martedì 20 gennaio 2015

Ryan Bingham, "Fear And Saturday Night" [Suggestioni uditive]

Ryan Bingham,
Fear And Saturday Night 
(Lost Highway Records, 2015)

★★★★















Talvolta non è necessario stare seduti in una decappottabile che sfreccia per qualche highway americana per sentire l'odore della polvere, vedere l'asfalto arroventarsi metro dopo metro e sentirsi ancora giovane e invincibile. Dico questo perchè non sono americano, non risulto più inscrivibile fra i teenagers, non amo le decappottabili (ma d'altronde, quale macchina amo?) e proprio non soffro il caldo: eppure può succedere, molto di rado, che le canzoni (e come loro i libri o i film) divengano le espressioni perfette di noi stessi. Ad esempio, non capisco come un certo tipo di romanticismo che odora lontanamente di dannazione stia passando di moda, ma non mi interessa: a rimetterci sono gli altri, io ho fra le mani Fear And Saturday Night di Ryan Bingham e conto di ascoltarlo per un bel pezzo.
Per i non addetti ai lavori, Bingham non è un cantautore qualsiasi partorito dall'industria discografica: Bingham è un trentaquattrenne texano, sin da piccolo intento a lavorare nel deserto in mezzo a serpenti e cavalli, cresciuto suonando la chitarra e cavalcando tori. Uno che la prateria la conosce e ne conosce le storie, quelle storie che ha raccontato sin dall'esordio Mescalito (2006) e che, nel 2010, lo hanno portato fino ad Hollywood, dove ha vinto l'Oscar per la migliore canzone con The Weary Kind (nella colonna sonora di Crazy Heart) ed è arrivato alle orecchie di un po' tutto il mondo (comprese quelle del sottoscritto). Da parte mia, sono stato un accanito sostenitore del suo secondo album, Roadhouse Sun (2009), ma pure il successivo Junky Star (2010), prodotto da T-Bone Burnett e maggiormente virato al rock, rimarrà fra i dischi del decennio, sia per la bravura della band di accompagnamento (i Dead Horses) che per l'eccelsa qualità dei testi.
Il nuovo Fear And Saturday Night segna il ritorno di Bingham alla Lost Highway Records dopo una strampalata avventura nel mondo dell'autoproduzione (Tomorrowland è uscito tre anni fa e non vale la pena ricordarlo). Il giovane cantautore lo co-produce assieme a Jim Scott (chi ama Tom Petty, gli Wilco e i Foo Fighters lo avrà sicuramente sentito nominare) e tira fuori un altro mezzo capolavoro sospeso fra alternative country (che poi è l'unica forma di country contemporaneo che valga davvero la pena di ascoltare) e outlaw rock in perfetto stile texano. Il torrido clima del Sud che permeava tutto Roadhouse Sun e ne faceva un autentico e attualissimo disco dell'estate lascia stavolta spazio alle tenebre e alla paura: Nobody Knows My Trouble è una pagina deliziosa, anche se un po' amara, un "notturno" che segue le orme di quei grandi brani di Townes Van Zandt che solo all'apparenza suonavano ironici e spensierati. Con Broken Heart Tattoos l'album inizia sul serio: la canzone è un tenero inno al passato, all'amore perduto, alle illusioni e al fallimento (irrinunciabile tema pregnante di tutta l'opera di Bingham, e prima di lui dell'intera compagine degli outlaw-rockers). In Top Shelf Drug e Island In The Sky, Ryan si abbandona di più a quelle elucubrazioni "acide" che non mi hanno fatto piacere Tomorrowland anni fa e che ora più che mai mi sembrano fuori luogo e inadatte ad un disco dove si parla di tutt'altro. Adventures Of You And Me è una brillante galoppata per boschi e fiumi in cui i protagonisti si fermano a pescare pescigatto, accendono un fuoco e fanno l'amore. E poi arriva la title-track, quella Fear And Saturday Night che dimostra quanto Ryan Bingham non sia affatto un poeta scialbo, meditabondo e zuccheroso come il novanta per cento dei suoi rivali odierni di Nashville. Qualunque idea di paura può cozzare male con il sabato sera, specie perchè è questo l'unico e universale momento di puro divertimento e spensieratezza della settimana, ma non è detto che debba durare per sempre. La fear a cui allude il titolo non è tanto una malinconica riflessione sull'adolescenza ormai tramontata e su quando davvero il saturday night rappresentava quel momento magico su cui investire tutti i sogni e le aspettative, bensì l'espressione della paura che può farsi strada, nella tarda giovinezza di ognuno di noi, sotto forme diverse.
Si va avanti con la solennità acustica di My Diamond Is Too Rough, passando sopra anche a un pezzo bruttino e insignificante come Radio e approdando a Snow Falls In June, un brano che certo non necessita di smosse rock per risultare pienamente riuscito, così come lo è la successiva Darlin', un'autentica canzone di amore texana che però non suona infantile o scopiazzata come un qualunque pezzo dei Kings Of Leon. L'onesta Hands Of Time, oltre a confermare definitivamente che in Fear And Saturday Night non c'è proprio spazio per il blues (ma non gliene faccio certo una colpa), ci porta diretti verso la fine dell'album: Gun Fighting Man è il modo- forse un po' dylaniano -di lasciarsi alle spalle le tenebre e di affrontare di nuovo l'alba. La band suona ancora in un angolo, Ryan Bingham canta in maniera meravigliosa e io mi accorgo che la bellezza di Fear And Saturday Night è merce rara. Musica in grado di commuovermi. Non la evito (perchè evitarla poi?), ma la ascolto. E scopro felicemente che è in grado di descrivere esattamente come mi sento e chi sono oggi e che Ryan Bingham si riconferma come il vero cantautore alternative country del nostro tempo.

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