PREMESSA
Esattamente dieci anni fa, il 15 settembre 2003, iniziai il liceo. Il pensare che sia già trascorso un decennio da allora mi ha fatto riflettere, e il frutto di queste riflessioni è finito , in una minima parte, in questo scritto dove ho soltanto cercato di ricostruire, momento per momento, quel 15 settembre di dieci anni fa.
Nella speranza di non essere stato l'unico ad avere vissuto quel primo giorno in una certa maniera.
15.09.03
La lettera "A" è la prima lettera dell'alfabeto.
E' stata la lettera della mia sezione alle scuole elementari, lo è ora, e lo sarà per almeno altri cinque anni a partire da oggi.
A parte la "A", le certezze della giornata sono: tre compagni delle medie (un maschio e due femmine); due vecchi compagni delle elementari; una cara amica che conosco da quando sono nato; un'amica di quest'ultima conosciuta ad alcune feste quando eravamo piccoli e della quale non conservo alcun ricordo; il nome del nostro insegnante tutor.
Rivedo volti degli anni dell'asilo, delle elementari e delle medie. Siamo lì, tutti insieme. Con alcuni non ci parliamo da anni, anche se non sappiamo il perchè: e oggi, come per onorare un contratto non scritto, ricominciamo a salutarci, a dialogare, a volerci bene. La verità è che siamo tutti terrorizzati, impauriti e spaesati da quella moltitudine di volti. Oggi entriamo in una scuola senza confini: un liceo con un totale di sette sezioni (cinque scientifiche, due classiche) che a loro volta comprendono studenti provenienti da una miriade di comuni e da ben due province.
E' incredibile come coloro che l'ultimo anno di medie si presentavano già con sigaretta in bocca, pantaloni larghi e felpe tamarre, oggi appaiano come ripuliti da famiglie benestanti e piene di aspettative. Da parte mia, ho addosso una polo Fred Perry blu, pantaloni di cotone chiari e un paio di Puma scamosciate ai piedi. Ignoro che dal giorno seguente tornerò a vestirmi senza senso come ho sempre fatto, ma mi sento comunque tirato a lucido, e non sono l'unico.
Poi arrivano i pensieri. E se fossi ancora troppo piccolo? Alla fine, sono nato a novembre e ho solo tredici anni, e non posso neanche inventare di avere il motorino. Poi i miei occhi non ancora massacrati dalla miopia si posano su gente grande, gente che ha la macchina, gente che fuma, gente che ha la barba, gente che sta con altra gente magari all'interno della stessa classe. Gente che magari ha anche scopato.
Il nostro tutor arriva a distogliermi dai pensieri. <<Quarta ginnasio A con me, prego!>>. E' un uomo di mezza età coi capelli scuri, un grande e sincero sorriso stampato in faccia e una carnagione bella sana. Ha un tono di voce profondo, e me ne accorgo nel tragitto dall'ingresso fino in classe nostra, mentre ci indica alcuni punti salienti dell'istituto e ci dà le prime regole comportamentali. Al contrario di altri, non sono andato alla presentazione della scuola di mesi prima, e dunque è la prima volta che visito l'edificio: saliamo una rampa di scale blu e imbocchiamo un corridoio rivestito in plexiglass dove rischiamo un colpo di calore collettivo, e alla fine di questo troviamo due porte rosse, su cui stanno avvitate delle targhette blu recanti una scritta bianca: sono le due quarte ginnasio, sezione A e sezione B.
Entro e vedo che in classe c'è già gente. Mi colpiscono dei lunghi boccoli biondi; tuttavia non riesco a collocare la persona che li porta nè nel recinto blu dei maschi, nè in quello rosa delle femmine, e lo stesso vale per quella accanto. <<Alle medie nessuno aveva dei capelli così>>, penso. Poco dopo scoprirò che sono entrambi maschi. Io e un vecchio compagno delle elementari ci sediamo accanto, in prima fila. Spengo il mio Nokia 8310 nuovo di pacca: sarà la prima e l'ultima volta in cinque anni di carriera liceale che osserverò questa regola. Mi guardo intorno: alla mia amica di vecchissima data sono cresciute dell'altro le tette, quelle tonde, morbide tette che la avevano resa leggendaria già alle medie; inoltre, ha mantenuto i suoi capelli biondi e i suoi begli occhi celesti. Dirigo lo sguardo verso la sua amica, quella che avrei conosciuto da piccolo, ma ha molte meno tette dell'altra e non ricordo proprio di averla già vista. Noto poi che i due individui sessualmente ambigui interagiscono con una ragazza carina e disinvolta, una di quelle che, anche se è solo il primo giorno, fa la "ganza", ma perchè può permetterselo: ammiro la loro incredibile confidenza e quasi invidio la trasparenza del loro volersi bene.
Parte l'appello. Alle elementari ero secondo, alle medie pure.
<<Balducci Marco...>> e alza mano "riccioli d'oro".
<<Bellesi Ferruccio...>>, prosegue il professore. Secondo pure stavolta. <<Dunque la bella biondina è in realtà un bel biondino>>, penso.
Siamo ventuno, e la cosa che più mi meraviglia è che ci sono persone con nomi più strani del mio. Non ci sono abituato. Una ragazzina minuta e con indosso una felpa fuori misura ha il nome di un villaggio indiano.
C'è una ragazza che vive vicino a Monteriggioni più piccola di noi di un anno, e poi una di Tavarnelle che ha un anno di più e che ha cambiato scuola dopo qualche mese di liceo a Firenze.
Oltre a queste due "anomalie" e a noi colligiani, c'è gente di Poggibonsi, di Siena, di Certaldo, di Staggia, di Castellina Scalo.
Mi colpisce una strampalata coppia poggibonsese seduta poco dietro di me: un tipo moro, alto e con la testa piccola ha accanto una ragazzetta biondina, bassa e sorridente. Molto Stanlio&Ollio.
Il professore si presenta e spiega che lo vedremo spesso: almeno diciotto ore alla settimana fino al giugno del 2005. Infatti, sarà il nostro insegnante di italiano, latino, greco, storia e geografia. Ci spiega la sua metodologia didattica, mostrandoci uno strano apparecchio grigio che altro non è che una lavagna luminosa su cui applica dei fogli trasparenti scritti di suo pugno o stampati al computer; e a seguire tira fuori dalla borsa in pelle verde e marrone un vecchio Apple PowerBook Duo 280c, nella cui memoria interna troveranno spazio le nostre schede di valutazione, i nostri voti e il nostro andamento: una sorta di registro allargato.
Arrivano alla svelta le dieci e mezza, ora della campanella e ora dell'intervallo. Solo oggi, però: infatti, da domani la campanella sarà alle undici e trenta. Controllo nel mio zaino Invicta e tiro fuori un panino con la Nutella e un succo alla pesca.
Non ho ricordi nitidi di quella prima ricreazione.
Dopo dieci minuti, il mio diario Comix è aperto di fronte a me. La pagina con i dati personali è già stata riempita, quasi interamente, la sera prima.
Nome: Bellesi Ferruccio
Nome da fuso: /
Il mio indirizzo: via Bologna 7
Recapiti: /
Patente: da prendere
Il mio peso: 58 kg
Ri-soluzioni: 2x2= 4
Siti privilegiati: www.gamesradar.com
Parolaccia: baldracca
Collegamenti: mezzi personali
Ora è il momento di scrivere l'orario provvisorio: il giorno seguente ho quattro ore a fila con il professore di lettere e inglese all'ultima, e per due giorni alla settimana usciamo alle dodici e mezza.
Vengono a salutarci dei ragazzi del terzo anno, vecchi studenti che temono l'entrata al triennio esattamente come noi temiamo l'entrata al ginnasio: eppure sembrano più grandi, più felici e più estroversi di noi. Riconosco una ragazza ma non ne ricordo il nome. Non mi interessa: l'idea del comitato d'accoglienza mi piace parecchio, ma il professore non è d'accordo e- col garbo che si confà ai bravi uomini -allontana questi affezionati ex-ginnasiali, pregandoli di chiudere la porta. Ridacchia e dice di non preoccuparsi: <<Abbaiano ma non mordono!>>. Poi, afferra un gesso e si dirige verso la lavagna. Ha una bella scrittura, grande, rotonda, comprensibile.
α β γ δ ε ζ η θ ι κ λ μ ν ξ ο π ρ σ τ υ φ χ ψ ω
L'alfabeto greco. Il mio nuovo "ABC..." da scrivere su un grazioso quadernetto giallo.
Sto ufficialmente diventando adulto.
Per il giorno dopo dobbiamo imparare a memoria l'alfabeto e dobbiamo saperlo scrivere perfettamente (anche se, per adesso, bastano le lettere minuscole). Il prof. chiede se qualcuno ha un minimo di base di greco o latino. Due o tre persone conoscono già l'alfabeto, mentre io ho presente qualche parola greca imparata su Martin Mystère e le prime due declinazioni latine: questi sono i miei unici rudimenti classicisti. Non cito le mie fonti fumettistiche, ma alzo comunque la mano e ne informo il professore, che scuote la testa in segno di assenso.
Suona la campanella, ma non sembra esserci alcuna fretta.
Diario, astuccio, quaderno, tutto dentro allo zaino. Do il cinque al mio amico ritrovato e pattuiamo di stare accanto di banco anche il giorno seguente. Poi la ragazza "ganza" mi passa accanto, mi sorride e dice <<Grande, Ferruccio! Ci si vede domani!>>. Mi ha visto per appena tre ore, si ricorda il mio nome e non penso di avere fatto o detto nulla per meritarmi l'appellativo "grande". Eppure è stata così spontanea nel salutarmi.
Il professore indica una porta di uscita d'emergenza diversa da quella da cui siamo entrati la mattina e ci ammicca; si carica la borsa a tracolla sulla spalla e, andando con passo deciso in tutt'altra direzione rispetto a noi studenti, con un gran sorriso paterno ci dice: <<A domani, ragazzi>>.
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