venerdì 16 novembre 2012

Si fottano Bella, Edward e chi li guarda!

Inutile dire che l'arrivo nelle sale dell'ultimo atto (harrypotterianamente studiato) della saga di Twilight abbia scatenato il delirio di quelle che qualche anno fa erano definite "simpatiche pischelle con un debole per un bel ragazzo avvezzo a succhiare il sangue altrui". Tuttavia, mi fermo a pensare e mi immagino queste mentecatte pseudo-gotiche di età compresa fra i dodici e i venticinque uscire dal cinema scortate da infelici maschietti sempre più arrapati dall'anoressia di Kristen Stewart: se da una parte sono convinte di avere visto un "bel film" o "un capolavoro", dall'altra sono divenute completamente inutili agli scopi di Madre Natura o chi per lei. Sì, perchè dopo il Duemila i fanatici di certi fenomeni hanno avuto vita breve: pensiamo, ad esempio, a chi ha fatto del Signore degli anelli una religione. Ad oggi, i tolkieniani si possono suddividere in tre categorie: i primi sono stati internati per aver preso a spadate la propria madre; i secondi sono andati ad Est con l'intenzione di trovare la Terra di Mezzo ma hanno preferito fermarsi a Budapest, dove tuttora risiedono, a bere vodka di pessima qualità sotto un ponte; i terzi hanno aperto qualche centro sociale di destra dal nome altisonante e sognano riforme parlamentari che permettano di usare il 25 aprile come ricorrenza della battaglia di Minas Tirith. Personalmente, ormai un po' di anni fa, ho rischiato di appartenere alla prima categoria. 
I fan di Twilight rimangono quelli della peggiore specie: nascono sfigati e moriranno sfigati. Lettori di opere scritte in maniera frettolosa e scadente (R.L. Stine coi suoi Piccoli brividi era nettamente superiore come scrittore), affascinati con orgoglio da cose che neanche cinquecento anni fa li avrebbero condotti al rogo (cosa per la quale potrebbe valere la pena di assumere un atteggiamento nostalgico), per fortuna stanno per estinguersi. Dopo che l'ondata di euforia di questo Breaking Down-Pt. 2 sarà passata, torneranno alla loro inutile vita, a quel punto priva di ogni scopo. Ma se i più saggi di loro avranno voglia di mettere da parte le masturbazioni mentali di Bella ed Edward ("che poverini non possono trombare") ma di continuare ad amare i vampiri, ecco tre film da vedere (che poi sono i miei film preferiti di vampiri generici, quindi niente Dracula e niente Nosferatu).

INTERVISTA COL VAMPIRO (1995)
di Neil Jordan


Tratto da Le cronache di vampiri di Anne Rice e magistralmente diretto dall'irlandese Neil Jordan, è il film sui vampiri più completo che esista: tratta del vampirismo vissuto quasi come una condanna, con due amici-nemici (Brad Pitt e Tom Cruise) che viaggiano attraverso i secoli, vivendo o sopravvivendo. Finchè, nella San Francisco del 1995, Louis (Pitt) decide di raccontare ad un giornalista tutta la storia, costellata di amori irrisolti (la torbida vicenda della piccola Claudia, interpretata da una Kirsten Dunst alle prime armi), dolore e tanta, tanta paura della luce. Titoli di coda da Oscar.

DAL TRAMONTO ALL'ALBA (1996)
di Robert Rodriguez


Perla unica e spettacolare nel panorama del cinema vampiresco: inizia come un thriller tex-mex servito su un piatto road-movie e va a finire come un horror splatter a sfondo demoniaco. Prodotto, sceneggiato (benissimo) e interpretato (un po' meno bene) da Tarantino, offre un gruppo di attori eccellenti (George Clooney giovane e sinceramente cattivo, Juliette Lewis agli inizi, Salma Hayek come dark-lady convince, Harvey Keitel è grande come sempre, Michael Parks veste per la prima volta i panni dello sceriffo Earl, Danny Trejo ha qualche anno e qualche tatuaggio in meno, serve tequila ai gringos ma è già cattivo come in Machete) e personaggi fenomenali (Richie, maniaco sessuale con l'apparecchio ai denti, Jacob, il prete in crisi che fa una croce con una mazza da baseball e un fucile a pompa, l'avvenente Kate, che da timorata di Dio si scopre essere un'abile cacciatrice di vampiri, il tamarro Sex Machine, dotato di pistola inguinale, e molti altri). Ironia della sorte: il direttore della fotografia Guillermo Navarro (maestro della luce anche in Jackie Brown e ne Il labirinto del fauno) è lo stesso dei due Twilight-Breaking Down. Chissà quanto rimpiange quel bar messicano da camionisti dove si svolge lo scontro finale di Dal tramonto all'alba

VAMPYR (1932)
di C.T. Dreyer


Il primo film sonoro di Dreyer è anche uno dei suoi più belli e maledetti. Dimentico delle lezioni  sui vampiri tedesche (il Nosferatu di Murnau) e anglosassoni (il Dracula di Browning), il grande regista danese sfrutta le più "adulte" novelle di Le Fanu, un avvocato irlandese dell'Ottocento con il vezzo della scrittura e porta sullo schermo la storia di David Gray, improvvisato cacciatore che deve liberare dall'incubo una delle due figlie di un'aristocratica vampira. Girato fra Francia e Germania, prodotto e interpretato dal misterioso barone Nicolas De Gunzburg (che pretese il ruolo di protagonista sotto lo pseudonimo di J. West), è un film in cui la storia è semplice e ridotta all'osso: qua contano le suggestive ambientazioni e la messa in scena, superiore per impatto emotivo anche allo stesso Nosferatu e supportata dal direttore della fotografia polacco Rudolph Maté (già presente nei film precedenti di Dreyer e destinato ad un grande successo nella Hollywood degli anni '50). Il film fu un cocente insuccesso: la critica vi vide letture anti-cristiane e Vampyr fu censurato un po' ovunque in Europa. La versione che oggi è possibile reperire è quella ricostruita e restaurata da un team italo-tedesco nel 1998. Un capolavoro.   


  

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