mercoledì 1 febbraio 2017

Brunori Sas, "A casa tutto bene" [Suggestioni uditive]

Brunori Sas,
A casa tutto bene
(Picicca Dischi, 2017)















Dario Brunori, trentanove anni, calabrese, sotto le spoglie di Brunori Sas aveva infilato un paio di discreti pezzi con il suo secondo album, Poveri cristi, nel 2011. Lei, lui, Firenze e Una domenica notte mi avevano convinto. Certo, cantate come le canterebbe un emulo scadente di Francesco de Gregori, ma comunque ben confezionate e costruite su di una buona metrica. Il resto del disco non era niente di che, ma meritava un ascolto.
Da allora sono passati sei anni e Brunori ne ha fatta di strada, ma soprattutto ne ha prodotta di musica di merda! Vol. 3: Il cammino di Santiago in taxi viene a noia già dal titolo e Kurt Cobain sarebbe stato un singolo indegno perfino di venir presentato ad X-Factor (nella squadra di Arisa, toh!). In più ho avuto la sventura di vederlo pure promuovere questo disco, nel giugno 2014, a Staggia, occasione in cui- forse ricordo male -vollero pure dei soldi per il biglietto.
La cosa che fa un certo effetto del nuovo A casa tutto bene (Picicca Dischi, ) non è solo che il singolo di lancio, Canzone contro la paura, è un para-plagio orribile di Com'è profondo il mare (aspetto che gli ascoltatori più preparati e colti avranno sicuramente notato), ma il fatto che non dica nulla. Alla fine è un album pop composto di canzonette, ovvero testi e melodie, roba a cui siamo abituati da sessant'anni, eppure niente: è vuoto. E questo vuoto verrà portato a giro non per le sale da concerto, per i teatri, per i club o i bar. No.
A casa tutto bene è un disco cool, non un capolavoro, ma un disco che si cucca voti alti (e sempre, rigorosamente senza motivi apparenti) e per questo motivo il tour dovrà svolgersi negli atenei. Il primo, manco a dirlo, è quello senese, visto che Darione ha svolto qua i suoi studi in economia e commercio prima di scoprirsi cantautore. A lui non sembra vero di tornare nelle aule e di parlare agli studenti. Tutti vogliono parlare agli studenti. Deve sentirsi un po' come quando Leonard Cohen suonò alla Sapienza occupata, solo con meno cocaina nel sangue.
E comunque, vuoi per lui, vuoi per la musica, vuoi per i tizi del pubblico (un gregge del tutto paradigmatico) il video qua sotto è roba degna di Zelig:















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