sabato 27 ottobre 2012

[Recensione] Le Belve

Oliver Stone non realizza un gran film dal 1991 (da JFK), ma nel frattempo Assassini nati (1994) mi ha fatto divertire, Ogni maledetta domenica (1999) mi ha commosso e ho molto apprezzato la volontà di accantonare le usuali teorie complottiste allo scopo di fornire un più semplice e  crudo ritratto dell'eroismo e del sacrificio in World Trade Center (2006). 

Non nascondo che per Le belve avevo aspettative un po' più alte del solito: mi piaceva la trama, mi piaceva il fatto che Don Winslow avesse scritto la sceneggiatura tratta dal suo libro, mi piaceva Daniel Mindel come direttore della fotografia. Comincio col dire che non c'è niente di più semplice di una storia come quella delle Belve: Ben (Johnson) e Chon (Kitsch) coltivano la migliore erba del mondo, condividono la bellissima Ophelia (Lively), si godono la vita a Laguna Beach e prendono il sole trecentosessantacinque giorni l'anno; Elena (Hayek), spietata boss del cartello Baja, vuole impossessarsi del romantico business di questi simpatici surfisti "sfattoni" e ovviamente fa rapire al sadico e cattivissimo Lado (Del Toro) la bella Ophelia. Nel mezzo, abbiamo Dennis (Travolta), la macchietta dell'agente federale doppiogiochista i cui unici interessi sono tenersi il posto e continuare a far fumare le canne alla moglie, malata terminale di cancro. Fortuna vuole che dopo due delle due ore e dieci di film si scopra che Elena (sempre più inspiegabilmente materna nei confronti del suo ostaggio) ha una figlia, che immediatamente viene rapita da Ben e Chon e scambiata con la loro ragazza. Il finale disneyano affonda in litri di sterco anche quelle due o tre cose salvabili di questo palloso pasticcio interamente costruito su dialoghi inefficaci e personaggi sfruttati male (Emile Hirsch spara due battute e sparisce). Salma Hayek nel ruolo della dark lady recita peggio del solito, tanto da far desiderare che Oliver Stone la rimpiazzi con Benedetta Parodi almeno per il secondo tempo. E per quanto belle siano, le curve di Blake Lively non valgono i sette euro del biglietto, così come non li valgono alcuni brani della colonna sonora, o le belle onde californiane che tempestano lo spettatore dall'inizio alla fine del film. Basta andare da Hollister e mettersi a fissare i due maxi-schermi all'entrata, a quel punto.

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