giovedì 7 maggio 2015

Dwight Yoakam, "Second Hand Heart" [Suggestioni uditive]

Dwight Yoakam,
Second Hand Heart
(Reprise/ Warner Music, 2015)
★★★★
















Stavolta la faccenda è seria. Molto seria.
Essendo nato a Pikeville, Kentucky, nell'ottobre del 1956, Dwight Yoakam viaggia tranquillamente per i sessanta, e viene da chiedersi perchè abbia aspettato così tanto prima di pubblicare il suo capolavoro.
La risposta, forse, è all'interno di Second Hand Heart, fatto uscire a metà aprile per la Warner e subito additato dagli esperti del settore come uno dei suoi migliori dischi (per chi scrive, il migliore), splendidamente prodotto assieme a Chris Lord-Alge e nettamente distaccato da quanto egli ha suonato e pubblicato in trent'anni di carriera. 
Infatti- a dispetto della sua copertina che mischia l'Elvis di Warhol con l'estetica western e con i trascorsi del suo autore -Second Hand Heart non è un album country, ma un disco di puro, solido rock con tutte le risme del caso. E' l'album che manda a casa tre quarti della musica commerciale di Nashville, quello che Bruce Springsteen non riesce più ad incidere dai tempi di The Rising, quello che arriva laddove neanche i migliori Hiatt, Pearl Jam, Mellencamp, Foo Fighters e rockers assortiti riescono ad arrivare e, infine, quello che riesce a dare finalmente un senso di compiutezza artistica agli ultimi anni di attività dello stesso Yoakam, che già sembrava rinato nell'ottimo 3 Pears (prodotto da Beck per la ritrovata Reprise un paio di anni fa).
I puristi del mondo country, quelli che masticano tabacco, non si tolgono mai il cappello e non vivono di certo nel nostro paese, dovrebbero indignarsi e dare Second Hand Heart in pasto ai propri cavalli, ma non è così, visto il debutto alla seconda posizione della Country Chart (l'album è invece diciottesimo, come numero di vendite, nella Billboard USA) e le oltre ventimila copie fatte sparire solo nei primi cinque giorni di permanenza nei negozi. Del resto, Second Hand Heart contiene canzoni una più bella dell'altra, ognuna con una sua identità, grintosa o evocativa che sia. Yoakam, che poteva ritirarsi a produrre country commerciale a Nashville e campare di rendita, passa con una naturalezza inusuale dagli swing elettronici alla malinconia di quel paio di ballate che trafiggono il cuore e arrivano sempre al momento giusto.  E il punto non è mai il genere, il pubblico o il marketing, ma l'opera in sè. E l'opera in sè profuma di straordinario.
Le chitarre di In Another World sono un godimento che scende dal cielo, e preludono ad una sferragliante trafila di brani meravigliosi: She, Dreams Of Clay, Believe, Liar, la title-track e la conclusiva V's Of Birds. Rimangono fuori solo il bluegrass di Off Your Mind, la scatenata Man Of Constant Sorrow e l'unico anello debole della catena, ossia The Big Time (che ha però ottenuto grande successo come singolo radiofonico). Vale la pena sottolineare che attorno a Yoakam si sono radunati musicisti straordinari, con ogni probabilità fondamentali nella creazione dell'amalgama che compone queste dieci tracce di grande musica americana. Un impasto strumentale sopraffino e un calore musicale davvero contagioso (almeno per chi si lascia contagiare volentieri dalla buona musica), fanno il resto. E poi ancora cuore, radici, presente e- perchè no? -futuro.

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