Settle (PMR/Island Records, 2013)
★★★★★
Re-inventare un genere talvolta può essere più incisivo dell'inventarlo.
E' ciò che penso da stamani, e cioè da quando dalle mie mini-casse Trust risuona Settle, opera prima dei Disclosure, due giovani fratelli inglesi di diciannove (Howard) e ventidue (Guy) anni.
Chiariamo subito una cosa: i "Lawrence Brothers" non hanno inventato nulla di nuovo nello sfornare i loro primi EP, e il sound degli esordi radiofonici (2010-2011) non è lontano dalla house britannica degli anni novanta. Eppure canzoni come White Noise, When A Fire Starts To Burn, You&Me o Latch (per citare solo quattro dei quattordici capolavori che si susseguono senza perdere un colpo in Settle) sembrano possedere una straordinaria forza innovativa. Ma perchè? La UK garage esiste dalla metà degli anni novanta, gente come Van Helden pregusta la pensione, e un duo di successo internazionale come i Basement Jaxx fa ormai capolino sporadicamente e sembra ormai lontano dai fasti dei primi due dischi. La scelta vincente dei Disclosure forse è proprio quella di allontanarsi dalle origini, di uscire dal garage e di far suonare una musica leggermente più lenta e meno orecchiabile di quella di Armand Van Helden, meno colorata di quella dei già citati Basement Jaxx e abbellita invece da testi e voci di grande qualità. E così ospiti generalmente legati all'ambiente dell'underground vengono chiamati a valorizzare una musica che sarebbe già perfetta alla radice, allo stato embrionale, alla base. Che cos'è, ad esempio la conclusiva Help Me Lose My Mind se non una "ballata-house" che si regge sul testo di una love-song anni settanta? Musica deep-house su cui viene montato un cantato mieloso (Hannah Reid del trio trip-hop London Grammar) che sembra quasi voler scimmiottare (o ammodernare?) le voci in falsetto castrato dell'opera barocca senza però raggiungere l'apice di certe solenni scene corali.
Di rado esce sul mercato un disco di quattordici brani (diciotto nella edizione "deluxe") che ha la forza di far ballare, pensare, parlare e sognare chi ascolta: e non parlo di un'opera dove ogni traccia ha un suo scopo e una sua identità. No, parlo di un album che- in base ad una "predisposizione" momentanea del nostro orecchio -invia al cuore e al cervello sensazioni estremamente variabili. E tutto questo succede oggi, nel 2013, e non necessariamente deve accadere in maleodoranti scantinati inglesi: dall'immobilità della camera da letto al movimento "in-lungo-e-in-largo" di una strada di campagna (percorsa a piedi o in macchina, è indifferente), Settle funziona, entusiasma, stupisce. Così come fa destare meraviglia la talentuosità di due ventenni (!!!) straordinariamente maturi che si fanno spazio in un genere notevolmente sottoposto al trascorrere del tempo: la house da sempre dice impietosamente quando viene emessa, e di anno in anno, di tormentone in tormentone suggerisce quali modelli di sintetizzatore sono stati soppiantati da versioni più recenti e quali software per le creazioni musicali hanno subito il maggior numero di aggiornamenti. Ecco, di fronte a un brano come Confess To Me, mi prendo anche la libertà di dire che Settle potrebbe davvero risultare uno dei pochissimi album house totalmente a-temporali.
Credo proprio che dovremo solo ringraziarli, i Disclosure.
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