sabato 11 aprile 2015

Humandroid [Recensione]

Sembrava un genere destinato a morire male, anzi malissimo. Eppure, il cinema di fantascienza, negli ultimi cinque, dieci anni ha prodotto meraviglie e regalato nuovi autori. L'abbattimento dei costi delle tecnologie digitali, qualche ottima prova televisiva (Battlestar Galactica) e tante buone produzioni piccole ma piene di idee (Serenity, Attack The Block) hanno permesso a giovani talenti di imporsi con la loro idea di science-fiction. E se abili mestieranti come Gareth Edwards (Monster) e Joseph Kolinski (Tron Legacy) non sempre brillano (Godzilla e Oblivion sono nettamente al di sotto delle loro opere prime), ci pensano i "nuovi maestri" come J.J. Abrams e James Gunn a condurre le masse in sala e a intrattenerle con la migliore fantascienza prodotta da Hollywood nell'ultimo ventennio. E sempre nella categoria "nuovi maestri" è giusto annoverare anche mentalità più indipendenti e slegate dal potere delle major disneyane (del resto, Disney ha comprato ormai tutto, fra Lucasfilm e Marvel): talentuosi personaggi che rispondono ai nomi di Duncan Jones (Moon) e Neil Blomkamp, il cui Chappie è arrivato nei nostri cinema or ora, con il titolo vergognosamente modificato in Humandroid. Vabbè, un'altra di quelle cose che "solo in Italia".
Prodotto da Sony Pictures con ampie libertà (e qualche placement commerciale di troppo) su sceneggiatura e tempi, Chappie è la versione ampliata di quel Tetra Vaal che Blomkamp girò nel 2004 e caricò in rete di lì a poco, attirando l'attenzione di Peter Jackson, produttore del capolavoro d'esordio District 9 (2009). Ed è proprio con District 9 che Chappie condivide ambientazione (il Sudafrica) e atmosfere, oltre all'immancabile matrice politica che permea tutta la science fiction di questo giovane, grande autore. Una fiaba in cui il bene è incarnato  dall'ingegnerino dovizioso e idealista Deon (Dev Patel) e il male dal religioso guerrafondaio australiano Vincent Moore (uno Hugh Jackman mai così odioso). Entrambi lavorano in una ditta di robot, ma mentre uno sogna il robot umano la cui mente abbia le potenzialità del cervello organico, l'altro pensa solo a concepire macchine da guerra sempre più sofisticate. Nel mezzo, fra i due estremi, c'è una banda di strampalati ladruncoli cyberpunk (ah, il film è tutto, meravigliosamente cyberpunk, dalla scenografia, ai dialoghi, ai costumi, alla colonna sonora di Hans Zimmer) che sequestrerà Chappie per utilizzarlo ai propri fini disonesti, salvo prima rivelarsi comunque meno delinquenti di Moore.
Il risultato è un film struggente e fantastico sotto tutti i punti di vista, forte e convincente perfino nel finale più lieto e fiabesco. Gli effetti speciali sono curati con gusto e usati con parsimonia. Graditi gli omaggi a He Man e Forrest Gump, così come le scene d'azione sono fra le meglio girate che ci sia dato di vedere: Blomkamp fa un uso della cinepresa che un tempo faceva Peckinpah, costruisce le scene di folla ispirandosi al Romero più metropolitano o agli italianissimi post-apocalittici degli anni Ottanta. Tutto questo senza mai rendere Humandroid un film pesante o barocco, ma miscelando con arte unica cinema sociale, azione, fiaba, fantascienza e dramma. Girato bene e montato meglio è, senza dubbio e allo stato di cose attuali, il migliore film di fantascienza uscito finora nel 2015.

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