Other Lives, altre vite. Che siano le vite precedenti a cui alludeva il padre santone di Ani nella scorsa puntata o le nuove, insopportabili pieghe del quotidiano, poco importa: sono sempre altre.
Sono passati due mesi dalla terribile sparatoria nei sobborghi di Vinci, e i detective non se la passano al meglio. Velcoro ha restituito pistola e distintivo e rassegnato le dimissioni e adesso è alle dipendenze di Frank Semyon, a sua volta totalmente immerso - seppur controvoglia -in quel mondo di delinquenza gretta e stradaiola da cui voleva tenersi alla larga. La battaglia per la custodia del piccolo Chad non sta andando bene e servono soldi. Tanti soldi.
Paul viene decorato e il dipartimento schiera i suoi migliori avvocati per far crollare le accuse di violenza sessuale perpetrate ai danni di quell'attricetta zoccola comparsa ad inizio stagione. La sua moto è un ricordo, e pure le sue camminate sul wild side loureediano: è stato nominato detective, gli hanno affibbiato una brutta giacca e una cravatta orribile e così conciato conduce la sua esistenza, fatta di soldi scomparsi (soldi sporchi, residui bellici che la madre ha pensato bene di rubare), ansie piccolo borghesi e suocere rompicoglioni.
Ani è sempre Ani, anche se la sbattono in un angusto archivio della contea. Alla fine, è sua l'intuizione che fa riunire la squadra, con l'accettazione di quella piccola fetta di autorità non ancora corrotte.
Come nella prima stagione, la quinta puntata è lo spartiacque fra una fase e l'altra: l'indagine sembra finita, i colpevoli catturati, ma a qualcuno non torna tutto questo. E' l'insoddisfazione la vera protagonista di Other Lives, un episodio più sobrio sul piano registico (dirige l'irlandese John Crowley) che solleva moltissimi dubbi (specie nella prima ventina di minuti), ma che poi si evolve splendidamente, con un finale in sospeso paragonabile solo a quello della seconda.
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