Non è questo il luogo dove festeggiare i cinquant'anni del personaggio James Bond. In compenso, è il luogo dove poter osannare lo splendido lavoro svolto da Sam Mendes per 007 Skyfall. Se i precedenti film dell'agente segreto britannico (Casino Royale e Quantum Of Solace) avevano ampiamente dimostrato la validità di Daniel Craig come interprete di 007 (io rispetto il luogo comune che lo vuole "il migliore dai tempi di Connery", nonostante abbia adorato la piega "comica" del periodo Roger Moore) e un ottimo lavoro a livello di regia e sceneggiatura (soprattutto nel primo film), qui si raggiungono livelli mai toccati da qualsiasi altro film che vede protagonista 007.
Il galoppante inizio turco è esagerato come tutti gli inizi di Bond, ma stavolta è diverso.
I titoli di testa sono inferiori per grafica e colonna sonora (Adele, banalissima) ai suoi predecessori.
Il fatto che il film sia girato per l'80% a Londra è un qualcosa letteralmente fuori dal comune.
Il nuovo Q è un nerd molto al passo coi tempi interpretato dal bravissimo Ben Whishaw.
La bond-girl Sévérine (Marloe) ha un peso veramente minimo: e meno male, tanto non può competere- almeno nel cuore di Bond -con la Eva Green, il grande amore perduto di Casino Royale.
Javier Bardem potrebbe essere uno dei tre migliori cattivi bondiani di tutti i tempi (nel mio podio personale, lo è già): personaggio sinceramente cattivo, viscido, altamente psicolabile. Insomma, un vero schifo d'uomo.
Gli ultimi quaranta minuti di film sono puro cinema d'autore: dalla fuga con M dentro l'Aston Martin DB5 (quella di Goldfinger) all'arrivo a Skyfall (la dimora scozzese del clan Bond), dall'incontro con il guardiacaccia Kincade (Finney)- a mio avviso, il miglior personaggio del film -all'assedio della casa, Mendes dà al film un ritmo impeccabile e sancisce definitivamente l'unione fra Craig e James Bond. Stavolta il personaggio è lontano dagli stereotipi dello "spy-movie". Come l' "umanissimo" Batman di Nolan, il Bond di Mendes non sa se restare nell'ombra o tornare in servizio: ed è il ritorno alle origini (ebbene sì, anche James Bond ha avuto una famiglia), per quanto dolorose e avvolte nel mistero possano essere, la chiave di lettura del destino dell'agente segreto.
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