Drones
(Warner Music, 2015)
★
Se si è fortunati, si capisce che il tempo, la maturità (chiamiamola così, va') e l'esperienza consentono di selezionare e scegliere ciò che ci piace e ci emoziona senza curarsi delle mode, degli imperanti "gusti attuali" e di ciò che tutti (i media, in primis) spacciano per attuale o post-moderno. Questo essere slegati e liberi consente (a me e credo anche a molti altri) di vivere sempre e comunque in un mondo parallelo ben più prezioso di quello ufficiale e di avere un metodo per capire ciò che vale e ciò che dura- a dir tanto -per una sola estate. Nel caso dei Muse, le estati riservate al successo di portata globale e agli applausi della critica più "impostata" saranno state più di una, ma sempre alla frutta sono arrivati.
Perciò, mettetevi il cuore in pace (cosa che io ho badato bene di fare nel 2009, all'uscita di The Resistance), ascoltatevi Mercy alla radio fino allo svenimento e andate a letto presto. Drones è il classico disco contrattuale della nostra epoca e non sfigurerà a fianco delle recenti produzioni di Placebo, Killers, Coldplay, Kings Of Leon e Kasabian, tutte band perlopiù coetanee e vicine negli intenti. Tutte abili nell'apparire convincenti quando c'erano da mettere a segno quei primi (buoni) colpi, e tutte insipide nel riproporre, stancamente, sempre la stessa, squallida canzoncina disgraziata.
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