bocca di fronte al Lucio degli anni Ottanta, io no. Ma "chi se ne intende" snobberebbe anche ... And Justice for All, perchè "Cliff Burton era già morto" e i Metallica stavano vendendo "troppe copie" dei loro dischi. Mi sono sempre divertito a far incazzare queste persone, quindi lo dico apertamente: Lucio Dalla e Dalla non sono meno belli della trilogia prog-rock scritta con Roberto Roversi (Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili), mentre 1983 è innovativo come lo era stato, sei anni prima, Com'è profondo il mare, pur senza eguagliarne la stoffa di capolavoro. Sarei in grado perfino di salvare buona parte dei duetti di Dalla/Morandi, ma meglio che mi fermi qua. Come ho scritto su Facebook, chi non si emoziona veramente ascoltando L'anno che verrà non ha cuore, e probabilmente non ha anima e neppure orecchie. Oppure ha l'attenuante di non conoscere l'italiano.



















 

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