mercoledì 31 ottobre 2012

Risvegli di altri tempi [Trame]

PREMESSA

Da una parte mi duole molto doverlo ammettere, ma il 31 ottobre è uno dei pochi giorni del calendario che fa riaffiorare in me una serie di lunghi, importanti e soprattutto nitidi ricordi. 
Alcuni anni fa, per celebrare proprio il ricordo di un epico "post-Halloween" liceale, scrissi un macabro racconto dove la  vita vissuta si confondeva con la finzione. Fortuna vuole che quello scritto non sia andato perduto e che proprio oggi mi sia venuta voglia di rileggerlo. Lo pubblico sul blog senza alcuna modifica. 
Buona lettura.

RISVEGLI DI ALTRI TEMPI

Den (abbreviativo di Denis) si portò una mano dietro la schiena, quasi volesse controllare di non averla persa per strada; era giovane e sapeva che, in ogni caso, ce l'avrebbe fatta. Sollevò la testa dal freddo parquet e aprì il sacco a pelo. La sveglia segnava le 6:55. Ho dormito solo un'ora e 50! pensò. Si alzò con molta calma e buttò gli occhi sui propri compagni di stanza: intravide, nella penombra, tre ragazze che dormivano profondamente, mano nella mano, accatastate su un letto a castello, e per poco non calpestò un giovanotto riccioluto disteso vicino alla porta della camera. Il controllo si estese alle altre stanze della casa: il cesso non ospitava nessun'entità dalle sembianze umane, mentre il matrimoniale della camera adiacente era occupato da due ragazze completamente nude e “Il Pottone”, l'unico in quel momento ad essere sufficientemente coperto. Den si soffermò sull'organo genitale di una delle due, probabilmente rimasta a gambe larghe per tutta la notte, e socchiuse la porta, discreto e silenzioso come un maggiordomo. Afferrò la giacca di velluto marrone e si diresse in salotto, alla ricerca di qualcuno in grado di fare un caffè. Ancora scene di orgia: una coppietta di quindicenni, dopo aver passato la serata precedente a litigare, giaceva ora su di un vecchio divano, circondato da una mezza dozzina di bottiglie di vino svuotate, un paio di Durex usati e vagonate di fazzoletti di carta. Questa è l'adolescenza? si domandò Den tirando fuori dal frigo un cartone di succo di frutta Mango&Pesca. Non sembra niente di che... anzi, secondo me queste cose dovrebbero essere la consuetudine, a 15 come a 30 anni... Andò fiero di questo suo pensiero e sentì di meritarsi una pisciata e una sigaretta. Dal salotto una portafinestra conduceva ad un piccolo giardinetto, dove l'acqua per innaffiare le piante veniva sovente sostituita dal vomito dei festaioli incalliti, cui si andava ad aggiungere, or ora, il piscio caldissimo e giallo di Den. Se lo scrollò velocemente, mentre davanti agli occhi si susseguivano le immagini della sera precedente: cosce di fuori, labbra carnose, scollature vertiginose, capelli tinti, uva rossa di fine stagione, Bombay Shappire e tonica, birre di qualsiasi provenienza e gradazione, peni in erezione, giochi della bottiglia, posacenere stracolmi, crostini con i fegatelli, capezzoli turgidi, “odore del sesso”. La colonna sonora? Al momento non ricordava nessuna canzone in particolare, se non le urla del godimento selvaggio e adolescenziale che giungevano praticamente da qualsiasi angolo della casa. Il bello è che nessuno viene mai alle feste per fare questa vita... non sono neanche feste, anche perché il tutto inizia quando qualcuno se ne esce dicendo di avere casa libera per un paio di giorni e propone una cena da lui... i genitori ti accompagnano a casa del tizio e pensano ad un innocente cena (magari col bicchiere di vino in più) con conseguente pigiama party, ma non ai figli che si scopano anche due 15enni alla volta, ai fumi dell'alcool e alla gente che dorme in qualsiasi buco libero della casa... ma non credo che i genitori debbano capire queste cose, no...non devono neanche porsi il problema... non devono proprio sapere che cazzo di vita fanno i propri figli! Nel pensare tutto questo si sentì molto maturo, sicuramente ad un livello superiore rispetto a quello di quei compagni che starnazzavano riguardo le incomprensioni familiari e stronzate simili. Rientrò tutto fiero di sé e si accese una sigaretta. Notò che, nel frattempo, la coppietta si era alzata ed era andata al bagno. Tirò un'ultima lunga boccata e spense la Marlboro dentro una bottiglia di birra; la porta del cesso era aperta: i due giovani si stavano dando una ripulita, lui sciacquandoselo bene e lamentandosi un po' per il mal di testa, lei seduta sul bidè, con il buco rivolto verso il getto dell'acqua. Den si fece avanti e chiese se uno dei due, per caso, avesse voglia di fare del caffè. Nessuno. Non fece neanche in tempo a riuscire che sentì un urlo provenire dalla camera matrimoniale: le due ragazze si erano accorte che “Il Pottone” era morto, chiamando a sé tutte le altre persone. Nella camera c'erano tutti, ma non aleggiava minimamente odore di morte, quanto un'aria di disarmante indifferenza. “Il Pottone” aveva qualche anno più di noi- iniziò a dire Den -e tutti sapevano che si ficcava in corpo pasticche e roba simile, oltre ad una ventina di cicchini ogni giorno e quelle schifezze da mangiare...diciamo che poteva succedere e affrontiamo il problema. Tutti i presenti iniziarono a scervellarsi, perché affrontiamo il problema equivaleva a far sparire il cadavere e fare in modo che nessuno tornasse a cercarlo laggiù. Gli elementi che giocavano a favore di questi ragazzi non erano pochi: tanto per iniziare, “Il Pottone” era molto indipendente e, in casa sua, nessuno sapeva mai dove poteva essere il figlio; bastava che avesse dietro una banconota da 50 euro e il cellulare acceso, poi era fatta. Inoltre, era solito allontanarsi da casa per due o tre giorni ogni fine settimana, per andare a rimediare la fica a giro, scortato solitamente da “Pottino” e “Chocolat”, i suoi due più umili servitori; ma non c'era di che preoccuparsi neanche in questo: di fatti, questi ragazzotti erano stati assenti in questa serata e lui non lasciava loro mai detta la propria destinazione. Fu convocata la padrona di casa, una di quelle che aveva avuto l'onore di donare al “Pottone” l'ultima scopata della sua vita. Fu interrogata sulla zona circostante alla cascina e su quali luoghi potessero essere adatti ad occultare il cadavere. Lei rispose in maniera ferma e precisa, con una sicurezza impensabile, vista la situazione: un pozzo abbandonato distava solo un chilometro e mezzo dall'abitazione ed essendo praticamente sommerso dalle frasche non veniva mai controllato dalla Guardia Forestale. Den le accarezzò una guancia con aria di complimenti e fece cadere gli occhi sull'apertura dell'accappatoio che lasciava intravedere il seno.
Un gruppetto di tre maschi si vestì velocemente e chiuse “Il Pottone” in un vecchio sacco a pelo marroncino, che fu, a sua volta, legato ad una corda e trascinato fino al punto prestabilito. Qualcuno optò per frugare il prematuramente deceduto, alla ricerca di qualche banconota di grosso taglio, ma Den fu chiaro: Ascoltami bene, testa di cazzo...ho fretta di tornare a casa e non me ne frega niente di avere soldi da questo tossico schiantato! Quindi buttiamolo giù e speriamo che non tocchi più a nessuno, altrimenti addio feste! Procedettero in silenzio alla macabra operazione e, assicuratisi che tutto fosse andato per il meglio, ripartirono. Nessuno riaprì bocca fino a casa, quando tutti trovarono subito qualcosa da fare: chi si attaccò nuovamente alla bottiglia, chi si accese una sigaretta, chi strappò via i vestiti a qualche ragazzina arrapata e la invitò a seguirlo. Den osservò la scena divertito e notò, con piacere, che il vecchio divano era libero. In quel momento se ne fregò di quante scopate poteva essere stato il palcoscenico e vi si sedette. Accese la televisione e un'altra paglia; su Rete All Music mandavano E... di Vasco. Che bel titolo per una canzone disse a voce bassissima. In quel momento si ricordò che non aveva ancora trovato chi potesse fargli il caffè.


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