lunedì 5 dicembre 2016

Rolling Stones, "Blue & Lonesome" [Suggestioni uditive]

Rolling Stones,
Blue & Lonesome
(Polydor Records, 2016)














Premesso che sono ancora in fase di festeggiamenti per la vittoria del NO al Referendum (è la prima volta, da quando voto, che qualcosa sembra andare di pari passo col mio voto), ci sono cose più importanti dell'attuazione della democrazia diretta: una di queste è i Rolling Stones e lo stabilire come è il loro nuovo Blue & Lonesome.
Lo sto ascoltando da tre giorni e penso che, meglio di così, i Rolling Stones non potrebbero suonare, cantare e incidere. Un disco che gli intenditori (non i fans, che magari si sono fatti stare bene tutta quella vena dance e new-wave degli anni Ottanta o le patinature della trilogia Voodoo Lounge, Bridges to Babylon, A Bigger Bang) aspettavano dai tempi di Some Girls (1978). Dodici covers di quel blues elettrico che chiunque abbia mai messo le mani su un disco Chess (fanno testo anche le ristampe su cd) non può fare a meno di amare; una selezione originalissima e che davvero non banalizza gli originali, nè stufa l'ascoltatore.
Per quanto mi riguarda, non mi sono mai allontanato dai Rolling Stones, ma ho placidamente snobbato molte iniziative recenti a loro legate (Havana Moon, in primis, ma pure Totally Stripped e altri simili rabbocchi ad un serbatoio della benzina che ormai ritenevo irrimediabilmente compromesso). Eppure mi ritrovo con un ottimo disco che da tre giorni gira a mo' di loop nell'impianto di camera, in macchina, nelle cuffiette dell'iPod, perchè questa è davvero musica pura, meravigliosa e sta bene con tutto. Non mi importa che non ci siano le composizioni firmate dai Glimmer Twins, e passo pure sopra le critiche (comunque giuste) rivolte a Don Was, personaggio che stavolta poteva tranquillamente essere rimpiazzato da produttori più vicini al blues e parimenti autorevoli. I due interventi solisti di Eric Clapton nei brani più lenti dell'album valgono più di quanto quest'uomo abbia prodotto, a livello di studio, negli ultimi nove anni. Mick furoreggia con l'armonica come non mai, canta con meno sguaiatezza rispetto a quasi tutte le canzoni degli Stones post-Tattoo You, e il risultato è davvero splendido. E poi Ron Wood, che finalmente fa quello che gli riesce meglio, ovvero suonare, con impagabile onestà, una chitarra blues come faceva nel Jeff Beck Group.
Da ascoltare ad alto volume. Possibilmente ballando.

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