Emmylou Harris & Rodney Crowell,
The Traveling Kind
(Nonesuch, 2015)
★★½
Da una parte c'è lei, Emmylou Harris, una vera "signora del rock", una che di sfizi se ne è tolti tanti: il suo nome compare in numerose opere capitali della musica del Novecento e alle sue spalle trova spazio una fulgida, pluriquarantennale carriera come solista, interprete, autrice, poetessa.
Dall'altra parte c'è lui, Rodney Crowell, texano, cresciuto alla corte di Townes Van Zandt, allievo di Guy Clark, emigrato a Nashville, sposato e divorziato da Rosanne Cash, figlia di Johnny. Due autentici outsiders la cui collaborazione non risale solo al recente Old Yellow Moon (vincitore, nel 2013, di un Grammy Award come Best Folk Americana Album), ma a molto prima. Di fatto, proprio dalla penna di Crowell furono partorite Amarillo e Till I Gain Control Again, due belle canzoni che trovarono spazio nel magnifico, terzo album della Harris, Elite Motel (1975). Da quel momento in poi il cammino dei due si sarebbe incrociato più volte, soprattutto nel percorso discografico di Emmylou, che sovente ricorse al cantante texano sia per le sue doti di paroliere che per la sua abilità chitarristica. Agli ultimi successi degli anni Ottanta seguirono oltre vent'anni durante i quali i due non avrebbero più lavorato assieme (fatta eccezione per Tragedy, canzone uscita nel 2000). Poi Old Yellow Moon, il successo, il Grammy e adesso questo The Traveling Kind.
Pur avendo dismesso l'immagine da ragazza di campagna in jeans e stivali da una trentina d'anni, la Harris non ha mai abbandonato il nudo e puro country. Tuttavia, queste nuove canzoni si aprono maggiormente verso le tastiere (The Weight Of The World) e la chitarra elettrica (If You Lived Here, You'd Be Home Now), fino a scendere laggiù nelle torride notti cajun con La Danse De La Joie, uno dei momenti più rappresentativi dell'eclettismo che sembra aver pervaso la coppia. Coppia che firma solo sei brani sugli undici totali: il resto è occupato da covers poco riuscite e ricicli di pezzi già pubblicati da Crowell e di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Notevole No Memories Hanging Around, un vecchio successo di Rosanne Cash rivisitato, ma di certo non basta ad accostare The Traveling Kind al suo predecessore.
Emmylou Harris è una delle mie cantanti preferite, lo dico col cuore, un'artista degna di rispetto, ricca di personalità, forza e dignità. Amo molte sue canzoni, mi piacciono sia Elite Motel che Wrecking Ball (il mistico capolavoro con cui tornò in auge, grazie anche alla produzione di Daniel Lanois, negli anni Novanta) e ritengo All The Roadrunning (altro disco di duetti, solo con Mark Knopfler al posto di Rodney Crowell) uno dei dischi più belli usciti negli anni Duemila. Ma dai solchi di The Traveling Kind, mi duole dirlo, spunta fuori un po' di puzza di lezzo: magari non copre quelle tre, quattro belle canzoni, ma è possibile avvertirla. E da appassionato non posso che dispiacermene.
Dall'altra parte c'è lui, Rodney Crowell, texano, cresciuto alla corte di Townes Van Zandt, allievo di Guy Clark, emigrato a Nashville, sposato e divorziato da Rosanne Cash, figlia di Johnny. Due autentici outsiders la cui collaborazione non risale solo al recente Old Yellow Moon (vincitore, nel 2013, di un Grammy Award come Best Folk Americana Album), ma a molto prima. Di fatto, proprio dalla penna di Crowell furono partorite Amarillo e Till I Gain Control Again, due belle canzoni che trovarono spazio nel magnifico, terzo album della Harris, Elite Motel (1975). Da quel momento in poi il cammino dei due si sarebbe incrociato più volte, soprattutto nel percorso discografico di Emmylou, che sovente ricorse al cantante texano sia per le sue doti di paroliere che per la sua abilità chitarristica. Agli ultimi successi degli anni Ottanta seguirono oltre vent'anni durante i quali i due non avrebbero più lavorato assieme (fatta eccezione per Tragedy, canzone uscita nel 2000). Poi Old Yellow Moon, il successo, il Grammy e adesso questo The Traveling Kind.
Pur avendo dismesso l'immagine da ragazza di campagna in jeans e stivali da una trentina d'anni, la Harris non ha mai abbandonato il nudo e puro country. Tuttavia, queste nuove canzoni si aprono maggiormente verso le tastiere (The Weight Of The World) e la chitarra elettrica (If You Lived Here, You'd Be Home Now), fino a scendere laggiù nelle torride notti cajun con La Danse De La Joie, uno dei momenti più rappresentativi dell'eclettismo che sembra aver pervaso la coppia. Coppia che firma solo sei brani sugli undici totali: il resto è occupato da covers poco riuscite e ricicli di pezzi già pubblicati da Crowell e di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Notevole No Memories Hanging Around, un vecchio successo di Rosanne Cash rivisitato, ma di certo non basta ad accostare The Traveling Kind al suo predecessore.
Emmylou Harris è una delle mie cantanti preferite, lo dico col cuore, un'artista degna di rispetto, ricca di personalità, forza e dignità. Amo molte sue canzoni, mi piacciono sia Elite Motel che Wrecking Ball (il mistico capolavoro con cui tornò in auge, grazie anche alla produzione di Daniel Lanois, negli anni Novanta) e ritengo All The Roadrunning (altro disco di duetti, solo con Mark Knopfler al posto di Rodney Crowell) uno dei dischi più belli usciti negli anni Duemila. Ma dai solchi di The Traveling Kind, mi duole dirlo, spunta fuori un po' di puzza di lezzo: magari non copre quelle tre, quattro belle canzoni, ma è possibile avvertirla. E da appassionato non posso che dispiacermene.
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