sabato 26 maggio 2012

Primavera bonelliana [Pt. 4]: la mossa del Saguaro

Carnegiea Gigantea è stato, fino a due giorni fa, il nome scientifico del Saguaro, un enorme cactus largamente diffuso nel deserto della Sonora, in Arizona; purtroppo, dal 24 maggio 2012, è anche il nome della nuova serie (neanche miniserie) "made in Bonelli". 
Mi spiace molto doverlo ammettere, ma a dodici anni esatti dall'uscita della più recente serie senza data di scadenza (Dampyr, del 2000), la Sergio Bonelli Editore continua a fare passi (da gigante) indietro; mi spiace non solo come lettore storico bonelliano (ho comprato il mio primo Tex nel 1994 e tuttora i Bonelli sono i fumetti che leggo di più), ma proprio come strenue difensore delle nuvole parlanti nostrane. Gli anni 2000 sono stati veramente miseri per la storica casa editrice milanese, che si è vista impegnata su più fronti: da una parte, ha chiuso delle collane ottime (le storiche Mister No Nick Raider e le meno storiche Napoleone e Magico Vento) e altre di cui pochi sentiranno la mancanza (penso ad aborti quali Gregory Hunter o Johnatan Steele); dall'altra, promettendo grandi rinnovamenti, ha dato alle stampe la bellezza di dieci mini-serie (a parte Volto Nascosto e il suo seguito Shangai Devil, sono tutte al limite del leggibile e del ridicolo) e sei romanzi a fumetti (alcuni validissimi, in questa serie). Dopo la morte del vecchio Sergio, il figlio Davide ha deciso di puntare tutto su due nuove serie fisse (Saguaro e Dragonero, l'attesissimo fantasy che uscirà a partire da aprile 2013) e una collana di graphic-novels che si intitolerà, semplicemente, Le storie


Il grave problema di Saguaro è che non ha la stoffa dell'eroe bonelliano. La posa da fratello povero di Renegade assunta nella copertina di Ritorno a Window Rock è già imbarazzante di suo, ma è la sua comparsa (pag. 5, vign. 3) a confermare la scarsa qualità del fumetto che stiamo leggendo. Saguaro è muto, immobile, anonimo: ci sono personaggi che trovano forza proprio nel loro mutismo, ma non è il caso di questo Navajo moderno, ex-militare, "personaggio di frontiera [...] sospeso fra due culture, due anime" (cito l'editoriale di Gianmaria Contro). Onestamente, a chi interessa, ad oggi, leggere un fumetto western ambientato nel 1972? Il pathos dei dialoghi mi ricorda molto quello dei primissimi numeri di Zagor (un vero fumetto d'avventura): peccato che fra Zagor e Saguaro corrano ben 49 anni di vita editoriale! La sparatoria che va da pagina 83 a pagina 91 è scontata come la colonna sonora di qualche b-movie texmex. La presenza di una spalla femminile come Kai Walken (uscita forse da Star Wars, visto il nome) farà rimpiangere- anche a coloro che a suo tempo la odiavano -la Legs Weaver collega di Nathan Never. E mentre il lettore riflette su tutto ciò in cui poteva impiegare più degnamente i 2,90 € del prezzo di copertina, Saguaro scompare in una capanna nel deserto, inghiottito dai vortici di sabbia, mentre cerca di dialogare con un falco (!!!).
Non penso che comprerò il numero 2.

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