venerdì 12 giugno 2015

Rolling Stones, "Sticky Fingers- Deluxe Edition Boxset" [Suggestioni uditive]

Rolling Stones,
Sticky Fingers- Deluxe Edition
(Universal Music, 2015, 2 Cd+1 DVD+Booklet)
★★★★















Prima dei rotocalchi e del jogging, prima dell'acqua minerale e dei concerti al Circo Massimo, prima del  caro-prezzi dei biglietti e dei Pirati dei Caraibi, prima del Super-Bowl e della musica sintetica, prima delle iperproduzioni di Don Was e delle settimane mondiali della moda, esistevano i Rolling Stones, una rock band inglese che nel 1970 aveva già venduto milioni di dischi e godeva di un successo che aveva lasciato di stucco tutti, perfino quei Beatles loro contemporanei e conterranei. Il contratto con l'istituzionale Decca si era concluso alcuni mesi prima, all'uscita del seminale capolavoro Let It Bleed (1969). Il gruppo era ancora scosso per la morte del suo storico leader e fondatore Brian Jones, l'uomo che in meno di un lustro aveva preso gli Stones e, partendo dagli standard R&B e blues, li aveva fatti rotolare attraverso tutte le tendenze della musica rock degli anni sessanta. E se Beggar's Banquet (1968) aveva esemplarmente incarnato il lato oscuro degli anni Sessanta, Let It Bleed rappresentava l'incandescente, mistico finale umano e artistico dell'epopea terrena di Jones, nonchè l'apertura verso nuove formule produttive e sonore (il coinvolgimento, fra gli altri, di Ry Cooder, Jack Nitzsche e Al Kooper, l'arrivo di Mick Taylor alla chitarra solista, la fusione fra il rigore britannico e le ruvide influenze d'oltreoceano, la produzione di Jimmy Miller). Il risultato era un disco magnifico e variegato, registrato on the road, dove capitava, un po' come Led Zeppelin II, uscito sempre nello stesso anno. Ogni brano, in Let It Bleed, faceva storia e genere a sè, e forse fu proprio per questo che il capolavoro successivo (perchè quella che gli Stones tirarono su dal 1968 al 1973 fu una sfilza di capolavori, c'è poco da fare) sarebbe stato un album omogeneo e inscrivibile in toto in quella grande Bibbia che è la musica americana. Questa grandiosa opera si sarebbe chiamata Sticky Fingers, avrebbe avuto una gestazione rilassata (le incisioni iniziarono addirittura nella primavera del 1969) e sarebbe uscita per la loro nuova etichetta indipendente (The Rolling Stones Records) il 23 aprile 1971.
L'atmosfera delle dieci canzoni era quanto di più lontano si potesse immaginare dai primi embrioni di hard rock disseminati per il mondo in quel periodo o dal beat britannico che la band si era già lasciata alle spalle. Canzoni come I Got The Blues, Dead Flowers o Sway non solo rappresentavano una continuazione ideale di Love In Vain, Country Honk e Midnight Rambler, ma incarnavano compiutamente i suoni della storia e degli spazi degli Stati Uniti. Merito degli umori sudisti recepiti ai Muscle Shoals, della produzione di uno strafatto Jimmy Miller, di turnisti come Billy Preston, Ry Cooder, Nicky Hopkins, Jim Price e Bobby Keys, di fonti d'ispirazione quali Gram Parsons, Eric Clapton e Duane Allman (di fresco è saltata fuori una sua misteriosa "visita" agli studios in quei giorni lontani). Sticky Fingers è in larga parte un disco pastorale (Wild Horses), evocativo (You Gotta Move, Moonlight Mile) e romantico (Dead Flowers), ma pure robusto (Sway, Brown Sugar, Can't You Hear Me Knockin') e doloroso (Sister Morphine), segnato da quella musica delle radici che avrebbe permeato tutte e quattro le facciate di Exile On Main Street e che faceva leva primariamente sull'intensa bellezza delle canzoni. Come già avevano fatto Clapton, Dylan, i Byrds e i Grateful Dead, gli Stones avevano definitivamente seppellito ogni umore da Summer Of Love nel giardino di casa e si erano convertiti alle camicie di flanella, ai cappelloni e al bourbon. Vuoi per Music From Big Pink della Band, oppure per i primissimi album della Capricorn, anche Jagger e soci si ritrovarono a miscelare il rock col country e il country col soul di stampo Stax, e il risultato è tuttora stupefacente. Anche perchè oggi, senza badare a ricorrenze o anniversari, Universal ripubblica un'edizione espansa e definitiva di questo disco, rimasterizzato per la quarta volta (la prima nel 1994, la seconda nel 2009 e la terza, solo come SACD, nel 2011) e distribuito in quattro differenti versioni: standard (1 Cd o 1LP), extended (2 Cd), deluxe edition boxset (2 Cd+1DVD+Booklet) e super-deluxe edition boxset (3 Cd+1DVD+Book). I prezzi variano, rispettivamente, dai 14,90€ ai 130€, soldi che fareste bene a spendere, in ognuno dei quattro casi, solo se avete intenzione di ascoltare con decenza (cioè su un buon impianto o in una cuffia che non sia una Monster Beats qualsiasi) e religioso rispetto lo Sticky Fingers definitivo.
Da parte mia ho scelto la Deluxe Edition composta da: un primo disco contenente lo Sticky Fingers rimasterizzato, un secondo cd scisso fra cinque alternate takes e cinque pezzi registrati dal vivo alla Roundhouse sempre nel '71, uno scarno DVD che contiene Midnight Rambler e Bitch catturate in un celebre concerto al Marquee (il concerto completo è previsto per l'home video in estate), un bellissimo libro di 72 pagine e 4 cartoline. Premesso che la miglior riedizione di un disco dei Rolling Stones è stata e rimane quella di Some Girls, nel 2011, la Deluxe di Sticky Fingers aggiunge relativamente poco a quello che già si sapeva su questo capolavoro, ma le chicche non mancano. C'è una Brown Sugar completamente intagliata dalla slide guitar di Eric Clapton, la splendida Bitch "estesa", Wild Horses più semplice e vicina a quella incisa dai Flying Burrito Brothers di Gram Parsons (che tanto influenzò l'intera lavorazione di Sticky Fingers), Can't You Hear Me Knockin' scorciata di quattro minuti e orfana del mordente di quella definitiva, una Dead Flowers velocizzata e che ci mette un po' a conquistare l'orecchio. Molte takes di gran pregio, che si ascoltano volentieri, ma che davvero non hanno nulla da aggiungere alle canzoni confluite in quel perfetto disco di quarantaquattro anni fa.
Altro discorso vale la pena spenderlo per il "lato B" del secondo cd, ossia per i momenti live registrati alla Roundhouse di Londra il 14 marzo 1971, quando la scelta di auto-esiliarsi era già stata presa e gli Stones stavano solo facendo le valigie per la Costa Azzurra. Oggi è di gran moda parlare di "concerti di addio": ecco, la serata alla Roundhouse è un addio (che poi si sarebbe rivelato soltanto un arrivederci) rabbioso, infuocato, pervaso dall'eroina e da un'energia che la band di Jagger e Richards avrebbe dominato per i successivi cinque anni. Live With Me è al limite dell'hard rock, Stray Cat Blues (pezzo notoriamente jonesoniano) conosce un nuovo "direttore" in Mick Taylor, Love In Vain è nella norma, Midnight Rambler e Honky Ton Woman chiudono il set come meglio non si potrebbe.
Sempre live, sempre interessante, ma pure fastidiosamente breve è il DVD contenente Bitch e Midnight Rambler registrate al Marquee Club. Fra il pubblico, spettatori d'eccezione come Eric Clapton e Jimmy Page; sul palco, va in scena uno dei più grandi spettacoli rock di sempre e le telecamere lo filmano con la freddezza di una regia da telegiornale, ignare di assistere ad un qualcosa che non ritornerà mai: i Rolling Stones degli anni Settanta.

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