sabato 26 aprile 2014

[Recensione] Nymph()maniac Vol. 2

Manco a dirlo, per il Vol. 2 di Nymph()maniac vale quello che ho scritto sul Vol. 1: non può essere altrimenti, dato che si tratta dello stesso identico film diviso- contrariamente al volere del suo autore -in due parti.
Perciò, i motivi per cui questo secondo atto (equivalente agli ultimi tre capitoli del romanzo di Joe) appare più cupo, eccessivo e crudo risiedono nel fatto che la protagonista affronta gli anni della sua maturità umana, caratteriale ma, primariamente, sessuale: e dunque, mentre la sua insensibilità erotica diventa un qualcosa di totale, Joe dà alla luce un figlio, si avvicina al sesso multirazziale e al sadomasochismo, ripercorre- sempre con l'aiuto di Seligman -alcuni ricordi legati alla preadolescenza e racconta, faticosamenete, chi e cosa l'hanno portata ad essere pestata e abbandonata nel vicolo in cui l'abbiamo trovata ad inizio film. Come appare chiaro fin da subito, Nymph()maniac Vol. 2 è un viaggio dal piacere al dolore, "dalla Chiesa d'Oriente a quella d'Occidente". I contenuti si fanno sempre più espliciti (non importa se per affrontare il masochismo, la pedofilia, l'omosessualità o altri momenti della vita da quarantenne di Joe), i simboli sono sempre più arditi e criptici, le citazioni cinematografiche (c'è tanto di Pasolini, quanto di Tarkovskij) abbondano, le digressioni di Seligman tentano di soddisfare- talvolta rasentando il parodistico -quel pubblico non ancora piegato a ciò che un determinato tipo di mercato propone e standardizza nei cinema di tutto il mondo.
Ed è proprio Seligman, l'ascoltatore, il personaggio centrale e risolutivo del Vol. 2, e dunque di tutto il film: coltissimo, ateo, vergine, asessuale, totalmente in grado di rilasciare il giudizio finale su Joe. Tutti i capitoli partono da osservazioni acute di oggetti, icone e particolari (perfino di macchie sul muro) rinvenibili nel suo appartamento. Von Trier sembra aver concepito tutto Nymph()maniac per far godere Seligman, eremita avido di sapere che desidera conoscere la storia di Joe al solo fine di interpretarla, smontarla e ricostruirla servendosi della propria cultura; esattamente come fa anche un pubblico cinematografico. Lo stesso pubblico che rimarrà spiazzato di fronte al colpo di scena ultimo del film, con cui si riporta tutto ad una dimensione da filmetto pornografico, da genere di "serie Z", quasi voglia essere un boccone da dare in pasto a quella fetta di spettatori gretti e chiacchieroni che non aspettavano altro di saziare i propri pregiudizi.
Un finale che, parlo onestamente, a me ha dato parecchia noia e non mi è proprio piaciuto.

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