domenica 24 dicembre 2017

Cronache natalizie dal pianeta perduto [Extra]

Aspetto la Festa del Sole, più che la nascita del povero Cristo, che- è ormai appurato -nacque distante da neve e gelo. Nessuna stella tremolò sopra il capanno dove la vergine Maria (guai a dire che la mammina non si chiamasse Maria e il babbino non fosse tal Giuseppe, di professione falegname) lo dette alla luce, per non parlare dei re Magi: che fossero tre e che arrivassero dal buco di culo del mondo è una spicciola credenza popolare, portata avanti, fra l'altro, da chi non ha manco mai letto il Vangelo secondo Matteo. Altrochè "oro, incenso e mirra"! Fra lavoro, peregrinazioni limitatamente consumistiche, aperitivi e cenoni trovo il tempo per mettere il computer a scaricare una versione .flac di 30 Trips Around the Sun che, all'apparenza, sembrerebbe completa, sicura e non ingannevole. Giga e giga di materiale, oltre 73 ore di musica, roba che- se il download dovesse andare in porto -mi fa prefiggere l'ascolto di almeno due concerti dei Dead alla settimana: una stima fatta, troppo incautamente, già nel 2015, quando il box fu pubblicato e io (manco a dirlo, misero, tapino e sprovvisto di 700 dollari) decisi di reperirlo nelle profondità del cyberspazio, imbattendomi in cartelle .rar vuote, file .zip compromessi, sparuti e insufficienti mp3 che, alla fine, mi dissuasero da proseguire le ricerche. La faccenda parrebbe essere andata in porto. Ora per potermi avvicinare all'originale manca solo di masterizzare ottanta cd-r, ricostruire la scatoletta di legno, decorarla  e curare, una a una, trenta confezioni digipak, dopodichè è fatta.

Approfittiamo della penultima domenica d'avvento per visitare, a Firenze, mio nonno paterno, fresco dello spegnimento di ben novantuno candeline. Festa di compleanno fissata per pranzo. Una cosa ristretta solo a noi, ma efficace e in grado di allietarlo, lui che- comprensibilmente -tende a rincorrere pensieri sempre più funesti man mano che l'età si avvicina senza mai però scadere nel banale rompimento di coglioni. Guardandolo, posso solo sperare che il sangue non sia acqua: la testa c'è tutta, l'autonomia di movimento anche. Nel pomeriggio lo salutiamo e facciamo un giro piacevolissimo in centro. Molte famiglie, gente paradossalmente e apparentemente felice e rilassata, qualche coppia con lei impellicciata e siliconata e lui attempato tronista talmente unto da risultare inagguantabile. C'è una luce meravigliosa, l'aria è fredda ma piacevole e io riesco- nel caos dei consumi -a trovare due, tre strenne a prezzi accessibili: il che mi rende molto contento. Devo dire che la positività di domenica e, in generale, dei giorni che precedono l'arrivo effettivo dell'inverno mi accompagna per tutto l'inizio della settimana. Anni che non capitava.
La domenica sera a cena, di nuovo, si torna sull'argomento Manuel Agnelli. "Povero me, povero me!", per dirla col Ciccio. Questa storia inizia ad assumere dei contorni onirici: possibile che chi mi sta vicino non abbia ancora capito che a me fanno cacare Agnelli, la sua musica, i suoi capelli malamente tinti, i libri in cui consiglia la marca che produce il tubetto di balsamo più adatto per infilarselo in culo, ciò che rappresenta e il ruolo che svolge? <<Oh, però- senza offesa, eh -ma te, me e tanti altri, alla fine ad Agnelli, bisogna lustrargli le scarpe se si parla di musica...>>, mi sento dire. Ora, sarà che io non sono un lustrascarpe, sarà che la persona in questione può permettersi di prendere con me questa e ben altre confidenze, ma un po' ho rimuginato sulla replica e, alla fine, ho optato per farmi una risata e abbandonarmi a un perentorio <<E allora 'fanculo, ti lascio in compagnia di quell'altri!>>. Del resto, a natale siam tutti più buoni e, deo gratiasX-Factor sta per concludersi. Il lato alternativo della giuria perderà tutto il possibile: trionferanno quella megera della Maionchi e, con lei, un'idea di "bel canto" tutta italiana, feroce, reazionaria, terrificante, folkloristica. Io e la mia amica Martina (che al contrario di me trova fegato e tempo per seguire quella spazzatura griffata Sky) vorremmo comunque indire un cocktail party al solo scopo di festeggiare la sconfitta di Levante, nemesi che ci ha accomunati per tutto il 2017. Alla fine ci limiteremo a un brindisi solitario. Lei mi invia un articolo molto ben fatto e io improvviso un discorso forse un po' contorto, tramite cui cerco di esplicare che  il problema di fondo è che non sussiste più differenza fra guardare una puntata di Che tempo che faX- Factor Dalla vostra parte. Tutti e tre sono programmi "politici"- perchè se la politica non è tutto, tutto è politica -e da tutti e tre emerge chiaramente che gli italiani hanno (e guardano) ciò che meritano.
Negli stessi giorni, si accende il dibattito su Selvaggia Lucarelli neo-direttrice della versione digitale di Rolling Stone. Appare evidente da subito che nessun hater (tutti dichiaratamente di matrice arrocchettato-metallara) abbia mai letto l'immonda edizione nostrale di una rivista che già nella madre patria non è che goda propriamente di grande credibilità. Anzi, diciamo direttamente che Rolling Stone Italia è paragonabile, come contenuti, pubblicità e capacità di approfondimento, al tristemente noto settimanale Cioè. Solo che, in quest'ultimo, l'oggetto degli articoli sono tormentati e impossibili gossip su giovani star della rete e della televisione, mentre nel primo si dovrebbe, in teoria, leggere di musica, ma si finisce sempre col trovarne poca e mediocre. In USA possono dire che, seppur per un breve periodo, un Hunter S. Thompson lo hanno avuto, quando noi ci siamo limitati a Fabio Volo.  E comunque sarà arduo per la Selvaggiona nazionale fare peggio del suo collega "su carta" Massimo Coppola. Io poi non la amo, ma nemmeno la odio. Certo, mi fido poco di una che passa da una marca di carta igienica (Libero) a un'altra (Il Fatto Quotidiano) nel giro di mezzo governo breve, ma va tutto bene: è il giornalismo, baby! E ovviamente, come ripeto sempre, Gaber aveva ragione. Il mio unico appunto, tuttavia, da questo umile e inconsistente spazio, voglio muoverglielo: Lester Bangs, che in quello da lui ha definito il peggiore periodo della sua vita ha scritto anche per la rivista che la Lucarelli- seppur in digitale -sta andando a dirigere"allo scopo di rendere questo paese più rock",  si chiama "Bangs" e non "Banks". Da una parte, abbiamo un glorioso e controverso cronista musicale, dall'altra il capofamiglia del film Mary Poppins. Non è la stessa cosa.
Per fortuna il 21 dicembre arriva il solstizio. E pensare che, dalla notte dei tempi fino a tutta l'età romana, questa notte- la più lunga dell'anno -coincideva con la fine dell'anno solare. Poi è arrivato il cristianesimo a rompere i coglioni e addio ai ritmi naturali! Fatto sta che mi piace molto questa fase dell'anno, ingiustamente e sbrigativamente liquidata dai più ("persone facili che non hanno dubbi mai") triste e deprimente. Al contrario, mi piace provare a capire- inutilmente, purtroppo -se nevicherà come nel natale del 1995, o quante luci a intermittenza andranno di pari passo lungo il mio vialetto e, ovviamente, creare playlist a tema da regalare agli amici e alle amiche. Usanza vecchia di un decennio buono. Le primissime che ricordo contenevano, oltre ai miei consueti cavalli di battaglia dell'epoca (Iron Maiden, Bob Dylan, Guns N'Roses, Neil Young), molti bei pezzi di artisti non prettamente radiofonici (Bonnie Raitt, Jackson Browne, i Byrds, Eva Cassidy, i Doors, ecc.). In anni più intensi di quelli attuali lo scambio del cd natalizio era d'obbligo e spesso accompagnava ulteriori doni di carattere letterario, cinematografico e musicale. Oggi queste playlist vengono consegnate a una cerchia ristretta di amici e amiche in copia fisica, oppure mandate via dropbox. Le canzoni a sfondo prettamente natalizio, in realtà, sono ben poche, ma la selezione è fra le migliori che mi capita di redigere nel corso di tutto l'anno solare. Sarà che mi sento sotto una buona stella, il fuoco della vita arde e mi scuote anche quando la temperatura scende sottozero, certe immancabili paturnie esistenziali cadono sotto i colpi di fremiti ancestrali unici, ma arrivare alla vigilia di natale, anche quest'anno, è un attimo. Niente favolette su bimbi etiopi con occhi chiari e capelli biondi, niente presepi da difendere o alberi spelacchiati su cui improvvisare paragoni con l'amministrazione comunale che li ha installati: solo buon cibo, belle cose, buona musica e amici che si ritrovano per stringersi gli uni agli altri. Il che non è banale, vivendo su un pianeta sperduto nelle profondità dell'universo.

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