giovedì 7 dicembre 2017

La mediocrità contro la bellezza [Extra]

Mese delicato dicembre: lungo momento di bilanci, classifiche, giudizi, critiche, ripensamenti. Ma, soprattutto, un mese in cui più che mai emerge, nella sua totalità, lo scontro secolare fra bene e male, fra bellezza e mediocrità. Vi entro come sopravvissuto al famigerato black friday, che ho deciso di boicottare semplicemente infischiandomene. Mai stato cane di trovar nulla, senza poi contare che l'unico paio di scarpe che mi piace da un anno a questa parte non è scontato in nessuna parte del mondo globalizzato. Non dispero: magari me le porta Babbo Natale, complice l'avvicendarsi delle festività del Sole, unico, autentico motivo di festeggiamento del 25 dicembre (alla faccia della natività e del papaccio!). Ma, ahimè, dicembre non porta solo regali graditi, film fuori catologo presi in edizione dual disc al prezzo di una birra media, cesti ricolmi di cd di ogni genere, luminarie affascinanti a cui ognuno delega il significato che preferisce, e ancora vini, dolciumi, formaggi, libagioni. Purtroppo, tocca far fronte anche all'ipocrisia del "buon cristiano", a quelle usanze piccolissimo-borghesi che, anno dopo anno, perdono in credibilità e riguadagnano solo in inutilità. E' facile vivere in una comunità medio-piccola e imbattersi in merde umane caracollanti e contraddittorie che sai per certo ti ammazzerebbero se solo l'omicidio non fosse reato ma che, in questo periodo dell'anno, si sperticano in asfissianti riverenze e dolorose (per me, che vi assisto, e per loro, che ne sono prede) prostrazioni. Non c'è salvezza: dove mi sposto, dove mi piove addosso una scarica di dolente banalità. Si comincia già nel primo week-end del mese alla Coop, dove, in fila al banco gastronomia, incontro una lontanissima parente, diretta discendente di quel ramo familiare che, al contrario di tutto il resto dell'albero genealogico, si è un po' arricchito. <<Tante care cose a te e alla tua famiglia...>>, mi dice, mentre io, in nome della buona educazione, accenno un sorriso falsissimo ma, per non scendere al suo livello, mi limito a un semplice <<Grazie... altrettanto>>. E poi penso <<E adesso, bucaiola maledetta, lasciami solo, a ordinare la mia schiacchiata con le zucchine...>>. Segue un episodio che vede protagonista una coetanea dei miei, rinomata mitomane con una spiccata tendenza alla malattia immaginaria, nemica giurata di intelligenza e raziocinio come io lo sono di razzismo e giudici di talent-show musicali. Mancano più di venti giorni a natale, ma nel bar-pasticceria in cui la incontro lei è già intenta a trattare il prezzo di panettoni, pandori e torroni. Solo sentirla parlare mi fa venir voglia di ordinare il primo Negroni della giornata, ma- resomi conto che non è nemmeno mezzogiorno -opto per una spuma bionda e un tramezzino col tonno. Ostento indifferenza senza perderla d'occhio nello specchio dietro il bancone, ma mi riconosce comunque. Mi tempesta di domande sul mio presente a cui non lascia neanche il tempo di formulare una risposta, e, mentre cerco di pulire con un tovagliolino di carta gli angoli della bocca, è già passata  a predire il futuro: mio, suo, dell'intero paese. Un futuro dove, manco a dirlo, l'Islam stravince. <<Magari!>>, mi verrebbe da auspicare già solo guardandola. Passato l'interminabile momento di livore fallaciano, veste un sorriso di circostanza e chiosa con una frase ebete e violenta: <<Oh, allora buone feste e, se iddio vole, basta la salute...>>. A volte mi convinco di vivere il lungo, distopico incubo di qualcun altro. Comincio a temere che un mondo migliore non esista. E se perfino nelle poche ore di sole a disposizione di una domenica dell'avvento dovessi guidare fino al limitare di uno dei miei amati boschi per poi imbattermi in un conoscente pronto a sfoggiare il suo miglior <<Ti faccio tanti auguri ora che ci si vede, ma tanto ci rivediamo, sì...>>? Meglio non rischiare. Resto a casa ad ascoltare, in trip, uno dei miei pezzi preferiti tra i cento che adoro dei Jefferson Airplane: Trial by Fire. Una storia vera, si dice, di una fuga di un giovane bandito che muore in un incidente stradale, o qualcosa di simile. Quando uscì questo live- ma anche in tempi recenti -si scrisse che il gruppo non aveva più niente da dire (siamo nel 1972 e i Jefferson pubblicavano regolarmente già da sei anni). Quanti ne vorrei di gruppi che non hanno "più niente da dire" e decidono di dirlo in questo modo. 
Devo andare via sull'autostrada, far durare questo momento
perché si avvicini al futuro, mescolandosi col passato.

Gironzolando contento, cosa pensi che veda ?

Quella mano ossuta che ti chiama e mi dice <<Ragazzo, vieni con me>>.

Quel motore non è abbastanza robusto per superare la curva,

così giaci sulla schiena nel mezzo di un campo e vedi il tuo corpo bruciare. 
Comincio ad approntare, grazie ad iTunes, la playlist per la compilation dell'inverno 2017 da regalare a chi me la chiede (un'usanza ormai vecchiotta nel mio giro di amicizie), mentre, di quando in quando, controllo il mio account TicketOne. Un paio di buoni posti per Bob Dylan a Firenze ci sarebbero pure, ma preferisco aspettare, vedere cosa rimarrà nei prossimi mesi e, soprattutto, se e a quali prezzi verranno "ributtati" i biglietti per la platea numerata del primo settore. Non c'è fretta, nè sono stato in grado di trovare un'anima disposta a tenermi compagnia per l'ipotetica serata del 7 aprile. Tutti cementificati su Firenze Rocks, tutti ancora indecisi se prendere o meno dei biglietti che, mentre loro riflettono, sono già finiti, tutti non ancora rassegnati alla triste realtà, la stessa con cui ho dovuto fare i conti pure io (ossia che tutti i posti per l'equivalente del golden pit per il 15 giugno sono andati esauriti in fase di prevendita). Riccardino è l'unico che mi ha rincuorato, dicendomi che lui Dylan andrà a vederlo, ma a Modena, perchè un'amica gli ha regalato il biglietto per quella sera. Tuttavia, non mi sembra troppo coinvolto: forse non ama sufficientemente lo zio Bob, o forse- come molti -lo teme. In effetti, tutti i torti potrebbe non averli, ma anche lui era presente, come me, di fronte al palco degli Stones lo scorso settembre. Anche lui, da musicista e appassionato, è in grado di analizzare i fatti e di non fare di tutta l'erba un fascia. Visto che nella giungla dei social si leggono già i primi sproloqui su questa corposa sezione italiana del Never Ending Tour e arrivano da ogni dove paragoni fra Dylan e quelle che odiosamente vengono definite "vecchie glorie" (un termine di moda trent'anni fa), me la sento di fare una precisazione,  a prescindere che ad anno nuovo mi rechi o meno al concerto al Mandela Forum: confrontare la musica di Dylan con quella di un qualsivoglia gruppo rock non è folle, è da ignoranti (proprio nel senso latino del termine). Sostenere, a cavallo fra 2017 e 2018, che Dylan sia un vecchio bavoso che fa concerti per soldi significa non sapere di cosa si stia parlando, in quanto la sua produzione poetica e musicale non è confrontabile con qualsiasi altro gruppo o artista di derivazione rock and roll: sono due livelli diversi e mai sovrapponibili.

Nella notte fra il primo e il 2 dicembre rompo ogni indugio e mi iscrivo a neilyoungarchives.com. Sulle prime, tento via Facebook, ma il sistema deve essere intasato e compromesso, visto che per dieci minuti i miei dati non vengono nè assimilati, nè riconosciuti da questo gigantesco sito a cui il Loner ha lavorato (e ha fatto lavorare, mi sa) negli ultimi anni. Così, ricorro al mio account gmail e la cosa va in porto nel giro di alcuni secondi. Nella casella di posta elettronica mi arriva una mail di Neil, una lettera indirizzata e firmata che mi fa tremare le gambe e battere il cuore (<<Abelardo? Eloisa? tiè!>>). Leggo distrattamente una lista di istruzioni in inglese, salto a piè pari un video tutorial sempre in lingua e passo ad aprire gli archivi. L'interfaccia è una meraviglia. Imposto come preferita la modalità timeline, semplice e intuitiva. Non c'è traccia dei dischi perduti, ovvero quelli destinati- nel catalogo fisico -alla famosa SRS (Special Release Series), sulla quale, dall'anno dell'annuncio (2009), è stato pubblicato solo Hitchhiker (nel settembre scorso e per giunta come quinto cd della serie): tuttavia, nella sezione FAQ del sito, leggo che verranno messi presto. E' notte, ho le cuffie e non posso gustarmi la tanto sventolata qualità audio delle canzoni pervenute a tutto volume nell'impianto. Lo faccio l'indomani. Se mancavano ulteriori prove per dimostrare il fallimento di Pono e di tutte le strampalate teorie di Young sull'alta fedeltà nella musica liquida (recentemente si è distinto anche come sostenitore del progetto di streaming "di qualità" denominato Xstream), paradossalmente sono proprio i suoi archives a fornirle: le canzoni che possiamo ascoltare qui sono semplici file mp3 in risoluzione 320 kbps; poi, chiaramente, se spostiamo il cursore dalla sigla "320" su "Master" otteniamo lo stesso file in qualità 24bit, ma occhio a non avere il PC (dallo smartphone non è possibile accedere agli archivi se non tramite una app che sembrerebbe essere in arrivo) troppo occupato o sovraccarico. La risoluzione, in questo caso, diventa paragonabile a quella di un cd semplice: il che, per un artista che fu fra i primi a interessarsi a formati ottici di fascia superiore e che ha impiegato oltre vent'anni prima di poter ripubblicare interi capolavori della propria carriera in HDCD o DVD-Audio, fa quantomeno sorridere. Per il resto, il sito è bello da vedere e piacevole da visitare e magari- fin tanto è gratis -iscriversi e bazzicarlo non fornirà le risposte alle grandi domande dell'esistenza ma sicuramente renderà più sopportabile viverla. Concludo con una dritta: se di fronte alle cartelle dei film e/o documentari vi viene duro, sappiate che sono corredate da schede di informazioni, foto, link a video preesistenti su YouTube ma che non avrete nessuna possibilità di visionare il materiale, nè parzialmente, nè per intero. Anche in questo caso, come accennavo poco sopra, ad oggi 7 dicembre, nessun barlume di materiale inedito: il che, per uno che è dalla tarda adolescenza che anela ad ascoltare Homegrown, è un po' frustrante.

Dal 2 dicembre entro anche in modalità "cene". Lo so che ingrassiamo, riempiamo i nostri corpi di sostanze inusuali, se non, talvolta, di merda, ma attendere il solstizio di inverno cenando in compagnia presso tavolate di ogni forma, colore e dimensione è il massimo. Capita, tuttavia, di non digerire immediatamente il ben di dio ingurgitato la sera prima, e così, certe domeniche mattina, invece di essere votate al sacrosanto riposo, finiscono col partire con largo anticipo. Sono momenti in cui, se supero il giramento di coglioni, cerco di far volare alti i pensieri, leggo un libro, disegno, ne approfitto per stare un po' da solo con me stesso, spippolando il computer e lasciandomi trasportare dalla corrente di quei siti e-commerce a cui, ogni tanto, devolvo il mio obolo. Come il web 2.0 ci ha ormai abituati, è facile cliccare su un prodotto che ci interessa e che, subito dopo, negli spazi dedicati alle inserzioni del sito visitato poc'anzi, si configurino oggetti identici o simili, segnalati con insistenza e venduti "a partire da" una cifra sempre e comunque inferiore a quella visualizzata precedentemente. Oggi mi si para davanti, in tutto il suo splendore, DVD dei Led Zeppelin. Ci avete mai pensato a che razza di titolo meraviglioso e definitivo è DVD per un dvd? Quando da ragazzino presi in mano, svenandomi, DVD dei Led Zeppelin, non sapevo cosa ci fosse dentro, ma mi resi perfettamente conto che stavo portandomi a casa un pezzo di Storia. Era nei negozi da un paio d'anni e continuava a vendere una cifra pazzesca (pazzesca, intendo, per un DVD musicale), costava una cifra con cui oggi compri un box con tre stagioni de Il trono di spade e faceva il paio con The Song Remains the Same, che avevo trovato in forte sconto, alcuni mesi prima, alla Coop di Poggibonsi. Ingenuamente, lo misi a disposizione durante l'autogestione scolastica della primavera successiva e sparì prima che riuscissi a pronunciare la parola "Knebworth". Non ho mai saputo il nome di chi lo rubò, ma spero tanto che abbia una faccia su cui, prima o poi, io possa sputare in totale tranquillità. Nel frattempo, dopo quasi dodici anni di separazione forzata, ho deciso di risolvere. Gioiamo! La bellezza ha vinto di nuovo.

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